Perchè la guerra?
Gli articoli che alleghiamo parlano di guerre, anche se mai formalmente dichiarate con gli ambasciatori, e del rifiuto di fare politica con le armi. Due articoli (di Lucio Caracciolo) trattano del conflitto armato, che può diventare endemico, conseguente all’aggressione-invasione della Russia all’Ucraina (febbraio 2022) e del recente tentativo di golpe di ….. Il terzo, riguarda il conflitto pluridecennale tra Israele e i palestinesi in corso dal 1948 (intervista a Luisa Morgantini su L’Unità). Il quarto parla del rifiuto della guerra: è l’intervento di Savino Pezzotta che ha svolto al seminario “Perché la guerra?’’promosso a Bologna dalla Fondazione Claudio Sabattini.
Un dato è ben chiaro: oggi c’è troppo ruolo della Nato che esorbita dal suo ruolo originario mentre scompare il ruolo dell’ONU alternativo all’uso delle armi per derimere i conflitti. La Nato che da organizzazione militare difensiva assume il ruolo che detta la linea politica all’Europa. Battersi per un ritorno e una riforma dell’Onu è possibile se le parole di Savino Pezzotta sono prese come un orizzonte politico da perseguire, con tutte le sue tappe intermedie, il che richiede impegnative battaglie e un risveglio della coscienza pacifista del movimento operaio… e non già considerate parole di un visionario.
Così inizia il suo intervento Savino Pezzotta << Grazie per avermi invitato e sono contento di trovarmi qui in una Fondazione dedicata a Claudio Sabattini, persona, militante e dirigente sindacale di cui conservo un buon ricordo e verso il quale mantengo sentimenti di gratitudine. E’ vero, e sarebbe mistificante non dirlo, molte volte il suo pensiero non concordava con il mio. Una non concordanza sull’azione rafforzava invece quella sui fini del sindacalismo e penso che il modo di essere e di pensare di Claudio mi abbia aiuto a pensare ed ad affinare il mio pensiero sindacale.
Lui era un vero dialettico lanciava tesi per provocare antitesi da cui potesse scaturire una sintesi condivisa. Oggi questa modalità mi sembra essere venuta a cadere in disuso, ognuno, sia sul piano individuale che organizzativo, resta abbarbicato sulle sue idee e il più delle volte trasforma le idee degli altri in proposizioni nemiche. Mi sembra a volte di assistere a uno smarrimento dei fini. Sono convinto che le organizzazioni confederali possono conservare la loro pluralità solo se sono in grado di assumere un riferimento alla ragione dialettica e pertanto pervenire a sintesi che inglobino in una visione unitaria le differenze.
PERCHE’ LA GUERRA? E’ la domanda che fa da tema a questo incontro. Non sono in grado di dare una risposta a questo interrogativo e resto pertanto convinto che bisogna essere contro la guerra, perché essa non ha mai giustificazioni. Da qualsiasi parte la si guardi resta uno dei mali assoluti.In questi sedici mesi dall’inizio della guerra, sono stato attraversato e in modo forte, a volte lacerante da un altro pensiero: mi sono chiesto se ha ancora ragione di esistere un pensiero pacifista e se rivendicare la pace a fronte di una aggressione come quella di Putin non sia qualcosa di ingenuo (…) per proseguire attivare questo link https://savinopezzotta.wordpress.com/
Lucio Caracciolo in “Kiev non è un satellite di Washington”, nell’intervista rilasciata Umberto De Giovannangeli su L’Unità del 23 giugno, afferma che «L’America ha due obiettivi poco conciliabili: la sconfitta di Mosca e una fine rapida della guerra. Non intende fare della vicenda ucraina il centro della sua geopolitica, la sfida è nell’indopacifico. Ma stiamo scoprendo che l’Ucraina non è un suo satellite...» e poi risponde a queste domande
- Siamo davvero ad una super Nato?
- Questo comporta due cose
- Quale sarebbe questa potenza in formazione?
- Per restare all’Europa. Questa super Nato, la Nato globale, cancella definitivamente qualsiasi discorso su un sistema di sicurezza e di difesa comune europeo? E che ne sarà del tante volte evocato esercito europeo?
- Per restare sul fronte russo-ucraino. Un’arma utilizzata contro la Russia è da tempo quella delle sanzioni. Con quale risultato?
- Si può affermare che la Nato globale sia una rideclinazione di una visione di governo unipolare del mondo?
- Per restare agli Stati Uniti. Cosa resta di quell’orizzonte multilaterale per una governance condivisa del mondo, evocato negli anni della sua duplice presidenza da Barack Obama?
- Quanto di tutto questo incrocia e s’intreccia con le vicende di guerra in Ucraina?
- Quello del sì o no dell’ingresso di Kiev nella Nato è solo un contrasto tattico tra gli Stati Uniti e l’Ucraina oppure c’è una visione che va oltre l’immediato?
- All’inizio, nel momento della sua fondazione, la Nato aveva 12 Paesi fondatori. Oggi ne fanno parte 30 Paesi. E’ solo un discorso quantitativo? (vedi testo integrale in allegato)
Il secondo articolo di Lucio Caracciolo “L’impero a rischio disintegrazione. E l’Occidente teme il pericolo nucleare” su La Stampa 25-6-23 così inizia << L’insurrezione armata del Gruppo Wagner contro il potere russo, provvisoriamente sedata quando le truppe di Prigozhin erano a duecento chilometri da Mosca, può segnare una svolta nella guerra d’Ucraina. Proprio mentre la fin troppo annunciata campagna d’estate delle truppe di Kiev sembrava impantanarsi sulla linea del fronte, il colpo di mano organizzato da Evgenij Prigozhin ha rovesciato il tavolo. Comunque finisca l’avventura dei wagneriani, il vertice russo ne esce squalificato. È in corso un rimescolamento nei rapporti di forza fra le fazioni del sistema putiniano. Crepe profonde minano la piramide del potere, fino a minacciarne il crollo (…) per proseguire aprire l’allegato
Luisa Morgantini, presidente di Assopacepalestina, in “I palestinesi hanno bisogno dei pacifisti che sono spariti” – intervista a Umberto De Giovannangeli su L’Unità del 24 giugno – afferma che “ Ci sono nuove generazioni di israeliani che si uniscono ai palestinesi che difendono la loro terra. Sono una speranza, vanno sostenuti..” e risponde a queste punti e domande:
- In Palestina si continua a morire nel silenzio dei media e della comunità internazionale. L’Unità ha raccontato la storia del piccolo Mohammad Tamimi, 3 anni, ucciso dall’esercito israeliano. Anche qui, silenzio pressoché generale.
- I governanti israeliani si inalberano quando vengono accusati di aver instaurato un regime di apartheid in West Bank.
- Cosa resta dell’Israele che crede nel dialogo, in una pace giusta con i palestinesi, l’Israele della disobbedienza civile e dell’azione non violenta a fianco della società civile palestinese?
- Tra i giovani palestinesi cresce disincanto e sfiducia verso una inamovibile leadership ottuagenaria. Il mancato ricambio è solo da attribuire all’occupazione israeliana?
- In Italia il movimento pacifista di cui tu sei una figura storica non sembra avere più, come è stato per lungo tempo in passato, la Palestina nel cuore. Il dibattito è tutto centrato sulla guerra in Ucraina. Cos’è, perdita di memoria storica o altro? In allegato il testo completo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!