Patto o “pacco” sociale

Esiste lo “sbarrapensiero” che dall’alto si cala in automatico a tutti i livelli delle strutture categoriali e territoriali? Un sistema unidirezionale, dal vertice della piramide alla base, finalizzato al patto sociale e alla partecipazione istituzionale, ratificato negli organismi statutari della Cisl senza ricevere riserve e critiche, senza osservazioni sul fatto che il governo Meloni non ha accolto le più importanti richieste unitarie del sindacato. Un flusso di indicazioni che scorre solamente in una sola direzione, come quello degli elettroni nel diodo che rivoluzionò l’informatica a metà del secolo scorso. Quanto avviene in Cisl, come pure in gran parte del paese, si può certamente etichettare come “la democrazia del diodo”. Un modello verticistico di decisioni che non consente una discussione libera, valorizzando il senso critico, per analizzare se lo “sbarrapensiero”nel contesto attuale – non sia il percorso non già per un patto sociale ma per un pericoloso “pacco” sociale. Il significato di “pacco” è ben noto nell’esperienza degli accordi sindacali.

Un patto sociale per il nostro paese, per essere coerente agli obiettivi di uguaglianza e giustizia da sempre rivendicati dal movimento sindacale e dalle forze progressiste, deve porsi come obiettivo primario il ripristino della giustizia fiscale e del contributo progressivo delle tasse (opposto alle scelte, già praticate in più settori e fattispecie della stessa tassa percentuale, flat tax) per aumentare al bilancio pubblico dello Stato. Su questo paradigma un patto sociale, in Italia paese dell’alta evasione e elusione fiscale, deve definire innanzitutto la regina delle riformeper avere più risorse pubbliche (obiettivo opposto allo slogan populista delle destre del meno tasse per tutti) per finanziare i servizi universali, oggi in forte declino, dalla salvaguardia della salute (SSN) alla conoscenza (scuola dell’obbligo, dispersione scolastica, formazione continua nel ciclo di vita), dall’assistenza degli anziani a quelli non più autosufficienti che sono in continua crescita.

Il fisco è il problema centrale di una democrazia. Nella situazione del nostro paese, dove chi evade o eleude è ricordato dai media come “furbetto”, è tempo di rovesciare il famoso slogan della rivoluzione americana del 1765-1783 No taxation without representation nessuna tassazione senza rappresentanza”, trasformandolo in “nessun rappresentanza senza pagare le tasse”. Un tempo i sindacalisti Cisl primeggiavano con la forza dei numeri, del saper fare di conto.sia per i carichi di lavoro in fabbrica, sia per l’inflazione e le tasse nel sociale. Sembra che questa caratteristica professionale sia stata smarrita o trasferita ad altri. Si è più attratti dai sondaggi e delle statistiche…. dimenticando anche Trilussa.    

Al rilancio dei servizi universali si affiancano i programmi per invertire il processo di deindustrializzazione (esempio: la siderurgia e l’automotive per la manifattura), le norme per tutelare il diritto del lavoro dignitoso  contrastando quello precario, la liberalizzazione dei sub-appalti e le finte cooperative. Infine definire progetti di integrazione e di accoglienza degli immigrati modificando l’assurda norma della legge Bossi-Fini (ritenuta datata dallo stesso ideatore), per favorire il sostegno occupazionale stabile e transitorio, anche per il ripopolamento di aree e Comuni in via di abbandono, valorizzando quanto di positivo è stato fatto a Riace con Mimmo Lucano.

Il nostro paese è in declino su molti fronti per mancanza di investimenti dovuti a due principali cause: la prima, il crescente debito pubblico, il più grande rispetto gli altri paesi Eu, che prosciuga i saldi attivi di bilancio (quando esistono) a causa del pagamento degli interessi per il suo rifinanziamento,  del bilancio annuale dello stato; la seconda, il risparmio privato (di consistenza equivalente al Pil di un anno, anche in questo caso primato europeo) che non viene indirizzato a progetti mirati di investimento utili per la crescita del paese.

Per costruire alleanze e punti fermi per dare credibilità sociale ad un grande progetto di rigenerazione e trasformazione del nostro paese è quindi indispensabile una convergenza di una pluralità di soggetti sociali ed economici che convergano sulla necessità di iniziare con il primo tassello, la “regina delle riforme” ovvero una riforma fiscale in grado di dare più risorse al bilancio pubblico (tasse progressive e non flat tax sui redditi, tasse progressive sulle grande ricchezze e patrimoni) per ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, descritte negli articoli qui indicati e allegati:

  • Affari di famiglia e disuguaglianze di Marco Revelli su La Stampa
  • Il 5% dei cittadini possiede il 46% della ricchezza_Bankitalia di Mario Sensini sul Corriere della Sera
  • La lotta alle diseguaglianze è una priorità di Chiara Saraceno su La Stampa
  • Una patrimoniale per la crescita di Elsa Fornero su La Stampa
  • Più incassi meno paghi_Studio Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Milano
  • Manager pagati 300 volte i dipendenti di Marianna Filandri
  • Il patrimonio degli italiani vale 4 volte il debito pubblico di Giuliano Balestreri
  • Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi- Rapporto Oxfram
  • Patrimoniale alla gogna ma a chi giova davvero – Anna Paschero con questo link https://www.laportadivetro.com/post/patrimoniale-alla-gogna-ma-a-chi-giova-davvero

Luigi Sbarra da tempo posiziona la Cisl, seconda confederazione del paese, rimarcando la necessità di un patto sociale da perseguire, con chi ci sta. Numerose sono state le interviste rilasciate in questi mesi che hanno riproposto, come un mantra, il messaggio contenuto nell’intervista al Quotidiano Nazionale del 6 gennaio, sintetizzato in queste tre risposte:

Sito Cisl- – Gentlemen agreement o ampie convergenze…

<< Ci sono le condizioni per una condivisione unitaria di tutto il sindacato su un possibile patto? – «L’auspicio è che ci sia. Noi abbiamo lavorato e continueremo a lavorare in questo senso, invitando Cgil e Uil a convergere in questo perimetro. Poi è chiaro che i patti si fanno con chi ci sta ed è disposto davvero a trattare e ad assumersi responsabilità. È stato sempre cosi nei momenti topici della storia del nostro Paese. Penso all’accordo di San Valentino del 1984 o ai grandi accordi di politica dei redditi degli anni Novanta. Noi restiamo convinti che occorra mettere insieme in modo coerente, organico, responsabile, tutte le tessere della politica di sviluppo, attivando ogni forza sociale riformatrice per remare uniti verso obiettivi strategici condivisi»

Sempre Meloni ha puntualizzato che non aumenteranno le tasse ma sarà ulteriormente tagliata la spesa pubblica. Quanto vi preoccupa questo scenario? – «La crescita resta la via maestra per recuperare risorse. Se si intende poi procedere anche con tagli alla spesa, allora bisogna intendersi subito su un punto: la radiografia sullo stato dell’arte va fatta insieme. La razionalizzazione non può comprimere spesa sanitaria o sociale, ci metteremmo di traverso».

La premier Meloni ha detto, intanto, che il governo è pronto a discutere di pensioni se le parti sociali hanno intenzione di farlo. A chi si riferiva? «Credo a tutti, come è giusto che sia. Noi siamo ben contenti di questa apertura e siamo pronti a incontrare il governo immediatamente, per dare continuità e forza al confronto su un tema così importante, cominciando proprio dalla questione di una pensione di garanzia per i giovani, priorità fondamentale per la Cisl. Bisognerà poi andare avanti anche sugli altri fronti per superare in modo definitivo la Legge Fornero e dare al sistema pensionistico maggiore flessibilità, sostenibilità sociale, inclusione»….>> per il testo completo aprire l’allegato

La “democrazia del diodo” applicata in Cisl è proseguita per il dialogo costante con il governo anche quando gli obiettivi del governo si sono rilevati divaricanti rispetto alle proposte unitarie di Cgil-Cisl-Uil. Il segretario generale della Cisl ha più volte ribadito di ottenere più risultati stando “inchiodato al tavolo del dialogo” anziché promuovere mobilitazioni. Il richiamo pubblico che Luigi Sbarra ha rivolto a Maurizio Landini e a Gian Paolo Bombardieri di “non tenere un piede al tavolo negoziale e l’altro nelle piazze”, una sorta i mantra ripetuto, è una stravaganza per la storia della Cisl e non già un richiamo alla coerenza del negoziato sindacale. Questo modo di agire ha già prodotto serie conseguenze e rotture dell’unità d’azione con la Cgil e la Uil, ovvero un risultato opposto a quello necessario per costruire un patto sociale che ha un senso nel segno dell’unità e non di chi “ci sta”.

La “democrazia del diodo” non consente neppure di approfondire in Cisl su come siano stati applicati i due accordi citati da Luigi Sbarra: quello noto come decreto di San Valentino del 1984, per la predeterminazione dei punti di contingenza; il protocollo Ciampi del 1994 finalizzato a far entrare l’Italia nell’area euro con un programma di politica di tutti i redditi. La memoria storica dovrebbe essere utilizzata per ricordare che di quegli accordi si applicarono con rigore solamente le parti del “dare” dei lavoratori, la moderazione salariale di cui portiamo ancora oggi le conseguenze. Le parti che riguardavano l’occupazione e il suo sviluppo, quella del controllo dei prezzi e delle tariffe, della politica fiscale riguardante i redditi non da lavoro, passarono in …cavalleria. Il peso e il sacrificio sociale fu pressoché a totale carico dei lavoratori, ma di ciò non si vuole approndire per trarne insegnamento per il presente e il futuro, al fine di indicare quei paradigmi irrinunciabili e non trasferibili alle fatali “fasi 2” per definire un ptto sociale che contrasti davvero le disuguaglianze e le ingiustizie sociali che si aggravano nel nostro paese. .

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