La ragion di stato

Nomalizzate le relazioni tra Italia e Eigitto con l’incontro Meloni-El -Sisi. Il termine “ragion di stato” entrò nell’uso a metà del 1500 in forza del pensiero di Nicolò Macchiavelli, descritto nel libro “Il principe”. La ragion di stato giustifica quanto deciso per l’interesse e la sicurezza del paese, della nazione, anche se nel contempo scompaiono dalle priorità quei particolari fatti, che riguardano singole persone o minoranze, nei quali sono stati violati principi universali e/o norme del diritto internazionale.

La ragion di stato o l’interesse della Nazione, per utilizzare il linguaggio della premier Giorgia Meloni, ha certamente prevalso nell’incontro con il presidente Abdel Fattah El_Sisi, Lunedì 7 novembre, per normalizzare le relazioni con l’Egitto, lasciando ai margini i drammatici e inquietanti casi di Giulio Regeni e di Patrick Zaki. La causa per avere giustizia per Regeni (vedi articolo allegato) è stata considerata impraticabile per ottenere garanzie sulla fine del processo e per la libertà per Zaki? A breve potremo avere elementi in più per capire seguendo la prossima udienza (al Cairo, il 29 novembre) del processo Zaki. Il puntiglioso articolo di Tommaso Ciriaco, pubblicato su La Repubblica del giorno dopo l’incontro, che di seguito potete leggere, consente ad ognuno di farsi una prima opinione. Resta una brutta pagina per le relazioni internazionali dell’Italia.

Egitto, il 7 novembre a Sharm El-Sheikh

< Il patto Meloni-Al Sisi su energia e migranti trascura il caso Regeni – Faccia a faccia di un’ora fra la premier e il presidente egiziano a margine della Cop27 di Sharm Passi avanti sulle forniture di gas. Resta sullo sfondo l’omicidio irrisolto del ricercatore italiano – Sharm El-Sheikh – Finisce in fondo al comunicato che riassume il bilaterale con Al Sisi. Una riga e mezza, striminzita. Giorgia Meloni fa sapere di aver “sottolineato la forte attenzione dell’Italia sui casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki”. È il costo della normalizzazione delle relazioni con l’Egitto. Che si traduce in un incontro di un’ora a margine della Cop27 di Sharm El-Sheikh.

Il faccia a faccia – in Egitto, il 7 novembre a Sharm El-Sheikh – tra Giorgia Meloni e Abdel Fattah El-Sisi è durato un’ora. I temi principali energia-gas-migranti e probabilmente commesse militari Leonardo. La premier mette così da parte cinque anni di dissidi diplomatici tra i due Paesi.

Con il format dell’incontro ufficiale non accadeva dal 2017, ad eccezione di una missione voluta da Giuseppe Conte nel gennaio 2020, ma limitata al dossier libico. E infatti il presidente egiziano coglie la novità e auspica che le relazioni abbiano “un nuovo impulso”. Non a caso, è l’Egitto ad anticipare la comunicazione del colloquio e a mostrare entusiasmo per i passi avanti. La presidente del Consiglio, invece, interviene al vertice sul clima ad ora di cena. E poi riparte per Roma, evitando di incrociare i giornalisti e scegliendo la strada del silenzio.

Sanare la ferita del caso Regeni non sembra più una pre-condizione per riannodare i fili del confronto. E tutto in nome del pragmatismo sulle emergenze più scottanti. Li elenca la delegazione italiana, dando forma alla ragion di Stato che guida la nuova era: “Si è parlato di approvvigionamento energetico, fonti rinnovabili, crisi climatica e immigrazione”. Certo, a sera sembra farsi largo anche un po’ di prudenza. Meloni si sarebbe limitata a individuare uno spazio diplomatico. L’avrebbe fatto in un contesto multilaterale, dunque diluendo l’effetto di un faccia a faccia inserito nel corso di una visita di Stato o un vertice intergovernativo. E adesso, Roma attenderebbe un segnale di analoga disponibilità dal Cairo, qualche passo avanti nelle vicende di cronaca che hanno segnato i rapporti degli ultimi anni.

Il primo summit internazionale di Meloni prende forma sotto il sole di Sharm. La premier conferma gli impegni europei per la decarbonizzazione, anche se tenendo assieme “ambiente, economia e sostenibilità sociale”.

Ma è soprattutto il giorno in cui si lascia fotografare con Al Sisi, al loro fianco le due delegazioni. È l’appuntamento più delicato di una girandola di incontri che la portano a colloquio con il tedesco Olaf Scholz, l’inglese Rishi Sunak, il presidente israeliano Isaac Herzog, il premier algerino e quello etiope, il segretario generale Onu Antonio Guterres. Si discute soprattutto di crisi in Ucraina e migranti. Ma il cuore dei problemi è sempre lo stesso: l’energia.

E l’interlocutore privilegiato, in questa missione, è proprio l’Egitto. Gli egiziani considerano possibile studiare un cavo elettrico sottomarino per raggiungere l’Italia e promettono nuove sinergie per aumentare la produzione di solare ed eolico.

Sembrano inoltre pronti a fornire più gas. Quel metano che Eni già estrae in grandi quantità in Egitto e in particolare da Zohr, il più grande giacimento di gas naturale offshore del Mediterraneo.

 Dopo il blocco del flusso dalla Russia, la questione è diventata anche nodo di sicurezza nazionale. L’altro canale di approvvigionamento possibile è sempre quello del gasdotto della pace, che da Israele arriva fino all’Egitto: servirebbe un processo di rigassificazione su nave. Sono idee a cui Roma lavora da tempo, ma finora mantenendo la discrezione e la cautela dettata dalla ferita del caso Regeni.

Draghi, ad esempio, pur non escludendo l’Italia dalla partita, si era ben guardato dal volare al Cairo per trattare con le istituzioni egiziane, preferendo mostrarsi in Algeria e Turchia. Ed era orientato a non partecipare alla Cop27 per la stessa ragione.

Potrebbe sbloccarsi anche la commessa italiana di Leonardo per 24 Eurofighter, dal valore di almeno tre miliardi. Il prezzo del disgelo passa anche da altri nodi sensibili, ad esempio la lotta all’immigrazione illegale. Al Sisi assicura a Meloni che il Cairo è intenzionato a “coordinarsi” per frenare il flusso. E poi c’è il teatro libico, con l’obiettivo comune – lascia trapelare l’Egitto – di lavorare per le elezioni presidenziali.

Grandi intese, dunque. Pesa relativamente, in questo quadro, il passaggio con cui il portavoce di Al Sisi sostiene a sera che “l’incontro ha toccato la questione dello studente italiano Regeni e della cooperazione per raggiungere la verità e ottenere giustizia”. Il “quando” e soprattutto il “come” sono ancora una volta avvolti nella nebbia.

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