LA LIBERTÀ DENTRO UNA MENSA

Nelle università dell’Iran gli studenti che protestano sono impermeabili all’ideologia islamista così come agli slogan anticapitalisti. La forza di sedersi maschi e femmine vicini a pranzo, contro le barriere. Vinceranno le donne iraniane? La poesia di Mossadeq: “Se io mi alzo e tu ti alzi, tutti si alzeranno, se io mi siedo e tu ti siedi, chi si alzerà?

Manifestazione all’Università di Teheran

La propaganda s’inabissa quando il bambino chiamato a ingentilire l’immagine di Khamenei si ritrae per non baciarlo. Secondo Human Rights Activists, il regime ha arrestato almeno 14 mila persone e ne ha uccise almeno 287. Per il regime tutti i ragazzi morti sono vittime di ictus o infarti fulminanti o di scatolette di tonno avariato

Tatiana Boutourline, su Il Foglio Quotidiano, 3 Novembre, nel suo reportage descrive quanto avviene nelle università iraniane e in particolare a Teheran, utlizzando la testimonianza di Massoud ( nome di fantasia per il Foglio). Di seguito alcuni stralci del testo che trovate in allegato.

<…A dispetto delle minacce di Khamenei e dello scetticismo degli analisti, la sfida tra la Repubblica islamica e gli iraniani si rinnova ogni giorno. “Will Iran’s women win?”( ndr. vinceranno le donne iraniane?), domandava la settimana scorsa in copertina l’Economist, perché nonostante la censura il nuovo Iran si affaccia al mondo e canta e balla e muore per farsi ascoltare, ed è un Iran così bello, un Iran così struggente da costringere il regime agli straordinari per farlo tacere. “Oggi deve essere l’ultimo giorno dei disordini. Non venite in piazza. Nessuno vi lascerà ribellare in questa terra! Non lasciatevi ingannare dai nemici. Le proteste sono frutto dei complotti di Stati Uniti, Gran Bretagna, regime sionista e regime marcio dell’Arabia Saudita”, ha inveito sabato contro i manifestanti il comandante pasdaran Hossein Salami….>

<…Ma le ragazze hanno seguitato a uscire per strada a capo scoperto, a far scivolare bigliettini nascosti nel palmo nelle mani di altre coetanee: “Grazie di aver reso la città più bella con i tuoi capelli”, era scritto in questi messaggi e nel frattempo gli studenti hanno continuato a intonare lo slogan: “Donna, vita, libertà” e le studentesse a sgolarsi rispondendo: “Uomo, paese, prosperità”. Perché se possibile, dopo le minacce, nelle università la protesta si è fatta ancora più rumorosa. “Noi non lasceremo l’Iran, noi ci riprenderemo l’Iran”, hanno urlato i ragazzi dell’università Amir Kabir di Teheran. “Questo è il nostro messaggio: l’obiettivo è tutto il sistema”…>

<….“Per come la vedo, o riesco a fuggire e a ricostruirmi una vita all’estero, ma in questo caso dovrei abbandonare i miei genitori e i miei amici, o resto qui a lottare, magari a morire, un’altra scelta non esiste, non ci è stata concessa – racconta Massoud, nome di fantasia, al Foglio – A questo punto si tratta della marcia inesorabile della storia, io sento i passi, i passi della storia che mi vibrano sotto lo sterno e non ho intenzione di fermarmi”. Per i ragazzi nelle università è più facile incontrarsi, scambiarsi idee e impressioni, stabilire piani d’azione. “Ogni giorno, ogni città ha le sue manifestazioni dentro le università – dice Massoud – L’ambiente è familiare, non dovremmo perché tutti ci spiano, però ci sentiamo più sicuri, o forse la sicurezza è solo data dal fatto di stare tutti insieme. A volte i professori si uniscono a noi, a volte i bassiji restano in disparte, altre la tensione aumenta e si finisce ad alzare le mani. E ogni volta ricordiamo a quelli che stanno zitti che i prossimi potrebbero essere loro. Maschi, femmine, siamo tutti Mahsa Amini”….>

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