La politica estera della Turchia ha nel recente passato creato più di una sorpresa. Dall’accordo con il Brasile per un piano di pace con l’Iran, al linguaggio usato verso il Governo israeliano sul caso della flottiglia per Gaza in cui persero la vita anche cittadini turchi. L’interpretazione più comune è che la Turchia guardi ad Est. Gli argomenti a sostegno possono essere assai diversi. Da quelli della Nirestein – su “Il Giornale” – che ne indicano la ragione nel crescente islamismo, a quelle del segretario alla difesa USA Robert Gates che incolpa l’Europa di aver bloccato Ankara nella sua domanda d’adesione alla UE.
Analisi semplicistiche. E’ certamente vero che la politica estera turca è anche una conseguenza della situazione interna, del conflitto politico in corso, delle tensioni sociali e culturali del paese ma, soprattutto da parte americana non si può ignorare la catastrofe della politica USA in Medio Oriente e Asia centrale. Aggiungiamo la politica del Governo israeliano, le tensioni attorno al piano nucleare iraniano con le sue ricadute nella regione e la posizione turca acquista tutt’altra prospettiva.
Come ha dichiarato al NYT Sedal Laciner , direttore del centro studi di politica internazionale di Ankara , “ Gli occidentali fanno cose di cui la Turchia paga il prezzo”. “Il mondo è sempre meno disposto a prendere ordini dalle potenze che hanno dominato negli ultimi trecento anni” ha dichiarato al Financial Times Soli Ozel Professore di scienze politiche alla Bilgi University di Istambul .
“Dal momento che la guerra fredda è alle spalle” gli fa eco il Ministro affari esteri del Governo turco Ahmet Devutoglu “ deve emergere un nuovo ordine mondiale. Ma fintanto che i vecchi strumenti sono ancora in gioco spetta agli Stati nazionali tentare nuove soluzioni di fronte al caos globale, politico, culturale ed economico”.
Il riferimento di Devutoglu al “ nuovo ordine mondiale “ è una critica implicita ad una ONU dominata dal diritto di veto dei grandi cinque: USA,Francia,Russia, UK e Cina . Sempre di più paesi emergenti come Brasile , India e , sulla base della sua posizione geopolitica, la Turchia manifestano insofferenza rispetto a questa struttura. Le ultime sanzioni all’Iran sono state approvate ( 12 voti contro 2 e una astensione ) nel consiglio di sicurezza. In assemblea plenaria non sarebbero passate.
Esistono opinioni diverse, dentro e fuori il paese, se davvero la Turchia stia mettendo in ordine al suo interno: laicità dello Stao, diritti delle minoranze, divisione dei poteri etc.. E’ certo comunque che l’esercito ha meno poteri ( 4 colpi di Stato ), la decentralizzazione da Istambul al centro e all’Est del paese è in corso, il riconoscimento della necessità di porre fine alla repressione delle minoranze, il Parlamento dovrebbe approvare una legge contro la discriminazione ,persino un accennato tentativo di affrontare la questione kurda, sono segnali da accogliere con favore.
All’esterno viene perseguita una politica che il Ministro degli esteri definisce “zero problemi con i vicini “. E’ stata seppellita l’ascia di guerra con la Siria e stabilito rapporti con i Kurdi irakeni. Oltre 1200 imprese presenti nel Kurdistan irakeno sono turche e lo scambio commerciale è in forte crescita. I Kurdi hanno quanto Ankara vuole: 45 milioni di barili di riserve petrolifere e gas naturale in quantità.
La Turchia ha esteso i suoi rapporti con la Russia nel campo energetico. Ha anche tentato di stabilire legami con l’Armenia.. Ha mediato tra Damasco e Tel Aviv, sostenuto contatti tra Sunniti e Sciiti in Irak e tra Bosniaci e Serbi nei balcani . Ha aperto 15 ambasciate in Africa e due in America Latina.
L’ascesa della Turchia è in parte anche conseguenza del vuoto di politico in medio oriente. Gli alleati tradizionali degli USA nella regione , Egitto, Giordania, Arabia saudita sono sempre più alle prese con tensioni economiche , paranoici rispetto alle opposizioni interne, nervosi nei rapporti con l’Iran.
La proposta turco brasiliana nei confronti dell’Iran non ha suscitato pareri favorevoli in Occidente ma , dal punto di vista turco, un compromesso sul nucleare iraniano è una premessa per ridurre le tensioni nell’area. La Turchia non è certo meno contraria degli USA ad un armamento nucleare dell’Iran ma come Laciner ha detto “ non vogliamo un altro Irak”.
Certamente vi è dell’interesse diretto. La Turchia riceve il 20% del suo gas e petrolio dall’Iran. Turchia, Iran e Siria stanno considerando la possibilità di costituire un’area economica comune includendo anche l’Irak.
I perplessi e i critici aperti fanno dell’islamismo il punto centrale della loro preoccupazione. Questo è giustificato per la politica interna e ha portato non pochi cittadini turchi a votare no al referendum ,ma ha minor peso in politica estera. Le critiche di Ankara nei confronti di Tel Aviv sono di origine politica non religiosa. Sono rivolte alla politica del Governo israeliano non all’esistenza dello Stato d’Israele che non è messa in discussione.
Lo scoppio di un altro conflitto in medio oriente è visto come un incubo in Ankara. La Turchia è oggi la 16sima economia nel mondo, ha necessità di espandere le sue relazioni ed avrebbe tutto da perdere da una guerra nelle vicinanze. Ha iniziato a stabilire rapporti con altri paesi emergenti come il Brasile ed ad assumerlo come esempio. Il Brasile ha giocato un ruolo chiave nella costruzione del mercoSur. A differenza di quanto avvenuto con la politica estera degli USA in parte dell’America latina ( vedi casi Honduras e Colombia ) la Turchia ambisce a giocare un ruolo di stabilizzazione a livello regionale. Sarebbe bene seguirla con attenzioni evitando schematismi.
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