Il sistema sanitario tedesco
All’inizio della pandemia molto si è scritto sulla necessità di riformare il sistema sanitario italiano con un forte riequilibrio territoriale, ovvero meno ospedalocentrico ( con ripetuti corto circuito per i pronto soccorso), con più investimenti e più organico per la sanità e l’assistenza articolata sul territtorio. E stato anche sottolineata la necessità di porre al centro di un tale sistema il ruolo del medico di base, un nuovo ruolo del medico di famiglia anche prevedendo la sua assunzione nel sistema sanitario nazionale (oggi è un libero professionista convenzionato per determinate funzioni). Ora i temi di dibattito sono altri e nella sanità pubblica poco o nulla è cambiato. Sappiamo delle nostre storiche carenza ma ben poco di altri sistemi sanitari europei. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI), diretto da Carlo Cottarelli, in “Come funziona il sistema sanitario tedesco?” ricorda che durante la pandemia si è spesso confrontato il sistema sanitario italiano (e in particolar modo quello lombardo) con quello tedesco, quest’ultimo preso come modello di massima qualità ed efficienza. Ma come funziona tale sistema? Il sistema è basato su un obbligo di assicurazione sanitaria per tutti i residenti, che di fatto garantisce una copertura universale. L’offerta di servizi sanitari è per la maggior parte privata: solo un quarto degli ospedali sono pubblici, anche se offrono quasi la metà dei posti letto.
La spesa sanitaria in Germania – Nel 2018 la Germania ha speso 391 miliardi in sanità (pubblica e privata), una cifra tra le più alte in Europa sia in termini pro capite con oltre 4.500 euro per abitante (quasi 2.000 euro in più della media europea, Fig.4), sia in rapporto al Pil (11,7 per cento contro una media europea dell’8,3 per cento, e l’8,7 per cento dell’Italia; Fig.5). Dal 2011 la Germania destina una quota sempre maggiore di risorse alla sanità. Di queste, una porzione valutata in oltre lo 0,6 per cento di Pil è destinata a spese per investimenti (attrezzature, tecnologie e infrastrutture), contro lo 0,4 per cento della media europea.
La sanità tedesca è finanziata per l’84 per cento da fonti pubbliche (di cui il 78 per cento da assicurazioni a contribuzione obbligatoria e il 6 per cento dalla cosiddetta fiscalità generale) e per il 16 per cento da fonti private, cioè schemi di finanziamento volontari o da spesa diretta delle famiglie. Nella sostanza quello che avviene non è molto diverso da quanto avviene per le pensioni in Italia dove si versano i contributi obbligatori all’INPS, lo Stato copre l’eventuale ammanco tramite la fiscalità generale e i cittadini possono attivare assicurazioni private.
I sistemi sanitari pubblici sono generalmente classificati secondo tre criteri:
- il più importante è la modalità di finanziamento. Si distingue in proposito tra: modelli mutualistici, o di “social health insurance” (noti anche come modelli “Bismark”) in cui la copertura sanitaria è garantita a fronte di contributi obbligatori versati dall’assicurato; e modelli in cui i finanziamenti vengono dalla fiscalità generale, cioè una parte delle entrate dello Stato sono usate per finanziare la sanità e ciascun cittadino può accedervi (modelli universalistici, “tax-financed”, noti anche come modelli “Beveridge”); in pratica la distinzione talvolta non è così netta perché lo stato può intervenire anche nei sistemi mutualistici per integrare le risorse disponibili dai contributi, per esempio a favore di certe categorie di persone (es. disoccupati).
- la natura del fornitore delle prestazioni: pubblica, privata a scopo di lucro o privata non-profit (come istituti religiosi e fondazioni). Solitamente i modelli mutualistici si affidano parimenti a enti sanitari pubblici e privati, mentre i modelli universalistici prediligono gli enti sanitari pubblici;
- il ruolo dei vari livelli di governo: nazionale, regionale o comunale.
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