“Il pensiero debole” di Vattimo
Il filosofo Stefano Velotti, su Domani del 21 settembre, ricordando la pubblicazione del libro “Il pensiero debole”, di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, Feltrinelli 1983, https://disf.org/editoriali/2023-03, a distanza di quarantanni scrive “.. è inevitabile chiedersi cosa sia rimasto di quella koinè (ndr una lingua comune). Ecco: sembra che sia passato un secolo. L’idea stessa che quella leggerezza, quell’indebolimento di veri o presunti fondamenti forti del pensiero potesse portare a un’emancipazione – per vie alternative rispetto al marxismo, alla teoria critica francofortese o alla ragione erede dell’illuminismo – si è dimostrata illusoria. Lo stesso Vattimo è approdato, negli ultimi anni, a prospettive diverse, racchiuse nella formula, ancora una volta sorprendente, di “comunismo ermeneutico”. Un’ermeneutica (ndr – una continua interpretazione non soltanto dei testi, ma anche dell’intera esistenza umana) interessata non più tanto alla ripresa-distorsione dell’eredità della metafisica occidentale, quanto al mondo dei vinti e degli esclusi, per questioni di genere o di classe, economiche o geografiche.(…) In allegato il testo completo.
I militanti sindacali torinesi- under 80 – hanno conosciuto Gianni Vattimo, responsabile dei giovani cattolici diocesani, a metà degli anni ’60 quando si presentava con un gruppo di studenti per partecipare ai “picchetti” davanti ai cancelli della Fiat Mirafiori, presidiati dai poliziotti del battaglione della celere di Padova, specializzato nelle azioni antioperaie. Vattimo agiva con grande coraggio con richiami agli operai di “alzare la testa”, sfidando gli ordini degli ufficiali di allontanarsi dai cancelli. La sua resistenza pasiva veniva interrotta, quasi sempre, con il suo trasporto in Questura; durante il tragitto traeva di tasca la Costituzione e leggendo alcuni articoli impartiva una breve lezione ai celerini sui diritti di manifestare che si stavano violando. Gianni Vattimo ha anticipato di qualche anno la presenza militante di studenti torinesi a fianco delle lotte operaie, allora particolarmente difficili.
Anche per Gianni Vattimo si avvera il detto evangelico “nessuno è profeta nella sua patria” – Il pensiero e le opere di Vattimo sono più conosciute e oggetto di studio nel mondo – tradotte in molte lingue – che non a Torino e nella società italiana. In questi ultimi quarantanni la pratica e l’esplicitazione del pluralismo, del confronto tra idee e esperienze diverse, non si è certo alimentata del suo pensiero. Non è casuale che i suoi scritti, le dispense, i suoi appunti, le lezioni universitarie, relazioni: un immenso archivio che richiama studiosi da tutto il mondo, è stato portato all’estero, dal 2016 a Barcellona, blindati da un accordo ventennale, gestiti da un docente e suo ex allievo, a favore dell’accademia catalana. Torino e l’Italia se n’erano interessati tardivamente (articolo di Sarah Martinenghi su La Repubblica del 7-6-2022).
Il caposaldo del pensiero debole – Il pensiero debole, di Giann Vattimo e Pier Aldo Rovatti, contrariamente a certe interpretazioni, non significa per nulla essere flebili, ondivaghi, remissivi. Riproduciamo la premessa di Pier Aldo Rovatti per una puntata trasmessa da Rai cultura, anni fa, che potete riascoltare (11 minuti) con questo link . https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Rovatti-il-pensiero-debole-c82f39ae-9b67-4b5c-8d15-dfcf12aa2055.html#:~:text=L’uomo%2C%20cos%C3%AC%20come%20lo,suoi%20luoghi%20deputati%20al%20pensare.
Il pensiero debole, racconta le origini e le caratteristiche dell’omonima corrente filosofica imperniata nel mettere in discussione un concetto di verità univoco proprio dei pensieri forti, delle ideologie politiche e economiche, delle religioni. Nei secoli in nome della “Verità” si sono compiute innumerevoli crociate, religiose e non, che hanno avuto diversi effetti negativi e che hanno a che fare con il potere. L’uomo, così come lo intende il pensiero debole, non si riduce alla conoscenza, al sapere, alla gnoseologia, ma ha a che fare con la pratica. Il pensiero debole, quindi, non si rifà a quell’uomo che si isola a pensare, che si riduce al solo pensare e che trova i suoi luoghi deputati al pensare. Al contrario il pensiero debole deve avere la capacità di essere di tutti. Il filosofo deve aiutare i singoli soggetti a pensare, ma la filosofia non gli appartiene in maniera esclusiva. L’uomo che ha a che fare con il pensiero debole si orienta sul piano dell’etica e della politica, proprio in quanto singolo soggetto e portatore della sua propria responsabilità. Il pensiero debole ha indagato nella storia della filosofia per trovare nei singoli pensatori tale tendenza. Cosa significa “etico” per il pensiero debole? Non si riduce a un elenco di norme e regole, ma ha piuttosto a che fare con uno stile di vita. L’individuo non è il padrone del mondo, non è al centro del cosmo, è bensì la produzione di una società liberale. In questo senso anche l’individuo è “indebolito”. (…)
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