IL LAVORO SENZA FESTA – E.Friso – primo Maggio –

Il premier, Matteo Renzi, ha rifiutato la concertazione, affermando che il suo governo ascolterà tutti ma poi deciderà da solo. A questo riguardo, Romano Prodi, nel corso di una recente intervista a La Repubblica ha, tra l’altro, dichiarato che la concertazione richiede l’unità dei sindacati e, dice “Da ex premier, mi ricordo riunioni fiume con decine di sigle sedute al tavolo. All’una la prima sigla diceva una cosa, alle due una seconda sigla la scavalcava, alle tre ne spuntava un’altra che andava oltre, alle quattro si chiudeva con un comunicato generico. Questo tipo di concertazione, onestamente, non funziona più”.

In realtà, Prodi mette in evidenza l’indebolimento del Sindacato e, questo, a tutto danno dei lavoratori, della giustizia sociale e della democrazia. Senza un Sindacato forte, la ricchezza prodotta sarà ancor più concentrata nelle mani di pochi.

Il Sindacato soffre a causa della disoccupazione, del dumping sociale e delle delocalizzazioni, ma particolarmente per le sue divisioni che, ai nostri tempi, non hanno più motivo di essere.

II Sindacato nasce con l’industrializzazione e il superamento dell’economia agricolo-artigianale. Avremo il capitalista industriale (il “padrone”), che mira al maggior profitto possibile, anche attraverso uno sfruttamento inumano dei salariati, che si aggiunge a quello dei braccianti agricoli per opera dei latifondisti. Apparve allora evidente che, un potere contrattuale ottimale per negoziare le condizioni di lavoro con il “padrone”, può essere raggiunto solo negoziando collettivamente. Questa è la genesi del Sindacato.

Sul piano politico, interviene la “Rivoluzione francese” che segna il declino dell’assolutismo, da impulso alla nascita dello Stato di diritto, ed emana la Dichiarazione dei diritto dell’uomo e del cittadino, il fondamento delle costituzioni moderne.

Dove la rivoluzione industriale interviene prima di quella sovietica con la sua “dittatura del proletariato” (che nell’immaginario di molta povera gente nel mondo è vista in buona fede come l’unica soluzione possibile ai propri mali), com’è sovente il caso del Sud Europa, saranno spesso i partiti di sinistra e comunisti in particolare, che si svilupperanno ben prima del Sindacato. Il Sindacato nascerà più tardi, dall’alto più che dalle fabbriche, e su iniziativa dei partiti politici, per cui l’unità sindacale diventa una chimera. Nei pochi anni di vita della Cgil unitaria, i dirigenti erano eletti con il sistema proporzionale con tre liste di candidati: comunista, socialista e cristiana.

Invece, nei paesi dell’Europa settentrionale, dove l’industrializzazione interviene prima della rivoluzione sovietica, la prima entità organizzativa del mondo del lavoro sarà quasi sempre il Sindacato, che nasce dalle fabbriche. E, in questi paesi, sarà poi il Sindacato a facilitare la nascita di partiti operai Socialisti o Laburisti che dir si voglia e gli echi della Rivoluzione sovietica non produrranno la nascita di partiti comunisti. Inizialmente l’obiettivo del partito operaio è di legalizzare le conquiste sindacali e di sviluppare il welfare.

Con la caduta del Muro di Berlino (novembre 1989), scompare l’ideologia della dittatura del proletariato e, conseguentemente, le divisioni sindacali ereditate dalla lotta ideologica tra comunismo e democrazia è oggi un’assurdità. In molti casi danno forte l’impressione siano dettate unicamente dal fattore umano: con l’unificazione, interviene inevitabilmente una riduzione del numero di dirigenti sindacali.

Le differenze sul modo di affrontare i problemi che, ai nostri giorni, sorgono tra sindacati divisi, le ritroviamo anche all’interno dei Sindacati là dove sono unitari che, però, le gestiscono democraticamente per cui, finite le discussioni, la minoranza si adegua all’opinione della maggioranza, mantenendo in questo modo elevato il potere sindacale.

 

 

 

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