Fratelli tutti

L’Osservatore Romano del 5 ottobre, pubblica l’editoriale «L’urgenza di fermarsi a riflettere» di Andrea Monda, con questo occhiello «Siamo tutti fratelli?» e nelle sue risposte a commento della terza enciclica «Fratelli tutti» di Papa Francesco, si sofferma in particolare sul punto n. 68 del testo, tratto dal secondo capitolo, quello dedicato alla parabola del Buon Samaritano. Di seguito il testo dell’editoriale.

da Assisi La terza enciclica Fratelli tutti

L’enciclica Fratelli tutti arriva come goccia d’acqua che cade in una terra desertificata, raggio di luce che attraversa “le ombre di un mondo chiuso”. È questo il titolo del primo capitolo della nuova, la terza, enciclica di Papa Francesco, dedicata alla fratellanza e all’amicizia sociale che il Papa ieri ha voluto regalare ai fedeli raccolti in piazza San Pietro nella “forma” dell’edizione speciale de «L’Osservatore Romano» tornato alla stampa su carta ma con un nuovo formato.

Ma procediamo per gradi. Innanzitutto il fatto di essere uscito dal Vaticano, la prima volta dai tempi del lockdown provocato dalla pandemia, e di essere andato ad Assisi per firmare la Lettera sulla tomba di san Francesco che ancora una volta, dopo la Laudato si’ di cinque anni fa, è fonte di ispirazione per il suo pontificato, possiede una forza simbolica talmente evidente che non necessita di ulteriori spiegazioni.

Fratelli tutti è un testo potente, che suona come un grido ad un tempo di allarme e di speranza e offrire ai lettori una visione, un orizzonte, grande che trasmetta fiducia e susciti il desiderio di impegnarsi per il bene comune, per gli altri, che sono tutti, nessuno escluso, nostri fratelli. L’enciclica è divisa in otto capitoli che, dopo il primo che analizza, in modo lucido e senza sconti, la situazione in cui il mondo oggi versa, un mondo che appunto appare muoversi verso la chiusura perché «la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (la citazione è dalla Caritas in veritate di Benedetto XVI uno dei testi maggiormente citati dall’enciclica), si sviluppa in senso positivo e propositivo al fine di “pensare e generare un mondo aperto” (cap. 3) e di gettare le basi per “la migliore politica” (cap. 5) e creare le condizioni per il “dialogo e amicizia sociale” (cap. 6) e per aprire “percorsi di un nuovo incontro” (cap. 7) per arrivare alla conclusione che sottolinea il ruolo decisivo delle religioni “al servizio della fraternità del mondo” (cap. 8).

Un testo quindi molto denso che costringe il lettore a fermarsi e a leggere con attenzione per riflettere, meditare e quindi, infine, agire. Su questo giornale a partire dai prossimi giorni verranno offerte al lettore chiavi di lettura dell’intero testo con i suoi otto capitoli, in modo da approfondirlo attivando un processo di conoscenza non superficiale o emozionale.

Ora sia sufficiente una prima semplice riflessione, quasi un’impressione, sul tema della dignità, una delle parole più ricorrenti nell’enciclica, prendendo in esame un solo passaggio, il punto n. 68 del testo, tratto dal secondo capitolo, quello in cui il Santo Padre si sofferma sul testo del vangelo di Luca dedicato alla parabola del Buon Samaritano. Il capitolo si intitola «Un estraneo sulla strada» e parte con una vera e propria esegesi delle parole di Gesù che permette al Papa di riflettere insieme al lettore sul fatto che il soccorso dato dal samaritano «ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano, tante volte dimenticata; siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questa è dignità».

Queste sono parole sconvolgenti che rovesciano la nostra idea di dignità. Noi spesso associamo la dignità alla freddezza, all’imperturbabilità, si dice di un uomo che “non ha perso la dignità” perché è rimasto sereno e non ha lasciato trasparire i sentimenti magari di rabbia o di sofferenza. E invece qui il Papa va oltre e ci presenta un altro volto, paradossale, della dignità: dalla serenità si deve “scendere”, si deve perdere la flemma per “sconvolgerci” con la sofferenza degli altri. La dignità è qualcosa di caldo, fisico, viscerale. Come la misericordia, protagonista della parabola, che è qualcosa che ha a che fare con le viscere (rachamin, è la parola che in ebraico indica sia misericordia che viscere).

Proprio da qui si deve partire, dal gesto viscerale del samaritano che non fa altro che fermarsi al contrario degli altri personaggi, presi dalla fretta probabilmente; in un mondo che corre incessantemente quella del Papa è una voce che chiede, supplica con urgenza di fermarsi al fine di recuperare il senso della dignità umana, della propria, degli altri. Rimanere fedeli a se stessi, a quella “caratteristica essenziale dell’essere umano”, il Papa ci dice che è assolutamente necessario oggi per restituire all’uomo la sua dignità, bene prezioso quanto fragile che va custodito e alimentato ogni giorno, in ogni luogo, sempre.

La Newletter Nuovi -Lavori n.263 del 15 ottobre, diretta da Raffaele Morese, è interamente dedicata al commento dell’enciclica di Papa Francesco, con 16 interventi. Vedi home page allegata. http://www.nuovi-lavori.it/index.php/home-newsletter

In allegato potete leggere

  • Il testo completo dell’enciclica Fratelli tutti_OssRomano
  • l’articolo “Riflettere per reuperare la dignità umana” di Andrea Tornielli_OssRomano
  • la sintesi dell’enciclica a cura di Francesco Rodari_La Repubblica
  • Nell’enciclica critiche severe alle frontiere del profitto_Kocci
  • Riflessioni dell’Orso bergamasco_Pezzotta_11-10-20
  • La politica del buon Samaritano_Galantino_Il Sole
1 commento
  1. Antonio Marcolungo
    Antonio Marcolungo dice:

    Papa Francesco scrive,quasi,sempre dei pensieri condivisibili anche da chi non è ,o non è più,un cattolico praticante.Ma la cosa che ho sempre faticato a capire e da quando c’è Papa Francesco fatico ancora di più e come si fa a esprimere concetti così alti e poi accettare che nella Chiesa ci sia ancora la discriminazione verso le donne.Come si fa a dire “siamo tutti fratelli” ma le sorelle lo sono molto di meno.Quando la donna avrà nella Chies la stessa dignità,gli stessi diritti dell’uomo?

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