Economist e…Salvini

La strategia delle sanzioni e dell’embargo può avere successo verso un piccolo e medio paese (esempio come testimoniano i casi drammatici per le popolazioni di Cuba e Venezuela). Molto più incerto quando lo si esercita verso l’undicesima economia mondiale (la Russia) che dispone di materie prime essenziali per le economie di chi applica le sanzioni (Europa e mondo occidendale). Se le sanzioni contro la Ruissia non sono applicate da ben 100 paesi, se l’Europa è divisa sul cap price del gas, se Gazprom reagisce chiudendo e aprendo i rubinetti facendo impazzire la banca del gas di Amsterdam, se succede tutto questo si richiedere una riflessione e una correzione “di tiro”, significa esercitare il senso critico e non già essere “cala braghe”. La “fermezza” non è certo l’incapacità di valutare la realtà drammatica che abbiamo davanti, sotto gli occhi. Perchè lasciare un’autostrada di “buon senso” a Matteo Salvini il cui retropensiero è alquanto dubbio? Il polo progressista si deve o no dare una mossa?

Il Fatto Quotidiano del 27 Agosto pubblica questa noztizia < L’ultimo numero del settimanale britannico The Economist (di cui la Exor della famiglia Agnelli Elkann controlla il 43%) è dedicato alle sanzioni contro la Russia e al tentativo di trarre un bilancio di questi primi 6 mesi di applicazione delle misure. Bilancio che non è esaltante. Nonostante l’impegno dell’Occidente nell’imporre interventi economici drastici “sino ad ora la guerra delle sanzioni non sta andando come previsto”, scrive il settimanale. Il principale problema, si legge, è che “il colpo da knockout non si è concretizzato”. Emerge infatti che “il Pil russo si ridurrà del 6% nel 2022, come calcola ora il Fondo monetario internazionale, molto meno del calo del 15% che molti si aspettavano a marzo”.

TErminale di Porovaya – Nord Stream

L’Economist rimarca poi come: “La vendita di energia genererà quest’anno un surplus di 265 miliardi di dollari, il secondo più grande al mondo dopo la Cina”. Inoltre, dopo una fase di crisi, “il sistema finanziario russo si è stabilizzato e il Paese sta trovando nuovi fornitori per alcune importazioni, inclusa la Cina. Nel frattempo, in Europa, la crisi energetica potrebbe innescare una recessione”. (…)L’arma delle sanzioni ha quindi molti difetti e quello principale è rappresentato dalla sproporzione fra le azioni intraprese e le conseguenze su “autocrazie brave ad assorbire il colpo iniziale di un embargo perché possono controllare le loro risorse”. (…) “Il colpo da knockout non si è concretizzato” scrive il settimanale britannico secondo cui questo deve servire da lezione alle democrazie occidentali. “Per contenere le mire espansionistiche di Cina e Russia non bastano misure commerciali ma serve il pugno duro”, conclude l’articolo.

Luigi De Biase, su Il Manifesto dello stesso giorno così commenta la notizia dell’Economist < Il bilancio sei mesi dopo l’invasione: le sanzioni alla Russia non funzionano. Il fallimento in copertina sull’Economist. E nel terminal di Portovaya bruciano 10 milioni di euro al giorno di gas inutilizzato – Un rapporto pubblicato dalla Bbc sulla base di immagini satellitari dell’istituto di ricerca norvegese.

Rystad Energy dice che Gazprom sta bruciando al terminal Portovaya quattro milioni e trecentomila metri cubi di gas al giorno, per un controvalore, alle quotazioni record degli ultimi giorni, oltre i 330 euro per megwattora, attorno ai dieci milioni di euro. Portovaya si trova sul Baltico, nei pressi di Vyborg, lungo il confine finlandese. Da quella stazione decisiva nella mappa russa dell’energia parte il gasdotto Nord Stream. Il combustibile che brilla in un incendio controllato doveva, quindi, raggiungere il terminal di Greifswald, in Germania, non fosse che Nord Stream fa parte da mesi del confronto tra il Cremlino e i governi europei. Gazprom ha già ridotto in modo graduale le forniture ai paesi “ostili”. A partire dal 31 agosto chiuderà il rubinetto per tre giorni, ufficialmente per lavori di manutenzione. Anche da questo dipende la decisione tecnica di eliminare attraverso combustione il gas in eccesso. Non si tratta, tuttavia, del solo motivo. Perché, allora, i russi decidono di mandare in fumo, in senso letterale e figurato, dieci milioni di euro al giorno in un momento di estrema difficoltà dal punto di vista finanziario? Probabilmente perché nei loro calcoli il danno inflitto ai rivali è più grande, ancora non sappiamo quanto, rispetto a quello che subirà il bilancio federale.

Pare ormai del tutto evidente che il team economico del Cremlino abbia trovato il sistema di affrontare le sanzioni e le altre misure stabilite dall’Europa e dagli Stati Uniti, in particolare in tema di materie prime. Dopo sei mesi di guerra incessante in Ucraina e di fronte alla peggiore crisi di approvvigionamento che l’Unione abbia mai affrontato, aprire una verifica dovrebbe essere considerato un atto di buon senso, non di tradimento. Anche il settimanale britannico Economist, abbandonando almeno in parte il fervore bellicista, chiede questa settimana in copertina: “Le sanzioni alla Russia stanno funzionando?”. La risposta, sempre secondo l’Economist, è complessa: per adesso il risultato è al di sotto delle aspettative, ma lungo un orizzonte di tre-cinque anni le sanzioni occidentali provocheranno il caos in Russia.

Su il sito Linkiesta è pubblicato un dossier con più articoli che sostengono e spiegano perchè le sanzioni contro la Russia funzionano. Vedi con questo link https://www.linkiesta.it/dossier/perche-le-sanzioni-alla-russia-funzionano/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *