Draghi e il futuro Europa
Il 21 Luglio del 2022, la Lega e Forza Italia non rinnovarono la fiducia a Mario Draghi, dopo le impuntature e le divisioni del M5S, causando le dimissioni irrevocabili di Mario Draghi e con esse la fine della legislatura. I media con modalità e accenti diversi hanno ricordato a distanza di un anno l’ex-premier cercando di ricostruire cosa ha fatto e cosa pensa di fare Mario Draghi, più stimato a livello internazionale che in Italia. A metà Luglio, Mario Draghi a scelto la sede di Cambridge per esprimere le sue idee sul futuro dell’Europa; non sono stati molti i commenti e solo Il Foglio di Guido Cerasa ha pubblicato, il 13 Luglio, il testo integrale che trovate in allegato, unitamente ad un paio di articoli correlati.
Ilario Lombardo in “Draghi d’Europa”, su La Stampa del 21 Luglio, scrive <<…Mario Draghi è appena rientrato dagli Stati Uniti. Laggiù è dove si sente a casa, dove è andato per tenere i suoi unici due discorsi pubblici, da quando ha lasciato la presidenza del Consiglio. Ha parlato prima al Mit di Boston, a inizio giugno. Poi, una settimana fa, alla Martin Feldstein Lecture al National Bureau of Economic Reaserach, a Cambridge. Sono i luoghi della sua formazione, le accademie del Massachusets, il Mit specialmente, la sua “alma mater”. Luoghi di frequentazione intellettuale, di confronti tra economisti, dove è libero di sperimentare un orizzonte di pensiero un po’ più lungo rispetto alla mischia della politica italiana. Gli esegeti del draghismo fanno osservare un paio di cose e un dettaglio che forse non è tale…>>. Per proseguire aprire l’allegato.
Giovanni Tria in “La visione di Draghi e il futuro dell’Europa”, su Il Sole del 15 Luglio, scrive << Finalmente un leader europeo, Mario Draghi, ha detto chiaramente che non c’è un futuro per l’Europa senza una revisione dei Trattati. Lo ha detto in una importante lecture in onore di Martin Feldstein tenuta a Cambridge, USA, al National Bureau of Economic Research. La lecture, pubblicata integralmente sul quotidiano Il Foglio il 13 luglio scorso, non sembra aver finora suscitato, a mia conoscenza, adeguata attenzione pubblica in Italia. Eppure, le motivazioni apportate a sostegno dell’affermazione sono, secondo chi scrive, importanti anche per affrontare seriamente, come più volte richiamato in questa rubrica, la negoziazione in corso sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita, cioè delle regole fiscali europee. Si tratta di motivazioni che muovono da quella che è stata definita la zoppìa europea, cioè una unione monetaria senza unione fiscale, che a sua volta dipende da una forma di unione politica. L’analisi di Draghi parte da lontano, cioè dal fatto che i Paesi che costituirono l’Unione monetaria europea non rappresentavano nel loro insieme un’area monetaria ottimale. Questo difetto di costituzione dell’Unione monetaria europea avrebbe dovuto avere come correttivo, almeno secondo la dottrina economica, la possibilità di trasferimenti fiscali per contrastare shock asimmetrici, proprio quei trasferimenti esclusi dal Trattato di Maastricht (…) la riforma delle regole fiscali europee proposta dalla Commissione risponde a questi problemi o, almeno, imposta una strada per la soluzione di questi problemi? A chi scrive sembra di no. Si eludono i problemi …>> Per proseguire aprire l’allegato
Francesco Verderami in “Il premier dell’«agenda».Un anno dopo Draghi” su Il Corriere della Sera del 20 Luglio, con grande sintesi commenta i 616 giorni di quell’inedito governo costituito con la priorità di superare la pandemia Covi e che si è trovato a dover affrontare l’imprevisto dramma politico della guerra in Ucraina.. Vedi allegato
Mario Draghi nel suo intervento per un’Europa del futuro, tra i molti punti, si è soffermato su questi:
- Ue un potenziale inutilizzato – Le alternative per gli europei oggi sono: paralisi, uscita o integrazione. I costi per stare più uniti e perseguire i nostri obiettivi condivisi sono molto più bassi che in passato. Le conseguenze immediate della creazione dell’euro hanno accresciuto i dubbi degli scettici. Ed è facile capire perché
- A metà degli anni 2000 l’Ue ha scelto di allargarsi all’europa orientale senza riformare le sue regole decisionali
- Ancora oggi nell’eurozona non c’è accordo su un bilancio centrale per la stabilizzazione o sui trasferimenti fiscali
- Il difficile cammino verso la costruzione di un’unione monetaria ottimale è illustrato dalle risposte divergenti degli stati
- Qualcosa è radicalmente cambiato nel modo in cui gli investitori vedono l’eurozona
- Allo stato attuale, il costrutto istituzionale dell’Europa non è adatto a realizzare le transizioni necessarie
- Per garantire la credibilità fiscale serve che le regole siano più automatiche e contengano meno discrezionalità
- Sarà essenziale riaprire i trattati per non ripetere l’errore del passato di allargare la periferia senza rafforzare il centro
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