DAL VIAGGIO ALL’ESODO – A.Tridente – globalmondo 5/3/11

La lezione di giornalismo di Fabrizio Gatti de “L’Espresso” – per dirla con le parole di Ettore Mo, del “Corriere della Sera”- è contenuta nel libro “Bilal”, edito dalla “Rizzoli”nel 2007. Nella prima parte del libro, quella più intensa, Fabrizio Gatti descrive il suo tentativo di falso migrante di giungere in Europa. Partendo dall’Africa nera (Dakar), attraversando il Mali ed il Niger sino al confine con la Libia in cui non potrà proseguire data l’estrema pericolosità dell’attraversamento del paese, Gatti descrive le angherie di ogni tipo subite dai ragazzi migranti: maltrattamenti da parte di militari e poliziotti, dai quali sono più volte derubati i giovani disperati che cercano di fuggire da una vita di stenti e senza speranza.

Fabrizio Gatti descrive drammaticamente e con grande partecipazione, i tentativi dei ragazzi sub sahariani di approdare alle coste siciliane dell’Europa ( quando non scompaiono nel deserto), in pagine dense di scene sconvolgenti, da Lui vissute e descritte come un autentico profugo, il cui unico collegamento con la redazione de “L’Espresso” e la famiglia è un solo numero telefonico.

Il racconto mantiene nel libro la sua intensa drammaticità dall’inizio alla fine perché Gatti si trasforma in uno di questi ragazzi, di nome Bilal (da qui il titolo del libro), assistendo così in prima persona alle angherie, ai soprusi, alle violenze, alla loro riduzione in schiavitù, alla loro disperazione e, talvolta, alla loro morte.

Alla luce dei fatti recenti del Mahgreb, dell’Egitto e della Libia, con il conseguente ammassarsi di decine di migliaia di profughi sulla costa nordafricana, ai migranti sub- sahariani, oggi si aggiunge l’enorme massa di persone in fuga dai paesi investiti dalle rivolte: il racconto, tuttavia, mantiene la sua drammatica attualità perché ci fa comprendere le sofferenze di questi giovani in fuga verso una vita migliore ed anche la loro forza nell’affrontare tutte le crudeltà che essi incontrano nei loro percorsi verso una vita migliore.

In ogni venditore africano incontrato agli angoli delle strade, intento a vendere ogni tipo di mercanzia, dobbiamo vedere un testimone di una vita simile a quella dei milioni di emigranti italiani nelle Americhe a cavallo del secolo scorso.         

Nell’Espresso di questa settimana, Fabrizio Gatti, continuando il suo lavoro di indagine sui migranti in fuga dall’Africa, indica le nuove vie di fuga ed ingresso in Europa: il confine tra la Turchia e la Grecia.

Gli accordi tra i trafficanti libici e turchi-scrive Gatti- convogliano infatti emigranti da tutta l’Africa al confine greco-turco per entrare in Europa da Est aggirando il blocco navale che per quasi due anni ha fermato gli sbarchi a Lampedusa.

Dal 2010 gli sbarchi dalla sponda turca del fiume Evros a quella greca superano una media di 300 persone al giorno; più di 9000 al mese; il 75% degli ingressi illegali nella Ue secondo le stime di Frontex, l’agenzia che coordina le polizie di frontiera europee, prosegue Gatti.

Emigranti da tutta l’Africa in un luogo un tempo attraversato solo da profughi afghani e pakistani. Anche lì, centri di detenzione e morti per assideramento sepolti in fosse comuni nei pressi del fiume Evros. Duemila euro a persona il costo del passaggio; un incasso per i trafficanti di 16 mila euro a canotto; da due a quattro minuti la durata della traversata.

E l’Europa come al solito sta a guardare, quasi a giustificare i timori e le proteste formulata a nome del governo da parte del ministro dell’interno Maroni.

     
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