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CONTRATTI A TUTELE CRESCENTI – in vigore – cosa sono –

Da marzo è in vigore il contratto a tutele economiche crescenti. Cos'è e cosa bisogna sapre. Si applica ai lavoratori che saranno assunti a tempo indeterminato (non si applica ai dipendenti pubblici). Per chi è occupato valgono le vecchie regole, articolo 18 compreso. Il nuovo contratto a tempo indeterminato si distingue da quello attuale nella parte relativa ai licenziamenti.

Solo in alcune fattispecie (discriminazione, antisindacale, insussistenza dell’addebito disciplinare)  è previsto il reintegro nel posto di lavoro mentre in tutti gli altri si ricorrerà al risarcimento economico che cresce (da qui la formula "a tutele crescenti") in base all'anzianità di servizio. A crescere, dunque, è l'importo del risarcimento.

Unimpresa, l’Associazione nazionale di categoria delle micro, piccole e medie imprese, prevede che in pochi mesi saranno attivati 250.000 nuovi contratti, in gran parte trasformando alcune tipologie in atto precarie ma meno convenienti economicamente per l’impresa.

I consensi e gli attacchi al Job Act si sono focalizzati sulle modifiche all’art. 18. La drastica riduzione delle tutele in caso di licenziamento per ragioni economiche che risultino non veritiere o che abbiano eluso le procedure, è ben chiara, in gran parte figlia del periodo delle trasformazioni e del mercato del lavoro in cui si vive. Altrettanto è chiara la retorica di Maurizio Landini, nel ripetere che così si ritorna all’800, per dare forza alla strategia che la Fiom ha imboccato da tempo.

Se ci fossero più dati e soprattutto se fossero attentamente analizzati si potrebbe probabilmente dedurre la quantità di transazioni economiche fatte (e la loro entità) sulle migliaia di vertenze avviate in forza dell’articolo 18 dello Statuto. Quante sono state e per quali tipologie le vertenze  portate a sentenza e con quali gli esiti.

Siamo ancora convinti che il vero deterrente per contenere le aziende che operano in violazione delle norme e dei contratti siano (oggi come lo sono stati negli anni 70) gli articoli che consentono l’attività sindacale in azienda: l’articolo 28 dello Statuto (che è rimasto integro dal 1970) e l’articolo 19 (che è stato indebolito da uno sciagurato referendum del 1994 voluto dai radicali e da parte della sinistra per indebolire il ruolo dei sindacati aderenti alle Confederazioni Sindacali).

Servirebbe infine analizzare quanto è cambiato il tessuto industriale del nostro paese dagli anni 70, com’è aumentata e trasformata la galassia delle piccole aziende. Servirebbe analizzare e riflettere se un imprenditore per prima cosa pensa al licenziamento di dipendenti, in particolare dopo dopo tre anni di addestramento sul lavoro, per rimpiazzarli per un mero calcolo di risparmio sul costo lavoro, che è una delle tanti voci, neppure la più incidente, di un bilancio aziendale.  

Il Job Act contiene punti ( uno neppure previsto nel testo votato dal Parlamento che autorizzò il Governo a procedere con la legge delega) che dovranno presto essere corretti, due su tutti: i licenziamenti collettivi per motivi economici debbono essere regolati dalla legge 223/1991, il doppio regime di diritti in ordine all’art.18 dello Statuto, dopo i tre anni, ha un profilo anticostituzionale.

 

Allegati

  • due articoli con domande e chiare risposte sul Job Act
  • previsioni di Unimpresa

Allegato:
contratto_a_tutele_crescenti_cose_verrini.doc
da_marzo_i_primi_contratti_a_tutele_crescenti_grion.doc
unimpresa_prevede_250_mila.doc

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