APPUNTI SULLA FRANCIA – T.Ferigo – economia & occupazione

L’annuncio della Peugeot della chiusura dello stabilimento di Aulnay- sous-bois e la soppressione di 8000 posti di lavoro ,sono solo la punta dell’iceberg delle difficoltà dell’industria francese. L’estate rischia di essere devastante. Dopo un periodo di calma all’inizio del 2011, l’industria ha ripreso a distruggere occupazione: – 6200 posti nel primo trimestre 2012. In totale dal 2007 sono stati persi 350.000 posti di lavoro nel settore industria. E la situazione non da segni di miglioramento, al contrario. I numerosi piani sociali ,conseguenti a richieste di riduzione dell’occupazione, tenuti sotto il tappeto durante la campagna presidenziale, vedranno la luce nei prossimi mesi: oltre al caso Peugeot altre imprese importanti sono in difficoltà: Navimo (accessori nautici), TUI (turismo), Air France, Surcouf (distribuzione High-tech), Doux (alimentare.)

Se nel primo trimestre dell’anno il numero di piani sociali era diminuito rispetto all’anno precedente nonostante l’aggravarsi della congiuntura economica, questo era dovuto al “differimento” nel dopo elezioni. Si parlò di pressioni del governo precedente per evitare che l’occupazione diventasse il centro della campagna elettorale. Richiesta accolta senza problemi dalle imprese che non avevano alcuna intenzione di trovarsi nell’occhio del ciclone.

Adesso le richieste di piani sociali per riduzione d’impiego spuntano uno dopo l’altro. Le chiusure definitive, per fallimento, d’imprese piccole e medie non hanno comunque rallentato

Secondo l’osservatorio industriale Trendeo 112 chiusure di siti industriali sono stati annunciati tra Gennaio e Maggio 2012. Tenendo in conto del numero d’imprese create nello stesso periodo, il bilancio è negativo. In media dodici aziende scompaiono ogni  mese.

Arnaud Montebourg, la discussa sorpresa delle primarie socialiste, nominato ministro per la ripresa produttiva è messo a dura prova. Ha costituito un gruppo di lavoro ad hoc per la filiera auto, (investimenti auto elettrica, sconti all’acquisto). Il salvataggio dello stabilimento di Aulnay è comunque improbabile.

Altro cantiere problematico: la perdita d’impiego dovuta alla delocalizzazione dei centri di appello telefonico, call center.

La proposta, in linea con l’immagine di Montebourg di “antiglobalizzazatore“, è di incitare gli operatori francesi nella telefonia a rimpatriare i loro call-center, riducendo il costo delle licenze che lo stato attribuisce ai operatori del settore. Naturalmente Marocco e Tunisia, paesi in cui sono numerosi i call-center delocalizzati, non sono molto d’accordo.

Al di là di questi interventi specifici per cercare di far fronte ai dossier più urgenti, il governo ha creato ventidue delegazioni nelle regioni per valutazioni e piani tempestivi e coerenti con le specifiche situazioni. Nel 2013 vedrà la luce la banca pubblica d’investimento che dovrà accompagnare il lavoro delle delegazioni regionali.

Ma i soldi a disposizione limitati e le regole di Bruxelles di controllo sull’intervento statale non consentono certo grandi spazi di manovra.

Da parte sua il ministro del lavoro, Michel Sapin, propone di rincarare i costi di licenziamenti definiti borsistici, in altri termini quelli che mirano a gonfiare dividendi d’imprese sane, magari modulando le sanzioni in funzione della capacità finanziaria dell’impresa per non penalizzare le PMI.

Altra misura prevista è la revisione della rottura convenzionale tra le parti nelle procedure di licenziamento individuale, la “rupture all’amable”, e assegnare il compito della mediazione interamente al giudice (più o meno come in Germania).

Vi è poi la delicata questione degli accordi produttività/ occupazione. L’obiettivo è di dare maggior peso alla contrattazione per accordi di salvaguardia dell’occupazione. Una clausola che consentirebbe a imprese in difficoltà operazioni su salari e orario (anche qui il riferimento è la Germania).

Infine è allo studio una legge che obblighi un gruppo industriale che vuole chiudere uno stabilimento per sole ragioni finanziarie di cederlo a un’altra impresa a prezzi di mercato”.La prospettiva di vedere le sue tecnologie e competenze trasferite a un concorrente può essere dissuasiva per un’impresa. Resta la questione di cosa voglia dire “ragioni puramente finanziarie”. Quali i confini? Tema che sarà affrontato nel programma della conferenza sociale iniziata a Luglio con la partecipazione di sindacati, associazioni imprenditoriali e governo. Tratteremo in un prossimo articolo la questione Peugeot inserendola nella situazione europea, comprese le dichiarazioni e proposte di Marchionne e la reazione decisa della VW.

Toni Ferigo

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