Allarme rosso vicina!
Più di tante parole, rassicuranti o meno, è sufficiente prender atto che per la salvaguardia della proria salute è diventato pressoché impossibile trovare la linea telefonica libera quando si cerca il medico di famiglia (primo punto consigliato), pur riprovando decine di volta, ora si rimane in attesa anche per il 118; così – più di marzo – i Pronto Soccorso sono affollati. Ora la situazione negli ospedali è già in affanno e critica, le proiezioni al 15 novembre, con l’attuale trend esponenziale di contagi, è di allarme rosso ( vedi allegato) . Quanto sta avvenenendo è una “caporetto” per la strategia di prevenzione e dei tracciamenti incessantemente indicata fin dalla primavera dal Ministero della Salute, fatta a parole propria dalle Regione, che hanno la titolarità dell’organizzazione delle ASL. La lettera del Presidente delle Regioni, Bonaccini, inviata al ministro della Salute Speranza domenica 25 ottobre, accolta dal governo, abbandona il tracciamento per gli asintomatici per seguire solamente chi manifesta i sintomi del covid e di chi convive .
Una strategia di ripiegamento che a giudizio di Andrea Crisanti – il microbiologico che ha sperimentato con successo le zone rosse mirate in Veneto- sarà fallimentare, con tanti contagi e morti. (vedi allegato)
Lo stop alla ricerca e alla tracciatura degli asintomatici per concentrasi sui sintomatici anzichè un “linea del Piave” fa temere una nuova “caporetto”, in quanto si fa appello ai medici di famiglia senza conferire a loro un nuovo ruolo (competenze e risorse) per riedificare il servizio sanitario territoriale, che in questi mesi è rimasto tal quale all’inizio della pamdemia.
Su questa inaspettata svolta sul contact tracing dei contagiati (asintomatici e sintomatici) , un grave stop alla startegia da mesi definita dal Ministero della Salute, avvenuta tra sabato 24 e domenica 25 ottobre, fa il punto Viola Giannoli con un articolo pubblicato su La Repubblica, qui di seguito ripreso.
La lettera al ministro firmata dal governatore Stefano Bonaccini: “In molti territori impossibile il tracciamento, serve una lista di priorità. Test rapidi anche dai medici di medicina generale e app per la sorveglianza dei malati”. Il contact tracing non funziona più, schiantato quasi ovunque dall’aumento esponenziale dei nuovi casi. Lo dicono le Regioni stesse che vogliono pensionare (o riformare) il sistema di tracciamento usato fin qui che consisteva nell’individuare i positivi e poi rapidamente tutti i loro contatti per evitare che contagiassero a loro volta altre persone e così via in una spirale infinita.
La svolta è contenuta sia in una lunga lettera firmata dal capo della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini e indirizzata al ministro della Salute Roberto Speranza, sia nelle osservazioni all’ultimo Dpcm rivolte allo stesso ministro, al suo collega per gli Affari regionali Francesco Boccia e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Al fine di rendere sostenibile il lavoro delle Asl/Regioni si dovrebbe destinare i tamponi solo ai sintomatici e ai familiari e conviventi” si legge in questo ultimo documento. Ma c’è di più. Ad anticiparlo ieri era stato Luca Zaia, governatore del Veneto. Proprio quel territorio che era stato in grado di contenere i numeri della prima ondata di Covid-19 grazie ai test a tappeto avviati a partire dalla zona rossa di Vo’ Euganeo, test che avevano evidenziato come il 43% della popolazione fosse asintomatica eppure positiva e dunque contagiosa. Ora la marcia indietro: “È necessario modificare il piano di Sanità pubblica – ha detto Zaia durante il vertice tra enti locali e il ministro Boccia – i tamponi vanno fatti solo a conviventi e sintomatici. I medici di base devono assolutamente essere a disposizione e dare una mano”.
E oggi, a rafforzare ed estendere a tutta Italia questa tesi, è arrivata anche la lettera a Speranza. La proposta ammette il fatto che “in molte regioni, a causa dei numeri giornalieri sulle nuove positività, sia oggettivamente difficile tracciare e raggiungere tutti i potenziali contatti” e per questo “fissa delle priorità all’interno di strategie più efficaci”. “Laddove risulti impossibile il completo contact tracing – si legge nella lettera del ministro della Salute – le Regioni potranno, attraverso i Dipartimenti di Sanità Pubblica, riorganizzare le attività di tracciamento e screening individuando specifiche priorità di intervento tempestivo”. In sostanza “si dovrà innanzitutto aver riguardo che siano isolati i componenti del nucleo famigliare presso il quale si è registrato il caso positivo. Se questi ultimi dovessero risultare sintomatici, si dovrà eseguire il tampone rapido antigenico o quello molecolare mentre nel caso permanessero asintomatici il tampone rapido antigenico o quello molecolare si eseguirà allo scadere del decimo giorno di isolamento”. Ai contatti stretti asintomatici, invece, “una volta provveduto alla loro identificazione ed al loro isolamento, non sarà necessariamente effettuato il tampone, tranne in casi particolari che saranno valutati dai servizi di sanità pubblica. È chiaro che in caso di comparsa dei sintomi, andrà loro invece tempestivamente eseguito il tampone molecolare”.
Le Regioni chiedono anche “per un’efficace e rapida attività di contact tracing” di “prevedere l’utilizzo di tutti i test validati nei paesi del G7″. Si tratta in questo caso di una proposta già avanzata dalle Regioni la settimana scorsa, su cui il Ministero si era detto favorevole.
Quanto al potenziamento delle attività di screening ci si appella ai medici di medicina generale affinché “effettuino i tamponi rapidi antigenici e garantiscano la presa in carico dei loro pazienti nel periodo di isolamento in caso di positività”. Non solo, perché c’è anche un passo in più: “Al fine di potenziare anche le attività epidemiologiche a vasti strati della popolazione le Regioni potranno stipulare specifici accordi con le farmacie, centri di raccolta sangue, per lo svolgimento di esami sierologici o, nel caso di strutture ospedaliere e ambulatoriali private accreditate per l’esecuzione di tamponi rapidi”. Infine, l’assistenza, anche questa ingolfata dall’aumento di casi, non sarà più telefonica per tutti: “La sorveglianza attiva con la telefonata a casa sarà garantita per i soggetti più fragili – conclude il presidente della Conferenza delle Regioni – mentre per i casi valutati ad hoc, potrà invece essere resa possibile tramite app per la presa in carico tempestiva in caso di sviluppo di sintomatologia. Naturalmente per l’attivazione di questa modalità sarà necessario il consenso dell’interessato” .
Il sindacato non ha ancora espresso la sua valutazione su questa svolta, certamente negativa e pericolosa per la difesa dalla pandemia di molti settori popolari.
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