ERGASTOLO E COSTITUZIONE – M.Dellacqua – Fine pena mai? –
Ergastolo, umanità. costituzione. Mario Dellacqua commenta il recente libro di Elvio Fassone, magistrato e senatore. La proposta di legge per il superamento dell'ergastolo sarà discussa in Parlamento "nella settimana di poi, del mese di mai" ? Così il testo.
“Fine pena mai”: è l'espressione agghiacciante tratta dal macabro formulario che nel linguaggio notarile del carcere definisce la nuova identità dell'ergastolano e lo segue in ogni sua peregrinazione da una casa penale all'altra. Prima di approdare al Senato con l'Ulivo, il magistrato Elvio Fassone gli ergastoli li ha dati presiedendo a Torino un processo alla mafia catanese. Ma il Fassone politico opera per cancellare l'insanabile contrasto fra la conservazione dell'ergastolo e il rispetto del principio costituzionale che vuole dalla pena umanità del trattamento e addirittura finalità di reinserimento civile per il detenuto.
E' bastato l'innocuo nonnulla di una lettera spedita con un libro perchè tra il giudice e il condannato si consolidasse un dialogo governato dall'intreccio virtuoso fra la discrezione e la fraternità. Veramente, alle spettacolari ribellioni pubbliche del detenuto, il magistrato aveva reagito seminando l'indizio di risposte pacate e non violente: tanto era bastato perchè il detenuto decodificasse il messaggio e si avventurasse il quel varco segretamente aperto per notare con candida lucidità che “lei mi ha dato l'ergastolo perchè così dice la legge, ma lei nel suo cuore non me lo voleva dare”.
Disperazione pensosa del condannato e vecchio rovello del giudice si incontravano al crocevia più alto, in un portentoso territorio di reciproca libertà dove poteva maturare il silenzio di una parallela conquista: il magistrato che sapeva ma non sentiva, sprofonda nel sentire, proprio come, a sua volta, comincia a sapere il detenuto che non sapeva da dove venisse l'esperienza che sentiva bruciare sulla sua pelle.
Il libro ricostruisce questo originale movimento di emancipazione di cui giudice e ergastolano sono protagonisti. L'uno sale dalla grammatica alla poesia, l'altro lascia l'ampia giurisprudenza per calarsi nell'”aura sanza tempo tinta” della pena inesorabile. Dove si produce il miracolo della revisione. Dove scaturisce l'ambizione del riscatto, il dispetto assurdo della speranza, l'immaginazione di un figlio, la dignità che sa sfidare il Calvario senza spavalderia. “Con tutte le sue ragioni e tutti i suoi torti”, il detenuto scopre “che pena è riconoscer d'esser qualche volta uno di voi – ma qualche volta lo sapete e siete – allora uno di me”.
Disvelando il suo sdoppiamento e la sua frantumazione, il detenuto non approda al suo annullamento civile, ma alla scoperta – nella propria – della fragilità altrui e universale contro la quale vale la pena di lottare sempre, proprio come se la propria umanità non accettasse confini e catene. Come non pensare al “MeTe imprigionato” scritto da Vincenzo Guagliardo nelle medesime condizioni? E come non vedersi rimbalzare nella mente le sorprendenti invenzioni linguistiche che portano Dante a immaginare cosa potrebbe accadere “s'io m'intuassi come tu t'inmii”. Chissà, forse il mondo senza patrie e senza religioni sognato da John Lennon….
Ma per i sepolti vivi – sono 1500 in Italia – la pena non deve finire mai. Ogni timido tentativo di aprire un varco sotto forma di permessi, di semilibertà lavorativa, di condono premiale trova pronta a respingerlo, quasi sempre con successo, una coalizione sghignazzante tra la burocrazia e il popolo delle sale d'aspetto: questa diuturna alleanza in servizio permanente contro il “buonismo”, giudica e condanna con la stessa sommaria compostezza con cui il popolo dei Bar Sport impone la formazione della nazionale azzurra al mister di turno.
Gli interventi legislativi proposti dal senatore Elvio Fassone sono destinati a vita grama. Nell'illuminata galassia democratica, è padrona la saggezza che consiglia di tener duro, di non cedere alle lusinghe umanitarie, di ignorare gli appelli del Papa per l'amnistia, di non scalfire il già malfermo e crivellato edificio della “certezza della pena”. Non è questo il momento. Non ora, dicono, ma non sanno dire quando, perchè vogliono dire mai. D'altra parte, irrisorie percentuali di recidive vengono in loro soccorso. Si sa: l'eco dei cattivi esempi si moltiplica facilmente e soverchia i molti successi che stona valorizzare.
Elvio Fassone non dimentica che bisogna pensare ad Abele e al dolore dei suoi eredi, ma ci invita ad una lettura completa del noto episodio biblico. Segnato dal Signore per non essere raggiunto dalla vendetta, Caino trovò la via del reinserimento e diventò “costruttore di città”. Quelle città che noi stiamo seppellendo sotto una caterva di odio impotente ma distruttivo. Abbiamo ancora bisogno di nutrirci di punizioni ormai inutili, di burocrazie intransigenti e sorde. Abbiamo bisogno di spade che luccicano, di teste che rotolano nel cesto, di violenza che prima tranquillizza e promette di proteggere, ma poi inesorabilmente ci travolge. Mario Dellacqua
ELVIO FASSONE, Fine pena:ora, Sellerio editore Palermo, p.210, euro 14.
Per notizie ulteriori sull'ergastolo in Italia aprire l'allegato.
- La proposta di legge per abolire l'ergastolo_2013
Allegato:
la_proposta_di_legge_per_abolire_lergastolo_2013.doc
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