LA LOTTA COME ALTERNATIVA ALLA VIOLENZA – A.Tridente – immigrazione 12/1/10

Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? Le attività produttive di certi settori sarebbero ferme senza lavoratori immigrati. Il contributo dei lavoratori regolari al Pil nazionale è un fatto consolidato. Per il 2008 è stato valutato al 10% (“Sole 24 Ore”, del 24-5-09).

Consapevoli dell’importanza di questo contributo all’economia italiana, e in risposta ai fatti di Rosarno, il movimento Primomarzo2010 (rappresentanti delle comunità dei lavoratori immigrati) ha deciso per il primo di marzo lo sciopero generale degli immigrati (24 ore), per far capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta ed al funzionamento della nostra società, che non sono un peso, ma una risorsa per questo paese che in troppe situazioni li schiavizza e supersfrutta.

Un paese che li ha abbandonati alla indicente violenza dello sfruttamento, con miseri salari e bestiali condizioni di vita. La ribellione violenta, strumentalizzata – è ormai provato – li ha posti fuori dalla legge. Ma da anni sono fuorilegge  governi e le istituzioni che avrebbero dovuto garantire loro l’applicazione della legge e il rispetto dovuto e le condizioni minime che spettano agli esseri umani, accanto a condizioni civili di ospitalità!

Non sono “ladri di lavoro”, ma lavoratori che svolgono quei lavori che gli italiani da tempo rifiutano di fare. E lo dimostrano nelle quattro regioni del Sud italiano  dove vengono schiavizzati da padroni senza scrupoli, con l’aiuto delle organizzazioni malavitose, regioni dove non sembra esistere legge, mentre è fin troppo evidente l’assenza del governo e delle istituzioni, alla faccia dello scarica barile dell’arrogante leghista Maroni, ministro dell’Interno!

Ma, soprattutto, dov’erano e dove sono i dirigenti sindacali regionali di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia? L’Istat dice che i lavoratori stranieri regolari in Italia sono 4,5 milioni e quelli irregolari sono stimati intorno alla cifra di 442 mila. Gli irregolari saranno certo in numero rilevante nel Sud, ma quale è stato l’impegno per la sindacalizzazione e la difesa dei regolari? La Cisl di Pastore realizzò, negli anni 50, un impresa straordinaria, in analogo non meno difficile contesto in Campania: venne costituito dal centro confederale un gruppo di sindacalisti, con tutti gli “attributi” in regola, per affrontare il grave problema dello sfruttamento delle migliaia di Tabacchine che lavoravano in nero, alla merce di caporali schiavisti e violenti. Con base a Napoli e a Salerno, impiegarono anni ma organizzarono sindacalmente migliaia di donne, regolarizzando contrattualmente quanto era necessario. Altre esperienze in altre emergenze realizzò la Cisl negli anni successivi, che qui sarebbe troppo lungo raccontare.

Ma l’attualità ci dice anche che a Trento la situazione è diversa. Come ci ricordano i quotidiani dei giorni scorsi lì si pagano salari giusti e si trattano i lavoratori stranieri come esseri umani. Perché? Si tratta solo di maggiore civiltà, educazione, consapevolezza? Perché i Trentini sono più che consapevoli che se non si raccolgono le mele da parte di questi lavoratori, le mele Melinda rimarrebbero sugli alberi? Forse si.

In ogni caso, sono ripetibili tali esperienze ed estendibile la situazione trentina? Credo di sì. Adattandola, naturalmente, alla specifica situazione di luogo e di tempo. Sta alla volontà politica della dirigenza confederale promuoverla, anziché chiamarsi fuori con generiche sollecitazioni al governo “perché promuova una inchiesta sui fatti”, come dice Bonanni. Certo, ai tempi di Pastore la situazione era diversa rispetto ad oggi. Ma cosa vuole dire diversa? Che fosse più facile? Non credo. Essere reattivi e presenti è il vero problema. Se l’attualità richiede strumenti e strategie diverse si possono organizzare e adeguare per tempo: studio caso per caso delle diverse situazioni, regione per regione, con risorse e utile apporto di mediatori culturali, strumenti necessari per le specificità dei soggetti umani e culturalmente diversi rappresentati da questi lavoratori.      

Siamo un paese a forte declino demografico e rapido invecchiamento della popolazione. Un paese che, come tutta l’Europa,  ha bisogno di giovani lavoratori, contributori netti degli istituti di assicurazione come l’Inps(7 miliardi, cui 3,2 al fisco) che da tempo ne migliorano i conti e impedendo l’aumento della spesa pensionistica. Questi lavoratori non sono in concorrenza con analoghe classi in età lavorativa(15-24 anni) di lavoratori italiani. Perché, come è noto da tempo, i giovani italiani non fanno più quei lavori disagiati e stagionali, anche perché in quelle classi di età i nostri giovani sono prevalente impegnati nei diversi gradi di scuola.

Il primo di marzo, la loro gridata iniziativa di esseri umani, che non vogliono perdere la dignità e sfuggire alla tentazione della violenza, è da incoraggiare e sostenere senza riserve? Questa giornata di fermata farà vedere quanto vale e pesa il loro lavoro nel nostro paese? Staremo a guardare e li lasceremo soli? Ci chiameremo fuori anche noi?

Mia convinzione è che sarebbe un errore non aderire e sostenerli. Lasciarli soli favorirebbe altre provocazioni che potrebbero esporli alla tentazione di farsi ascoltare imboccando altre strade per difendere la loro dignità. Ricorrere alla violenza è certo sbagliato ma talvolta questa scelta diviene quasi obbligata a chi ha gridato invano, inascoltato, e perché chi doveva intervenire, rispondere con le necessarie, coraggiose scelte, non l’ha fatto.

Se il sindacato sarà al loro fianco, con convinzione e senza riserve, eviterà ogni rischio e provocazione e sarà per i nostri fratelli di altro colore la prova che non sono soli!

Nota – Il movimento Primomarzo2010 ha lanciato su internet  il tam-tam per lo sciopero degli immigrati e che si terrà appunto il 1° marzo. Il movimento si ispira a un omologo gruppo francese, La journée sans immigrés: 24h sans nous, che sta organizzando un identico sciopero degli immigrati nella stessa data. Il colore scelto è il giallo (già usato in altre manifestazioni contro il razzismo), con l’invito a indossare braccialetti o nastri, la testimonial è Mafalda, nel logo del movimento ci sono i volti di otto persone di colore. In diverse città – Genova, Milano, Bologna, Roma, Napoli, Palermo e altre – sono nati dei comitati organizzativi i cui riferimenti sono pubblicati sul  blog (http://primomarzo2010.blogspot.com/ ). Su Facebook il gruppo "Primo marzo 2010 sciopero degli stranieri" conta già più di 11mila iscritti.

 

 

2 commenti
  1. noname
    noname dice:

    A Ivrea stiamo costituendo un "Comitato 1° Marzo" è di una tristezza incredibile vedere il sindacato italiano così incapace di solidarietà concreta. Su Conquiste (Conquiste?) leggo di un convegno a Reggio Calabria organizzato dal Siulp e dalla Cisl con intervento dell’ineffabile Bonanni e, udite, udite… conclusioni del ministro Maroni Quello che dice che Rosarno è accaduto per troppa tolleranza, quello che ha rimandato i perseguitati da Gheddafi. Ditemi che è un brutto sogno, un incubo. Ma questi ipocriti non possono avere futuro: le cose che scrivono negli ordini del giorno delle loro riunioni sono la loro condanna! Sapevano che pesi sono posti sulle spalle dei poveri cristi immigrati e sono andati a banchettare con i persecutori.

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  2. noname
    noname dice:

    La tesi di Roberto Saviano, ma anche di Antonello Mangano autore del libro "Gli Africani salveranno Rosarno, e forse l’Italia" è che gli immigrati siano fra gli ultimi rimasti a lottare per la legalità; perchè l’illegalità la pagano sulla loro pelle. Ricordate il "caso Soria"? Premesso che fino ad eventuale condanna è da ritenersi innocente, si può però dire che per anni nè studenti, nè presidi, nè colleghi si accorsero che non faceva lezione pur percependo lo stipendio. Pare che nessuno (di destra, centro, sinistra) si fosse accorto di una gestione di fondi che possiamo definire almeno disinvolta; poi la magistratura dirà. C’è voluto un povero disgraziato di clandestino, maltrattato da non poterne più, perchè il coperchio fosse sollevato. Un clandestino che ora ha un permesso "per motivi gi giustizia" (deve testimoniare), ma potrebbe essere espulso non appena non servirà più alla nostra giustizia. Nella civile, sabauda Torino c’è voluto un clandestino per ridurre l’illegalità. E si potrebbe fare un discorso interessante su come si sarebbero potuto "utilizzare" i disgraziati che arrivavano a Lampedusa. Utili per conoscere, individuare, colpire le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di uomini e donne: potevano essere alleati e informatori straordinari. Risorse che abbiamo letteralmente "buttato". Succede se si usano i muscoli invece del cervello.

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