Dublino 3 e “dublinandi”
I “Dublinanti”, li chiamano, con un neologismo italiano. “Dubliners”, in inglese. «Gente del Regolamento di Dublino», profughi che hanno attraversato l’Italia, in qualche caso (spesso) si sono ricollocati – senza rispettare la rigida normativa del regolamento Eu 604/2013, noto come Dublino 3 (vedi testo completo in allegato) – in Francia, in Olanda, in Svezia, e poi sono finiti impigliati nella rete Eurodac, la banca dati delle impronte digitali: rispediti indietro. Verso il primo Paese europeo dove sono approdati, e sono stati identificati, nella loro rotta di emigrazione. In molti casi queste persone vengono rimandate in Italia, proprio perché è qui che sono arrivate via mare, o via terra, e qui – impone il regolamento dovrebbero presentare richiesta di protezione internazionale e attendere l’esito della domanda. Da ogni parte d’Europa i “dublinanti” vengono inviati a Fiumicino, più spesso atterrano all’aeroporto di Malpensa». Nella moltitudine di notizie sugli arrivi via mare dei richiedenti asilo e sul dibattito politico da questi innescato, si perdono spesso alcune tessere del mosaico.
«Le regole di Dublino sono preistoria. Voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento a quegli accordi è come dire “realizziamo la comunicazione in Europa con le carrozze a cavalli”. Era un altro mondo, basarsi su quelle regole sarebbe come fare un salto nel Pleistocene» Sono le parole del presidente Sergio Mattarella, in Sicilia, con il presidente tedesco Steinmeier, per spronare la Ue alla collaborazione: «No a provvedimenti tampone e approssimativi. Occorre uno sforzo comune e formule nuove». Vedi articolo allegato
Così pure sono contrastanti con la realtà alcune norme della Legge Bossi-Fini, in particolare gli articoli che impongono l’esistenza di un contratto di lavoro per chi vuole immigrare nel nostro paese. Alleghiamo il recente articolo “Va cambiata la mia legge, il blocco navale è solo propaganda” di Gianfranco Fini, su Il Fatto Quotidiano, che sottolinea “La legge che porta la mia firma e quella di Umberto Bossi va cambiata, ha vent’anni e quindi è datata”.
Dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea arriva una sentenza che contesta la politica del governo francese e in particolare il suo Codice sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo (Cesda). I giudici di Lussemburgo hanno stabilito che Parigi deve applicare la direttiva rimpatri, secondo la quale i migranti sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno devono «beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio» e che «l’allontanamento forzato può avvenire soltanto in ultima istanza». Vedi articolo allegato.
Sul Regolamento di Dublino III, sulle proposte di modifica, tra questa quella principale quella del meccanismo di solidarietà in questione riconoscendo agli Stati la flessibilità di decidere se e in quale misura ripartire il proprio impegno, scegliendo tra la ricollocazione dei richiedenti o la sponsorizzazione dei rimpatri, pubblichiamo il chiaro e propedeutico articolo “Cosa resta di Dublino” della docente Susanna De Stefani, tratto dal sito www.altalex.com
“Adotteremo un approccio umano e umanitario. Salvare vite in mare non è un’opzione. E quei paesi che assolvono i loro doveri giuridici e morali o sono più esposti di altri devono poter contare sulla solidarietà di tutta l’Unione europea… Tutti devono farsi avanti e assumersi la propria responsabilità.” – Discorso della Presidente Ursula von der Leyen sullo stato dell’Unione 2020
<< Con l’insediamento nel dicembre del 2019 di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione europea, si prende atto delle dure ripercussioni che la crisi dei rifugiati, a partire dal 2014, ha proiettato sul Sistema Europeo Comune di Asilo ed in particolar modo sul Regolamento di Dublino, facendo emergere gravi carenze e difetti dello stesso che hanno determinato un’importante frattura a livello europeo nella gestione dei flussi migratori e non solo. È questo uno dei motivi principali che ha spinto la Commissione europea a presentare il 23 settembre del 2020, il Nuovo Patto sulla migrazione e sull’asilo, la cui intenzione, con il richiamo dei principi di solidarietà e di equa condivisione degli oneri, è quella di promuovere una governance più forte ed integrata che renda la gestione degli arrivi più proporzionata, efficiente e sostenibile.
Sommario
1. Il Regolamento di Dublino
2. I fattori di crisi e i tentativi di riforma di «Dublino III»
3. Il Patto europeo sulla migrazione e sull’asilo
4. La proposta di regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione
1. Il Regolamento di Dublino – Il Regolamento (UE) n. 604/2013, meglio noto come «Dublino III», stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. Tale normativa ha trovato una prima disciplina a livello puramente intergovernativo nella Convenzione di Dublino, un trattato internazionale firmato nel 1990 dagli allora 12 Stati membri della Comunità Europea ed entrato in vigore nel 1997, a sua volta confluita, a seguito di un processo di “comunitarizzazione” della materia, nella prima versione del regolamento (reg. 2003/343/CE) noto come «Dublino II».(…) >> per proseguire nella lettura di questo interessante articolo, di due anni fa, aprire l’allegato o utilizzare questo link https://www.altalex.com/documents/news/2021/03/26/cosa-resta-di-dublinohttps://www.altalex.com/documents/news/2021/03/26/cosa-resta-di-dublino
Il sindacato italiano e il sindacato europeo troppo poco fanno, oltre ad allungare la lista di chi richiede genericamente (con comunicati) la modifica del Dublino III senza specificare come. Senza reale solidarietà, in questo caso, verso i migranti che fuggono da calamità naturali (siccità, innondazioni) e quelle ad opera dei governi (guerre) e di frazioni armate, da persecuzioni, il sindacato italiano e europeo devono sapere fare emergere e mobilitare l’antica anima internazionalista, oggi affievolita. La modifica più semplice e più importante per avviare un radicale cambiamento tra gli stati, che il sindacato può formalmente porre, sostenendola con pronunciamenti degli organsimi ai vari livelli, comprese le assemblee sui luoghi di lavoro, risiede nelle ultime due righe dell’art.13, queste “…lo Stato membro in questione è competente per l’esame (cambiare con la presentazione, ovvero il migrante attenderà l’esito dell’esame nel paese dove vuole dirigersi) della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino (cambiare in irregolare) della frontiera.”.
MEMORIA CORTA– I DATI SUGLI IMMIGRATI IN EUROPA SMENTISCONO I TANTI SALVINI – Inoltre il sindacato può essere il primo strumento di controinformazione a livello di massa per rimuovere gli ostacoli della legge Fini-Bossi che ostacolano gravemente la possibilità di aumentare i flussi legali necessari al nostro paese e alla nostra economia, e diffondendo i dati che smentiscono la “vulgata” della destra che racconta il nostro paese come quello più invaso da migranti, cosa non veritiera come dimostrano i dati dell’ultimo rapporto dell’Euua, l’agenzia europea per l’asilo. Vedi link https://euaa.europa.eu/asylum-knowledge/asylum-report e articolo allegato.
Vedi anche articolo correlato sulle molteplici forme di permesso di soggiorno in Italia con questo link https://www.immigrazionebologna.it/2022/09/02/quanti-tipi-di-permesso-di-soggiorno-esistono-in-italia/–
Che cos’è una crisi migratoria? Giuseppe Campesi sul web Il Mulino afferma che << Continuare a considerare il fenomeno migratorio come crisi ci allontana sempre più dalla sua comprensione, mantenendoci ancorati a soluzioni emergenziali che non possono che risultare strumentali e pericolose>>. (…) Stando alle dichiarazioni ufficiali, l’esigenza era quella di dotarsi degli strumenti tecnici per distribuire più efficacemente chi era in arrivo sul territorio italiano, in strutture gestite dalla Protezione civile, aggirando le ordinarie procedure d’appalto per l’apertura di nuove strutture di accoglienza…>> Prosegue con interessanti considerazioni per concludere così <<.. Mi limito qui solo ad alcune considerazioni finali sulla maniera in cui sono tematizzate le cosiddette crisi migratorie. Tali crisi continuano ad essere viste come il frutto della carenza di controlli e della incapacità dello Stato di esercitare il suo diritto sovrano di controllare le frontiere. La risposta alle crisi migratorie è dunque sempre identica a sé stessa, alla ricerca di una impossibile chiusura dei confini che riproduce sempre nuove crisi, nuovi morti in mare, nuova violenza di Stato lungo le frontiere fortificate o nelle zone di contenimento militarizzate. Guardare alle migrazioni attraverso la lente del concetto di “crisi” induce tuttavia a pensare le migrazioni come a qualcosa di eccezionale, come a un’anomalia causata da instabilità e catastrofi che si verificano in un altrove geografico e politico. Le migrazioni sono così destoricizzate e decontestualizzate dalle loro cause strutturali e i Paesi di destinazione condannati a replicare politiche destinate a fallire poiché appunto promettono risultati irraggiungibili. Più che insistere ossessivamente sulla rappresentazione delle migrazioni come crisi, si dovrebbe dunque forse cominciare a tematizzare la crisi delle politiche migratorie. Una crisi più profonda e strutturale che non può essere ridotta alle polemiche scatenate dai periodici aumenti nel numero di sbarchi.>> Per l’intero articolo un clic su questo link https://www.rivistailmulino.it/a/che-cos-una-crisi-migratoria?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+18+settembre+%5B9251%5D
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!