Sindacato di strada

E’ sempre stato difficile incontrare i lavoratori e fare dell’uso della parola uno strumento di libertà per costruire un sindacato di lavoratori e dei lavoratori, cioè dotato di una propria autonomia di pensiero e di azione. “L’autonomia è un modo di pensare, di analizzare, di decidere, di agire, di reagire; è un attitudine che matura nel profondo della coscienza di ciascuno, che si alimenta della capacità quotidiana di rivivere, soffrire, ed interpretare la condizione operaia. Tende a morire quando il legame con la classe lavoratrice si allenta; si esprime nella sua pienezza quando tale legame si rinsalda e si approfondisce. L’autonomia, quella vera, è un fatto di costume e un fatto di cultura”. Tra le tante definizioni di autonomia pensiamo che questa – contenuta nella relazione di Eraldo Crea al Congresso degli alimentaristi (Fulpia Cisl) svoltosi a Montecatini 18-19 aprile 1969 – sia quella che meglio definisce la storia di molte categorie della Cisl negli anni delle grandi conquiste sindacali e sociali del secolo scorso, improntate sui cardini dell’uguaglianza e della solidarietà.

Oggi cosa s’intende per autonomia nel movimento sindacale? La Cisl, quanto si è allontanata da quel concetto e da quella prassi? Si può dire che si è allontanata moltissimo tanto da apparire ..autonoma dai lavoratori, dai milioni di iscritti che pagano la tessera e sono considerati numeri anziché soci che partecipano alle scelte.   

Savino Pezzotta nel recente seminario su Don Milani, svoltosi a Bergamo, ricorda nel suo intervento – come sindacalista e come credente – che la prima eguaglianza è il diritto alla parola << …l’idea di sindacato che Pierre Carniti ci ha radicato nel cuore e nella mente poggiava essenzialmente su due principi: solidarietà ed uguaglianza la cui declinazione concreta è stata generatrice di cambiamenti profondi della condizione lavoratrice e della società italiana. Nasce da qui tutta la stagione dello slancio riformatore del sindacalismo italiano e  la spinta alla realizzazione dello stato sociale come fondamento concreto di un percorso verso l’uguaglianza. Ci si è liberati dal servaggio, dalla rassegnazione, dall’abuso. Ora, se guardo al come oggi il lavoro è considerato e alla sua eccessiva concettualizzazione economicista che lo aliena dalla sua essenza umana e lo rimette in mano al potere economico, mi si intristisco e indigno…La prima uguaglianza da cui possono discendere tutte le altre è il diritto alla parola e ad essere ascoltati, poi viene il leggere e lo scrivere che sono strumenti che reggono e perpetuano la parola. Non credo che sia un caso che il vangelo di Giovanni inizi con una affermazione forte: “In principio era il Verbo” la parola. A volte mi viene alla mente con tormento che anche la politica abbia smarrito il rispetto della parola e soprattutto di quella che sorge dai poveri, dagli smarriti, dalle persone tormentate e ferite dalla guerra, dall’oppressione, dallo sfruttamento, dal respingimento, dall’emarginazione..>>.

Il testo completo è pubblicato su https://savinopezzotta.wordpress.com/2023/10/24/intervento-seminario-su-don-milani-a-bergamo/ e lo trovate anche in allegato..

Baraccotto davanti porta 1 di C.so Tazzoli

Prima delle grandi lotte contrattuali del 1969-70 e dell’avvento dello Statuto dei Lavoratori (1970) che conquistarono lo strumento straordinario delle assemblee retribuite in azienda, è sempre stato difficile, sia nelle grandi aziende sia nelle piccole, incontrare i lavoratori e far prendere loro parola.  Dopo lo Statuto, purtroppo, gli strumenti conquistati (assemblee e permessi) per costruire partecipazione consapevole e decisionale si sono logorati e in seguito il tramonto dell’unità sindacale ha fatto il resto. Com’è  sono utilizzati oggi nelle grandi e nelle piccole aziende?

Le imprese attive presenti sul territorio italiano nel 2020 (dati Istat) sono 4 milioni e 354 mila per un totale di 17 milioni 138mila addetti. Le microimprese con meno di 10 addetti sono quelle numericamente più importanti, rappresentando il 95,13% del totale (circa il 45% del totale degli occupati), contro un 0,09% di grandi imprese. Il sindacato si va vedere? Va a cercare questi lavoratori? La Cisl si è trasformata in un “sindacato di sindacalisti a tempo pieno, a vita” anziché un sindacato di lavoratori?

Pierre Carniti, in una lunga intervista rilasciata a Ilvo Camerini, citata nel libro “Pensare l’impossibile per conquistare il possibile” scritto dalla sorella minore Flo Carniti, utilizza la definizione di “sindacalisti del marciapiede” per far capire il suo essere sindacato nella zona Sempione di Milano; qualche sindacalista dei nostri giorni, tra questi Maurizio Landini, utilizza le parole “sindacato di strada”, per rimarcare la necessità di collegarsi direttamente ai tanti lavoratori non più concentrati in grandi aziende. Alla pagina 63 del libro si legge “ Camerini: In questi tuoi primi anni di sindacalista, con queste condizioni  di lavoro nelle grandi fabbriche milanesi, gli operai li incontravi al sindacato o andavi all’Alfa Romeo, alla Siemens e nelle altre fabbriche!’. Carniti: Non venivano al sindacato. Si andava noi alla fabbrica. Scherzando posso dire che, parafrasando il titolo del noto romanzo di Leo Herlihy, noi sindacalisti di allora eravamo “sindacalisti sul marciapiedi”. Se volevi incontrare i lavoratori, dovevi andare fuori dalla fabbrica, quando uscivano e entravano, e ci parlavi assieme. (…) svecchiando  la cultura sindacale, nel senso che quando iniziai la mia attività, i quadri venivano tutti da vecchie esperienze. Trovai pochi giovani. I dirigenti, i responsabili erano soprattutto gente che aveva acquisito benemerenze in aspetti importanti della vita civile, a partire dalla Resistenza. Ma avevano poca esperienza e poca cultura sindacale, anche rivendicativa. Appartenevano ad una genera­zione che era  cresciuta col corporativismo fascista. Per di più, quelli di matrice cattolica erano cresciuti in una cultura, che parte della Chiesa aveva avuto la responsabilità di diffondere durante il fascismo: che il conflitto è male. Ora, nella società democratica, il conflitto – a patto na­turalmente che possa beneficiare delle procedure di conciliazione, di soluzione – è l’essenza della vita democratica: senza il conflitto c’è il regime. Allora c’era bisogno di innovare un po’ la cultura sindacale. «Dibattito Sindacale» nasce da questa esigenza. E infatti tra i giovani abbiamo avuto successo, nel senso che ha contribuito a far discutere, a far crescere.

Camerini: Fra i giovanissimi, se non ricordo male, c’erano anche Manghi e Antoniazzi, cioè due grandi cislini. Carniti: Premesso che allora c’era un tipo di organizzazione produttiva tecnicamente chiamata fordismo, taylorismo, cioè l’organizzazione del lavoro che, attraverso la catena di montaggio, determina i ritmi del’ attività, allora le cadenze erano molto brevi, nel senso che il lavoro veniva scomposto in mansioni elementari, molto parcellizzate e, se uno doveva mettere una vite, metteva una vite otto ore al giorno al ritmo della catena. Il ritmo della catena era alienante, stressante. Va detto che il lavoro era ed è faticoso anche adesso che non c’è più la cultura tayloristica né quella fordista, che sono state superate. Oggi è molto teorizzato sulla ricomposizione delle mansioni, nell’ottica di rendere il lavoro un po’ più intelligente, un po’ più creativo, in modo da consentire anche qualche compartecipazione; però, salvo alcune eccezioni , il grosso del lavoro manifatturiero è rimasto sostanzialmente parcellizzato.

A Torino, negli anni ’60, con la nuova Fim-Cisl guidata da Renato Davico, Alberto Tridente, Franco Gheddo e altri giovani sindacalisti, si costruirono le Leghe territoriali dotate di autonomia operativa e decisionale, si era costantemente davanti ai cancelli delle fabbriche, sui marciapiedi a dare volantini e fare comizi volanti, nei bar e baraccotti per veloci incontri all’uscita dei turni di lavoro, che erano tre. Tante suole consumate dall’alba alla notte.

La rivista Torino storia, n.83 ottobre 2023, nell’articolo “I baraccotti di corso Tazzoli”, Anna Scotton racconta le iniziative sindacali ante Statuto dei lavoratori, della metà degli anni ’60, quando prese avvio tra la Fim-Cisl e la Fiom-Cgl l’unità d’azione a Mirafiori, utilizzando i gabbiotti-bar antistanti i cancelli delle Carrozzerie di Mirafiori. Vedi in allegato copertina e articolo.  

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