Servizio civile tagliato…leva obbligatoria?
Servizio civile, fondi tagliati. Nella Legge di Bilancio 2024 sono stati tagliati i fondi al Servizio Civile Universale (Suv) ma il fatto è passato pressochè inosservato. I progetti presentati erano per 80.000 giovani ma le risorse stanziate coprono solo 52.000 richieste. Nel 2025 si prevede un ulteriore ridimensionamento. Il lessico governativo assicura l’impegno per trovare risorse aggiuntive. I giovani che nel 2023 che si sono presentati agli esami per un diploma (classico, scientifico o tecnico) sono stati 536.000. Qualche anno fa si puntava a stanziare fondi per 100.000 progetti. I sindacati presentano progetti per le loro strutture ma hanno smarrito una visione globale che sappia coinvolgere anche parte dei giovani classicati come Neet.
Così accade che tra i partiti di destra – particolarmente attivo Matteo Salvini – si rilanci per “fare maturare la coscienza civica dei giovani” l’idea dell’obbligo alla leva militare (sospesa nel 2004) oppure un riordino del Servizio Civile gestito dal ministro della Difesa. I venti di guerra spingono anche altri pensieri come quello di organizzare un corpo di riservisti, come potete leggere nell’intervista del ministro della difesa Crosetto (v. allegato)
Paola D’Amico in “Servizio civile, fondi tagliati“, su Il Corriere della Sera del 23-1-24, scrive << Servizio civile universale, ultima chiamata. Calano i posti a disposizione dei futuri Operatori volontari (Ov). Da 71.741 – cifra record raggiunta con il bando del 2022 grazie ai fondi del Pnrr – a 52.236 del nuovo bando che si chiude il 15 febbraio. E il futuro non si prospetta roseo. L’ultima legge di stabilità, infatti, ha messo a bilancio appena 143 milioni e ciò significa che nel 2025 in teoria potrebbero partire solo 22mila giovani. E allora di «universale» (come lo ha ridisegnato la Riforma del Terzo settore nel 2017) resterebbe ben poco. Questo è stato uno dei temi più caldi all’ordine del giorno dell’ultima Consulta nazionale del Servizio civile universale (Scu).
Una buona notizia, oltre a quelle dell’aumento della indennità mensile per gli Ov da 444,30 a 507,30 euro e dei numeri delle domande già presentate online (20mila contro le 11mila dello stesso periodo dello scorso anno), arriva dalla Cabina di regia del Pnrr che si sarebbe impegnata a trovare ulteriori risorse.
I numeri, al momento, dicono però che per l’anno in corso molti dei progetti presentati dagli enti, pubblici e privati, Comuni, ospedali, Ong, Coop, associazioni grandi e piccole, non decolleranno. Ciò che chiede con forza la Consulta dunque è un impegno a stabilizzare il Servizio civile, a uscire dall’era dell’incertezza e delle «sperimentazioni».
Al Dipartimento delle politiche giovanili sono arrivati da tutta Italia progetti in grado di accogliere 80mila volontari, ragazze e ragazzi dai 18 ai 28 anni. Ivan Nissoli è il rappresentante dei Centri servizi per il volontariato nella Consulta. Dice che ora, nell’immediato della scadenza del bando, sia per la scarsità dei posti ma soprattutto per limitare il numero di chi abbandona il progetto lungo il percorso (fino al 13% dei volontari ogni anno), «vanno aiutati i giovani a presentare correttamente la domanda. Molti non conoscono bene il servizio, c’è chi cerca il posto “col compasso”, il più vicino a casa. Altri sono superficiali, i progetti non li leggono per bene e rischiano di finire come un ragazzo che voleva lavorare con gli adolescenti ma si è trovato in un asilo nido. E ha rinunciato ma il sistema non permette di ripescarlo».
La società tutta deve fare quadrato attorno al Servizio civile, perché è una palestra importante, «sviluppa il senso di appartenenza alla comunità, è una esperienza di cittadinanza attiva», spiega Nissoli. Ma è anche uno strumento utile a orientare o «riorientarsi – conclude – e penso a una ragazza iscritta a Matematica che dopo i 12 mesi di servizio civile in una comunità per donne uscite dalla tratta, si è iscritta a Scienze dell’educazione». Ed è strumento di crescita per la comunità, forma i giovani ma nello stesso tempo sostiene i territori: «Un volontario presente 25 ore alla settimana per un anno è un sostegno importante per molti enti pubblici e non, Comuni, ospedali, ong, associazioni grandi e piccole».
Il servizio civile non va visto come una parentesi nella vita dei giovani, «ma come un’esperienza in cui mettere le basi per il proprio futuro» aggiunge Claudia Fiaschi, presidente di Confcooperative Toscana che ha verificato come il 15% di chi ha l’ha svolto in una delle Coop della rete ha poi trovato subito lavoro e il 40% ha ripreso il percorso di studi interrotto.
Tornando sui fondi, Laura Milani, presidente della Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile (Cnesc), associazione che raggruppa 28 enti a dimensione nazionale, dice: «È apprezzabile lo sforzo del Dipartimento per le politiche giovanili di integrare il bando. Ha usato parte dei risparmi dello scorso anno per portarlo a 52mila posizioni. Il Mef ha poi dato altri 10 milioni. Ma ne rimangono più di 30mila che non verranno finanziate, pari al 37% dei posti richiesti dagli enti in progettazione». E ci sono territori scoperti. In Veneto, per esempio, dove su 13 enti accreditati nella sezione regionale che hanno presentato progetti, ben 10 sono fuori dal finanziamento e stanno pensando di fare un ricorso al Tar.
E sono rimaste sguarnite interamente alcune province, come Belluno. Ma con una interrogazione parlamentare anche alcuni enti dell’Irpinia hanno lamentato che il loro territorio è scoperto. Netto il giudizio del presidente della Consulta Enrico Maria Borrelli che chiede «prospettive certe»: «Confidiamo non solo che si trovino le risorse per permettere anche nel 2025 a un contingente di almeno 50mila giovani di partire, ma soprattutto che si trovi il modo di stabilizzare il Servizio civile su questi numeri».
Insomma, bisogna uscire dalla precarietà, «non si può scoprire di anno in anno – conclude Borrelli – quante sono le risorse. Il Servizio civile ha più di 50 anni, ormai ha rilevato i bisogni, ha tutte le caratteristiche per uscire dalla fase della sperimentazione». E se non si conoscono le risorse a disposizione, i 14mila enti accreditati «fanno un enorme lavoro di programmazione che viene sprecato». >>
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