Servono norme e non patti. Articolo di J. Delors, R. Prodi e G.Verhofstadt. Nelle prossime due settimane si scoprirà se i leader dell’Unione Europea hanno o meno il coraggio di affrontare i problemi economici di fondo dell’Europa. Alcuni stati membri restano tuttora fuori dalla zona euro, ma persino loro non sono al riparo dai rischi di strategie di crescita prive di coordinamento. L’ultima volta che i leader europei si sono incontrati, all’inizio di febbraio, si sono visti rifilare una proposta franco-tedesca per un patto di competitività al quale fu data scarsa attenzione al tavolo delle trattative, tanto per l’indelicato modo col quale fu presentato, quanto per il suo contenuto.
Il fatto è che ora è necessaria un’alternativa. Il governo francese e quello tedesco hanno avuto ragione prendendo atto che l’Europa ha bisogno di una governance economica molto più efficace, e adesso è necessario che i leader si accordino sugli ambiti di cui occuparsi e sui mezzi atti a farlo con successo. Ma ecco l’equivoco. Nella Ue vi è una molteplicità di modelli economici diversi, da quello scandinavo a quello mediterraneo, da quello di economie a bassa imposizione fiscale e alti consumi a quello di economie ad alte tassazioni e bassi consumi. Trovare una formula che funzioni per tutti non è facile, ma tale compito dovrebbe essere appannaggio della Commissione europea, e non frutto di arte divinatoria tra due o tre paesi che impongono un determinato modello agli altri.
La proposta franco-tedesca si basava inoltre su un modello intergovernativo di pressioni reciproche che si è ripetutamente dimostrato inefficace, in quanto privo del rigore e dell’aggiudicazione imparziale necessari a dare buoni risultati. Sia la strategia di Lisbona per la crescita, sia il patto per la stabilità e la crescita si sono rivelati inadeguati rispetto alle aspettative, dato che gli stati membri sono riluttanti ad applicare sanzioni tra loro. Al contrario, la Commissione è stata ideata 60 anni fa proprio per sovrintendere e far rispettare le decisioni prese di comune accordo. Questa è dunque la chiave giusta per affrontare e risolvere la nostra attuale crisi.
Piuttosto che un patto di competitività, i leader europei farebbero bene ad adottare un "atto comunitario" per la convergenza e la governance economica, che dovrebbe puntare a fare progressi nei settori economici più vitali nei quali occorre una maggiore coordinazione e un più stretto allineamento. Tra questi vi sono la riforma delle pensioni, i livelli degli stipendi, i tassi delle aliquote fiscali per le imprese, la ricerca e lo sviluppo, l’investimento nei trasporti, nelle telecomunicazioni e nelle infrastrutture energetiche.
Tenuto conto della grande diversità esistente tra le economie europee, non abbiamo in mente una politica unica, che si presti a ogni situazione, ma sappiamo che occorre un iter chiaro e concorde per convergere verso provvedimenti e misure politiche condivise. Presentare proposte in questa direzione dovrebbe essere compito della Commissione, dopo un dialogo sociale più stretto a livello europeo con i sindacati dei lavoratori e le associazioni delle imprese.
Per ciascuna misura proposta, la Commissione dovrebbe individuare – con l’accordo degli stati membri e del Parlamento europeo – una serie di parametri e di obiettivi che ogni stato membro si senta tenuto a rispettare in uno stesso modo ed entro scadenze fisse. D’importanza fondamentale per questo processo sarebbe far collimare quanto più possibile alcuni obiettivi, come l’età del pensionamento e lo sviluppo di una base fiscale comune per le imprese. Altrettanto potrebbe dirsi dei livelli d’investimento nella ricerca e nello sviluppo, e dei rapporti tra salari e produttività.
Occorrerebbe monitorare da vicino i progressi, e a farlo dovrebbe essere sempre la Commissione, che dovrebbe avere il potere d’esercitare pressioni (ed eventualmente anche applicare sanzioni) in caso di non ottemperanza, proprio come avviene quando si violano le regole sulla competitività o s’infrange la legge del mercato interno. Per gestire questo processo, la Commissione dovrebbe creare un nuovo gruppo di commissari, i cui portafogli si concentrino sulla governance e la competitività economiche. Questo gruppo dovrebbe assumere il comando della situazione e dare una direzione e un nuovo impulso in questo campo, oggi carenti.
L’Ue deve affrontare la questione della governance economica. Ormai non si tratta soltanto di ripristinare la liquidità e la fiducia nel settore bancario, ma di gettare le premesse per un nuovo modello economico che dia all’Europa una nuova competitività globale. È chiaro che se deve essere in grado di superare con successo le notevoli sfide che le sue economie si troveranno a dover affrontare negli anni a venire, l’Europa ha assolutamente bisogno di un piano comune e concertato di azione e intervento per la crescita basato su un alto livello di consensi.
(Traduzione di Anna Bissanti)
Gli autori sono rispettivamente due ex presidenti della Commissione europea ed ex primo ministro del Belgio © FINANCIAL TIMES
Da Il Sole 24 Ore del 4-3-11
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