LIMITI DELLA CRESCITA E L’OCCUPAZIONE – N.Cacace – politica economica –

Oggi si parla di riforme istituzionali ma tutti aspettano il governo Renzi sull´economia e soprattutto sull´occupazione. Ridurre la disoccupazione non sarà facile, anche con uno straccio di crescita, se non si contrastano i limiti della crescita posti dalla globalizzazione. A differenza dei limiti di cui parlava nel 1972 il rapporto del Club di Roma "The limit of growth", i nuovi limiti non vengono tanto e solo dalla "depletion" delle risorse non rinnovabili che non sono infinite, ma vengono dal pil mondiale che continua crescere del 3% l´anno ma con contributi del 6% dei paesi emergenti e giovani dell'1%-2% dei paesi indust riali e vecchi.

Questo è il nuovo limite della crescita. Nel periodo 2000-2013 il pil degli S.U. paese più giovane dell´Europa, è cresciuto dell´1,7% l´anno, quello dell´EU27 dell´1,3% e quello di Italia e Giappone, paesi più vecchi del mondo dello 0,9%. L´andamento degli Ide, investimenti diretti esteri, è stato analogo, con spostamento massiccio degli Ide-in dai paesi industriali a quelli emergenti.

Negli ultimi sei anni il record negativo degli Ide-in sono stati lo 0% del pil in Giappone, lo 0,4% del pil in Italia. Come fanno i paesi industriali a mantenere buoni livelli di occupazione con tassi di crescita così bassi e con la deindustrializzazione accelerata dalla globalizzazione? In due modi, con una terziarizzazione spinta, la produzione di prodotti intelligenti e l´export di servizi è diventato il futuro dei paesi industriali e con politiche di redistribuzione del lavoro, in pratica aumentando la qualità e riducendo le ore lavorate pro capite. L´Italia marcia in opposte direzioni.

La Germania è il caso più emblematico di buone pratiche occupazionali. Nel decennio 2000-2013 ha aumentato l´occupazione, il tasso di occupazione è passato dal 68,4% al 77,1% (dati Eurostat), malgrado una crescita annua del pil di poco superiore all´1%. E malgrado un monte ore annuo ridotto da 60 a 58 miliardi l´occupazione è aumentata essendosi ridotte le ore lavorate pro capite (kurzarbeit e 35 ore)

L´Italia, che ha avuto nello stesso periodo un andamento del pil simile a quello tedesco, 1% l´anno, ha invece ridotto l´occupazione ed aumentata la disoccupazione perché ha seguito politiche anti-occupazione, facendo pagare gli straordinari meno dell´ora ordinaria, non finanziando a sufficienza i contratti di solidarietà –con cui lo Stato rimborsa ai lavoratori la met&ag rave; del salario perso con gli orari ridotti-, aumentando l´età pensionabile a 67 anni senza alcuna possibilità di "progressiv pension" come in Germania ed altri paesi.

Abbiamo cento problemi da risolvere per rilanciare la crescita, riforme istituzionali e della P.A., ristrutturazione dell´industria in senso più hi-tech, rilancio di un terziario asfittico, ma uno sopravanza per importanza tutti gli altri, il rilancio della natalità. Se non riusciremo a passare da 1,3 figli per donna almeno all´1,8 di francesi, olandesi e svedesi, l´Italia seguirà lo stesso processo di declino economico ed antropologico della Roma imperiale, da più di un milione di abitanti a meno di centomila. E la ripresa, se e quando verrà, sarà una jobless recovery, ripresa senza occupazione

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