Legittima difesa in armi
Legittima difesa in armi per un paese aggredito e invaso, per resistere e costruire un compromesso che fermi la violenza e rimetta al centro la diplomazia e il dirritto internazionale per accordi durevoli. La Costituzione tra difesa legittima e ripudio della guerra – Massimo Vallone su Il Manifesto pubblica il suo pensiero, il suo prendere posizione sull’invio delle armi all’Ucraina, perplesso – ricorda – all’inizio dell’invasione. Così inizia. Dopo sei settimane di guerra, città in rovina, milioni in fuga, migliaia di civili morti, notizie e immagini che pensavamo fantasmi del passato, dopo Bucha, anche la Costituzione chiede una rilettura. La guerra in Ucraina, con il suo messaggio di devastazione e di morte, pesa sulla coscienza di molti. Cosa possiamo fare? Sull’invio di armi e sull’aumento delle spese militari c’è polemica.
Dal Fatto quotidiano del 6 aprile un valente costituzionalista come Ainis ci dice che l’aumento delle spese militari è un terreno costituzionalmente neutro, con dei limiti. Ha ragione, e il se e il come si va all’aumento destano molti dubbi. Ma dice anche che la Costituzione impedisce l’invio di armi all’Ucraina. E su questo si può dissentire. Nel primo avvio del conflitto ho espresso su queste pagine perplessità sull’invio di armi, pur pensando che la Costituzione italiana non sia pacifista a prescindere. Ma dopo sei settimane di guerra, città in rovina, milioni in fuga, migliaia di civili morti, notizie e immagini che pensavamo fantasmi del passato, dopo Bucha, anche la Costituzione chiede una rilettura. L’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite richiama il “diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite”. È un diritto di difendersi, sancito con particolare forza (nel testo inglese, “inherent right”). La legittima difesa è consentita fino a quando il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. (…) per proseguire aprire l’allegato.
Luigi Manconi – voce storica dei diritti universali e della libertà come presupposto di pace vera – in “Un’idea pavida di democrazia“, su La Repubblica, così inizia la sua riflessione su “la sinistra e la guerra”. Come sono lontani gli anni beati quando (1966) I Giganti cantavano “noi non abbiamo paura della bomba”. Oggi, non immotivatamente, il timore della guerra nucleare si diffonde anche dove meno te lo aspetti, con esiti imprevedibili. Conoscevo Giorgio Cremaschi come un colto e agguerrito sindacalista, di ispirazione “fabbrichista” – concentrato, cioè, sulla critica dell’organizzazione capitalistica del lavoro – e lo ritrovo in una trasmissione televisiva, che grida: «Io non mi schiero con nessuno dei combattenti. Io odio questi combattenti, tutti, allo stesso modo». Per poi aggiungere: «Naturalmente questo non vuol dire che non dica che Putin è l’aggressore». E ci mancherebbe altro. Resta, infrangibile, quell’affermazione: odio tutti i combattenti. Ne nasce un corto circuito con le parole pronunciate, in altra occasione televisiva, dal sociologo Alessandro Orsini: «Io preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in nome della democrazia […]. Anche perché un bambino anche in una dittatura può essere felice». Credo di non esagerare se dico che queste formulazioni – assai diffuse nel senso comune progressista – costituiscano un acuto punto di crisi del pensiero democratico. Forse, addirittura il ribaltamento di un’intera concezione della storia e del ruolo, nella storia, della lotta, del conflitto sociale, della mobilitazione collettiva. Tutte forme di azione che possono diventare “combattimento” in ragione degli ostacoli che incontrano: innanzitutto la reazione di quanti vi si oppongono con la violenza. (…) per proseguire aprire l’allegato
Gian Giacomo Migone in “Da che parte stai?Dalla parte delle vittime”, su Il Manifesto, così inizia. La propaganda di guerra è sempre più incalzante anche in Italia. Alimentata dagli orrori ormai quotidiani in Ucraina, si traduce in una domanda:da che parte stai? (…) Stiamo dalla parte delle vittime. Vittime dell’aggressione alla propria terra, delle violenze, delle torture, degli stupri, anche delle leve forzate, delle censure da chiunque e contro chiunque perpetrate. Una posizione pacifista, soltanto etica o di principio, che elude la politica? Non direi. Basta indicare, cori nome e cognome ove possibile, i nostri avversari. Sono coloro che hanno compiuto questi misfatti, ma anche coloro che ne favoriscono o consentono il prolungamento nel tempo. La Russia di Putin che ha aggredito e continua ad aggredire l’Ucraina, ma anche il presidente Biden che, definendo il suo collega russo macellaio, da rimuovere dalla posizione che occupa e da deferire alla giustizia internazionale, di fatto ne perpetua il potere e prolunga la stessa guerra. siamo schierati con le vittime, le vittime di tutte le guerre, anche e soprattutto di quelle, ugualmente illegali, che il nostro governo ha condotto o a cui ha fornito armi nella scia altrui, in Iraq, in Libia, in Siria, nello Yemen. Ce ne accorgiamo soltanto ora perché questa volta le vittime sono collocate sotto i nostri occhi, sono europei come noi, difendono una Terra che riconosciamo come nostra; che non intendiamo abbandonare alla mercé di due potenze in declino che, pur in conflitto tra loro, consolidano il proprio potere connivente in una casa europea che è anche nostra.(…) per proseguire aprire l’allegato
Angelo Panebianco, in “Nella sfida all’autocrazia non basta una fiammata”, su Il Corriere della Sera scrive. (…) La leadership americana, assai appannata a causa della rovinosa e ingloriosa conclusione della guerra in Afghanistan, è apparsa di colpo rinvigorita, capace di rivitalizzare la Nato e di mantenere uniti gli alleati. L’Unione europea, a sua volta, sembra per ora in grado di tenere sotto controllo le sue tradizionali divisioni. Inoltre, anche se ancora non è facile comprenderne tutte le implicazioni, la svolta tedesca – il riarmo della Germania per reazione all’imperialismo russo – è destinata a incidere in profondità sulle relazioni inter-europee. Più in generale, la reazione emozionale delle opinioni pubbliche di fronte alla drammatica interruzione della lunga pace europea, che ha diffuso ovunque insicurezza e senso del pericolo, nonché l’ammirazione dei più per la resistenza ucraina, hanno fin qui dato ai governi l’energia necessaria al fine di contrastare l’imperialismo russo. Ma tutto ciò potrà durare ancora a lungo? Putin non è riuscito a concludere in breve tempo la guerra e ha ricompattato l’Occidente, è vero. Ma la sua idea (che ha in comune con i dirigenti cinesi) secondo cui un declinante Occidente non sia in grado di reggere a lungo la tensione, non sia in grado di restare unito tenendogli così testa efficacemente, potrebbe non essere campata in aria. Per lo meno, sarebbe incauto sostenere già oggi che Putin «ha perso».(…) per proseguire aprire l’allegato
Domenico Quirico in “L’ipocrisia dell’ Onu”, La Stampa, scrive. Questa è una guerra assoluta in cui sono in gioco destini preziosi e definitivi. Abbiamo negli occhi un popolo che si allunga per le strade, e non è una marcia, una ritirata e neppure un vero esodo. È una decomposizione, spettacolo spaventoso prossimo al caos. È obbligatorio prima di tutto che l’Occidente lasci totalmente, assolutamente, minuziosamente il monopolio della bugia, della ipocrisia e perfino delle mezze verità alla Russia, l’aggressore. Non è la quantità di armi che mettiamo in campo e quanto gas risparmiamo che ci darà la vittoria, quella vera, sul tiranno. Sarà il coraggio con cui rifiutiamo qualsiasi sotterfugio e complicità in nome della «realpolitik». Tutto ciò che in qualche modo metta in discussione il comandamento che ci deve distinguere, che cioè l’Uomo merita sempre di restare lo scopo dell’Uomo.L’odio e la pulsione cieca che l’etichetta «occidentale» suscita in diversi fanatismi contemporanei dimostra quanto l’Europa rimanga irrecuperabile per i totalitarismi. Ma questo soltanto se sa annullare le piccole bassezze e le grandi viltà di cui è lastricata la sua tranquillità. Altrimenti gli altri diranno: fiuto in voi il mio stesso odore, siamo uguali. Come osate rimproverami? Perché dire questo? Perché vorrei parlare delle Nazioni Unite e della esclusione della Russia dal Consiglio che si occupa dei diritti umani. Non certo per dire che la Russia non l’abbia meritato per quello che fa in Ucraina, ma per aggiungere un particolare a cui nessuno ha prestato molta attenzione. Preso dalla furia di esultare perché l’Onu improvvisamente sembra risorto, con quel voto largamente maggioritario, dal vergognoso letargo in cui i suoi dirigenti e il segretario generale innanzitutto, con l’inerzia amministrativa sembravano caduti da quaranta giorni a questa parte. No. Il mio scopo non è discutere quello che è stato detto dagli occidentali, tra cui l’Italia, per condannare la Russia meritatamente, ma ciò che è stato taciuto. Ovvero sono andato a leggere i nomi delle nazioni che fanno parte del Consiglio che si occupa appunto delle violazioni dei diritti umani. (…) Raccolgo prove più legate al caso russo, voglio andare subito al reato grosso. Che si chiama dal 2014 Yemen. È lì che il bel principe tenebroso, per spazzar via gli sciiti che hanno preso il potere violando lo «spazio vitale» della monarchia saudita, ha usato gli stessi metodi criminali di Putin in Ucraina. Ovvero bombardamenti indiscriminati, popolazione civile come bersaglio deliberato, violazione di ogni regola di guerra, massacri. Esagero nel paragone? Ci sono anche qui foto e testimonianze dettagliate e indipendenti: ospedali, scuole, città colpite a tappeto dai bombardieri made in Usa di Riad, si dice decine di migliaia di civili morti. Anche lì come in Ucraina, da anni, vediamo bambini condannati a non invecchiare mai. E una strategia criminale che a Putin, per ora, non si può imputare: l’assedio per fame, con il blocco feroce che non lascia passare cibo, medicine, aiuti. Le conseguenze si possono leggere nei dettagliati documenti di accusa delle Nazioni unite e delle sue agenzie. (…) per proseguire aprire l’allegato
Lucio Caracciolo in “Così cambiano gli equilibri planetari:Biden spinge Mosca verso la Cina”, su La Stampa, descrive come l’esclusione della Russia dall’Europa conferma le profonde divisioni culturali. Nasce un continente nuovo, con l’Italia spaesata che segue Berlino e Parigi. Si sofferma sulle conseguenze della fine della pace a tempo indeterminato che è peggio dell’inizio di un conflitto. Riflette sul fatto che l’intesa russo-cinese non si spezza, ma solo per mancanza di alternative. Conclude così. (…) La poesia, terra d’incrocio tra fantasia e realtà, può aiutarci a capire. Massime nella profetica prosa della nostra scrittrice forse più grande, Anna Maria Ortese (1914-98). Dove l’esigenza di realtà, specie l’invisibile, passa per la fantasia. Rivoluzione. Per intenderne il senso, ognuno nella sua libertà, a lei l’ultima parola, tratta da Bambini della creazione.
«(…) Capire, capire alla fine se, dopo mezzo secolo di orrori, e un secolo o due di abbagli culturali, capire se gli uomini più giovani e preparati (…) abbiano inteso finalmente qual è il cuore del problema, il cuore del tempo, il cuore della verità (di questo inferno che attanaglia la storia dal privato al pubblico, dalle coste dove sorge il sole a quelle dove tramonta). E quale rivoluzione ci aspettiamo. (…) Essa riguarda la liberazione degli altri popoli – i popoli muti di questa terra, i popoli detti Senza Anima – dal Dittatore fornito di anima e per di più immortale! – che è il loro carnefice da sempre. Il suo nome (di tale carnefice) è noto, ma non sempre il labbro accetta di pronunciarlo. Come e quando inizierà questa rivoluzione? Non lo so. Ma sarà la più grande, e da essa soltanto ricomincerà qualche speranza.»
Per l’art. 11 della Costituzione, infatti, l’Italia “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ma bisogna leggere anche l’art. 10, per cui “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. E non è dubbio che tra quelle rientri la legittima difesa, norma consuetudinaria richiamata dagli articoli sopra citati. Potremmo dire, in modo sintetico, che la Costituzione con l’art. 11 respinge con nettezza il Karl von Clausewitz “..per cui la guerra è continuazione della politica con altri mezzi”. Chi aggredisce in armi non può avere aiuto, comprensione, tolleranza. Ma per l’art. 10 non condanna chi resiste in armi all’aggressore esercitando il diritto a una difesa legittima. L’aggressore opera un abuso, l’aggredito esercita un diritto. E dunque il sostegno con l’invio di armi all’aggredito che chiede aiuto non equivale a scendere in campo al fianco di una delle parti belligeranti entrambe responsabili di un conflitto comunque da condannare.
Articolo correlato – “L’Italia ripudia la guerra” di Savino Pezzotta https://savinopezzotta.wordpress.com/2022/04/03/considerazioni-attorno-allart-11-della-costituzione-litalia-ripudia-la-guerra/
Note di storia sull’invasione dell’Ucraina che viene da lontano. Nel 2014 la Russia invase e annesse la Crimea. Alleghiamo i commenti del Presidente Obama e del suo vice Biden pubblicati su La Stampa del 20 marzo 2014.
Abbondano le omissioni, le mezze verità che diventano notizie ingannevoli, numerose sono le fake news con tramite immagini. Tutto ciò avviene anche nel mondo ove esiste la la libertà di stampa priva di censura. Come in gran parte dell’Occidente. Nonostante ciò non abbiamo dubbi: tra Putin e i suoi portavoci e il New York Times, scelgiamo il New York Times. E se c’è da scegliere tra continuare la guerra o costruire un compromesso diminuendo i consumi energetici (forti tagli all’acquisto del gas russo), modificando il nostro attuale stile di vita, scegliamo la seconda opzione.
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