L’autunno caldo scrisse quel testo
Cinquant’anni fa la conquista di quei grandi diritti che portano la Costituzione e il sindacato sui luoghi di lavoro.
Nel cinquantenario dello. Statuto dei Lavoratori, su Il Foglio, sono stati pubblicati i discorsi tenuti in quel tempo,1969 e 1970, da Giacomo Brodolini e Carlo Donat Cattin, i ministri del Lavoro che hanno iniziato e portato a termine quella straordinaria Legge. E’ pubblicato anche l’intervento di Piero Ichino, nel 2009 al Senato, in ricordo della figura di Gino Giugni, l’artefice materiale di quell’importate testo legislativo. Tre documenti assai preziosi per la memoria storica. Alleghiamo inoltre due testimonianze dei protagonisti di quel tempo: Giorgio Benvenuto e Luciana Castellina, che ricordano fatti importanti dell’epoca che rischiano di finire nel dimenticatoio.
Giorgio Benvenuto in “L’autunno caldo scrisse il testo”, su Il Manifesto, risponde alle tante domande di Massimo Franchi (…) con alcune sottolineature che oggi, a volte, svaniscono …..
Lei da socialista a chi dà la palma del vero autore dello Statuto: Gino Giugni o Giacomo Brodolini? Tra i due, capisco spiazzandola, le direi Donat Cattin. Perché è vero che Brodolini presentò la proposta di legge nel 1969, ma poi purtroppo morì e fu sostituito come ministro del Lavoro dal democristiano Donat Cattin che ebbe l’intelligenza di confermare Gino Giugni come braccio destro al ministero, dando continuità al progetto. Fu Giugni a trovare le soluzioni pratiche che fecero accelerare l’approvazione dello Statuto. E in più fece anticipare le norme previste nella trattativa nel contratto dei metalmeccanici. Diritto di assemblea, deleghe, diritti dei sindacalisti: tutte quelle clausole contrattuali finirono poi nella legge. Una legge non calata dall’alto ma nata dal nostro impegno unitario.
Il Pci però si astenne: considerava lo Statuto insufficiente. Ci furono pressioni in quelle settimane? Nessuna pressione sul sindacato. Il Pei sosteneva che si sarebbe potuto fare di più ed era contrario al fatto che i diritti previsti dallo Statuto si esprimevano in diritti in capo al sindacato e non ai lavoratori. Fu lo stesso Donat Cattin a difendere anche l’articolo 28: il comportamento antisindacale con decisione immediata del giudice.(…) per proseguire aprire l’allegato.
Luciana Castellina in “Ignorammo l’evento, eravamo proprio extraparlamentari”, su Il Manifesto del 20 maggio, così inizia il suo ricordo e commento. “Riforme o rivoluzione. Una legge al tempo ignorata dalla sinistra radicale. Il timore era di smarrire la centralità che le lotte avevano assunto nella produzione in favore della mediazione politica riformista. Non era per caso che nel ’68-69 ci definissimo «sinistra extraparlamentare»: lo eravamo proprio, sia pure alcuni non molto a lungo il Manifesto-Pdup altri al di là del buonsenso. È un fatto che anche noi quando in Parlamento venne approvato lo Statuto dei lavoratori, il 20 maggio 1970, quasi ignorammo l’evento; e del resto, come si sa, anche il Pci, sia pure per ragioni diverse dalle nostre, prese le distanze dalla nuova legge; e si astenne. Nel cinquantesimo anniversario di quello che ora consideriamo, e a ragione , un evento storico, qualcuno ha messo in rete un articolo che Quaderni Piacentini, una delle riviste più serie dell’epoca, aveva allora dedicato all’argomento, condannando senza mezzi termini la nuova legge come una truffa ai danni dei lavoratori. In capo all’articolo l’anonima mano ha scritto: «Oggi stringiamo i denti per difendere ciò che ne è rimasto». Oggi è in effetti difficile capire come l’intera nuova sinistra abbia potuto esprimere un simile giudizio negativo sullo Statuto dei lavoratori.” (…) per continuare aprire l’allegato
Veramente meritevole questa rassegna che include la pubblicazione su “Il foglio” degli interventi di Donat Cattin, Brodolini e Ichino. Non conoscevo l’episodio raccontato da Benvenuto, che con Carniti convinse Trentin a dire lui a Novella che doveva rinunciare a prendere la parola alla manifestazione dei metalmeccanici. La FLM stava nascendo sgomitando con l’autorità delle Confederazioni. L’intervento di Luciana Castellina mi riporta a certe polemiche sollevate dagli ambienti di estrema sinistra cui appartenevo: ogni avanzata contrattuale o legislativa era accolta come un cedimento (contratto bidone) o come strumento di integrazione subalterna della classi lavoratrici nel meccanismo neocapitalistico. Perciò le riforme come i contratti erano sempre insufficienti. Ma sempre le riforme sono insufficienti. Già Filippo Turati spiegava che le riforme lasciano spazio al malcontento perchè lasciano sempre qualcuno a desiderare. Oggi io penso che anche le rivoluzioni sono insufficienti se non peggio. Il Pci si astenne perchè non voleva con un voto pienamente favorevole apprezzare un risultato che era stato raggiunto con il suo contributo, ma senza ottenere in cambio alcuna legittimazione o riconoscimento. Una vecchia logica: preparo le condizioni di uno scambio politico, ma lo critico se non ne sono ufficiale contraente. Il vecchio vizio sarebbe riemerso nel 1984 con la vicenda della scala mobile. Ciao Mario