LA PASSIONE CRITICA – S.Pezzotta – serve per rifondare il sindacato –

“Bisogna rifondare i sindacati partendo dalla passione critica”. Savino Pezzotta, già segretario nazionale della Cisl Bergamo e parlamentare, traccia un'analisi e chiede una visione e un nuovo ruolo del sindacato che sappia: "dar vita a nuove pratiche di solidarietà o a sperimentare forme di autorganizzazione per rispondere a bisogni fondamentali individuali o collettivi". Di seguito il testo pubblicato su Bergamonews.

Ogni giorno che passa e innanzi alle devastazioni sociali, politiche ed economiche indotte e ampliate dalla crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008, all’aumento della disoccupazione, alla chiusura di molte imprese e dall’assenza di politiche industriali capaci di generare nuovi posti di lavoro, che ha colpito larghe fasce della popolazione e in particolare quella giovanile.

Non accontentandomi della retorica dell’ottimismo e del pessimismo, mi chiedo quando sarà possibile concederci uno spazio minimo di respiro dentro questo tormentone che tende a ridurre tutto a somma zero e a generare pensieri negativi.

Stiamo assistendo a una desertificazione ideale che va oltre il superamento delle ideologie promettenti del nostro passato, ma anche delle sorti progressive promesse dal liberismo globale.

Vi è la necessità di fuggire dal grigiore in cui siamo precipitati. L’uomo è un essere che vive e progredisce solo attraverso pensieri utopici che sono nello stesso tempo profetici, critici dell’esistente e pretesi verso il futuro.

Quando leggo certe cose sul sindacato, mi cadono le braccia anche quando spero non siano vere e che vengano chiarite, per molti di noi la militanza e non il mestiere sindacale è stata un miscuglio di idealità, di concretezza e di utopie. È vero molte volte abbiamo sognato con gli occhi aperti tesi a fare geminare, nella quotidianità del nostro operare, non la perfezione sociale, ma la perfezionabilità che si obbiettivava nella volontà di superare le forme della dipendenza e della subordinazione nel lavoro e nella società.

È questo il tempo in cui bisogna allenarsi a vedere, a ricercare e promuovere in ogni evento quotidiano gesti che inventano la vita, quelle in cui si preannuncia l’incontro, le opportunità e le possibilità. Bisogna che ognuno, secondo le sue possibilità, aiuti al riproporsi della speranza sociale.

Il sindacalismo ha bisogno di essere rifondato, non ha urgenza di regolamenti o di regolazioni normative, ma di riscoprire la dimensione etica dell’agire e rimettere in moto una relazione virtuosa tra utopia e “ passione critica”. Più che frequentare la “sala verde”, che pure deve fare, deve essere in grado di essere punto di riferimento e di forza di quei gruppi informali e spontanei che hanno cominciato a dar vita a nuove pratiche di solidarietà o a sperimentare forme di autorganizzazione per rispondere a bisogni fondamentali individuali o collettivi.

All’interno di questo scenario, presente anche nella nostra provincia, è tuttavia possibile vedere sorgere “pratiche di partecipazione”, fatte da processi collaborativi e di condivisione territoriale che, nel rispondere ai nuovi bisogni delle persone, segnalano le carenze del sistema pubblico e le disfunzioni del mercato e chiamano ad un nuovo impegno.

Pubblicato su Bergamonews – quotidiano on line  19 settembre 2016

 

 

1 commento
  1. Rodolfo Vialba
    Rodolfo Vialba dice:

    La speranza non deve morire.
    Avendo alle spalle la stessa storia e le stessa esperienza di Savino (una vita dedicata alla CISL), come non essere d’accordo con le sue affermazioni e come non essere delusi e preoccupati dall’immagine che di sé offre il sindacalismo italiano e le organizzazioni sindacali che lo interpretano? Come non essere angustiati per le profonde divisioni tra CGIL, CISL e UIL che fanno molto di più di quanto dovrebbero fare per differenziarsi e molto meno di quanto sarebbe vitale fare per ritrovare e costruire ragioni per stare assieme, per i lavoratori che rappresentano anzitutto ma anche per loro? Come non essere inquieti per la perdita di ruolo del movimento sindacale, ridotto a quello del “grillo parlante”, contro la politica della “disintermediazione” e le scelte attuate dal Governo? Come non essere allarmati dalla perdita di iscritti che interessa CGIL, CISL e UIL che certifica la perdita di consenso e conferma la perdita del loro ruolo? E’ vero che CGIL, CISL e UIL sono grandi non tanto per l’immagine che di sé danno i rispettivi gruppi dirigenti, ma per le migliaia di sindacalisti, attivisti e delegati che non vanno in televisione o sui giornali, ma che ogni giorno sono sui loro posti di lavoro e vivono la stessa vita, le contraddizioni e i problemi di tutti i lavoratori. Sono i “santi minori” che ancora rendono credibile il sindacalismo italiano. Ne prendano coscienza i gruppi dirigenti di CGIL, CISL e UIL: loro rappresentano lavoratori e pensionati e come tali non possono vivere una vita diversa dalla loro, non possono inseguire logiche diverse da quella di dare risposte ai problemi che lavoratori e pensionati vivono. Non mi sembra ci siano altre alternative: se CGIL, CISL e UIL non sono in grado di ripensarsi e ricostruirsi in una proposta innovativa ed unitaria, non hanno futuro, e il prezzo di ciò lo pagheranno i lavoratori e i pensionati perché il vuoto che si creerà sarà occupato sarà sicuramente occupato da qualcuno, magari dal populismo e dall’individualismo.

    R. Vialba
    20 settembre 2016

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