La dittatura del “libero”mercato
L’inchiesta di Paolo Griseri “I prezzi esplodono lungo la filiera” (v.allegato) consente una riflessione sulla dittatura del “libero” mercato che impone condizioni assurde economiche agli agricoltori. Per un verso, all’inizio della filiera, l’obbligo dell’acquisto a prezzi elevati, dalle multinazionali, delle sementi che non possono essere autoprodotti. I costi esorbitanti per fitofarmaci e concimi; per l’altro, conferire i prodotti della terra alle grandi catene di distribuzione e grandi magazzini a prezzi inferiori ai costi sostenuti per la loro produzione. Si scrive “libero mercato” ma si deve commentare con un significato ben diverso: strozzinaggio e sfruttamento per opera delle multinazionali dell’agro-alimentare e per norme europee e nazionali che lo favoriscono. Se non si tiene il punto su questi snodi nevralgici della filiera agricola molte forze politiche e sindacali hanno buon gioco a considerare un atto di buon senso la retromarcia dell’Eu che rinvia alla prossima legislatura la definizione delle tappe del green deal e la riduzione dei fitofarmaci nelle coltivazioni. Tanto da far dire a Giorgia Meloni che questa decisione Eu “è una vittoria del governo” e Matteo Salvini esulta per “..aver fermato il diktat ecologista della sinistra”.
E’ indispensabile cambiare le norme e la realtà sopra ricordate che penalizzano e spingono fuori da questo iniquo mercato migliaia e migliaia di piccole e medie aziende agricole, quelle che coltivano decine e poche centinaia di ettari. In questo mercato agisce anche un ben strano “primo contadino” come Genagricola – fondata dalla Generali – la maggiore società agroalimentare italiana in termini di estensione delle coltivazioni e tra le principali in Europa. Per più informazione aprire questi links: https://genagricola1851.net/it – https://www.generali.com/it/info/discovering-generali/all/2015/Geneagricola
Alexis de Tocqueville è stao uno dei pensatori più acuti dell’ottocento francese, uno dei principali teorici della democrazia rappresentativa e liberale, nelle sue riflessioni sulla libertà e sulla democrazia ha sempre messo in guardia e puntato il dito sui rischi della “dittatura della maggioranza” quando questa governa ignorando le minoranze. La democrazia è un mezzo per conseguire obiettivi di uguaglianza, giustizia, di benessere comune e di libertà. Quando da mezzo si trasforma in fine, cambia profondamente il suo significato fino a diventare mero strumento di governare per governare, strumento di gestiore del potere. Il capitalismo si è sviluppato nell’economia moderna seguendo il pensiero del filosofo scozzese Adam Smith (1723-1790). Il padre nobile del pensiero liberale in economia pensava che “il mercato deve essere lasciato a se stesso perché raggiunge automaticamente un equilibrio virtuoso”, in quanto regolato, metaforicamente, da una mano invisibile. Sergio Marchionne, un grande manager affermatosi all’inizio degli anni 2.000, parlando agli studenti di economia e finanza della Luiss, nel 2016, affermava che “..il mercato è privo di etica.. esiste un’avidità del mercato..”.
Nella realtà in cui viviamo la corretta concorrenza che dovrebbe regolare il libero mercato si trasforma in ben altra cosa con l’intervento e la prepotenza della finanza speculativa, del fare i soldi con i soldi e non con il lavoro, con l’agire delle lobby di ogni tipo, con le imposizioni più svariate fino all’agire di interessi concatenati con mafie e camorristi. Infine le norme regolatorie per l’agricoltura europea (PAC) e nazionale favoriscono le multinazionali, le grandi aziende penalizzando le piccole e medie imprese.
I nodi gordiani, esistenti all’inizio e alla fine della filiera dell’agricoltura, sono stati posti al centro della protesta degli agricoltori manifestata con la “rivolta dei trattori”, ma sono POI finiti ai margini delle decisioni Eu e governative, anche per questo sono emerse – con gli incontri a Palazzo Chigi e gli inviti ritirati per il Festival di Sanremo – le “anime diverse” che hanno promosso la clamorosa protesta, come ben sottolinea Fabrizio Garbarino in “ La rabbia degli agricoltori nasconde un mondo diviso” su Il Manifesto, che così inizia << Quello che colpisce partecipando a una qualsiasi delle tante manifestazioni degli agricoltori di questi giorni non è la dimensione dei trattori – tutti molto grandi e quasi di una sola marca – ma l’assenza di qualunque bandiera delle tre organizzazioni professionali agricole cosiddette «maggiormente rappresentative, Coldiretti, Confagricoltura e Cia. La rinuncia del mondo agricolo alla delega è il primo segnale visibile del malessere che si è andato accumulando nel corso degli anni e che di tanto in tanto esplode..>>.
Così conclude Garbarino << Coldiretti, Confagricoltura e Cia grazie al fatto che accentrano le complesse pratiche agricole tengono in ostaggio le aziende e pretendono di rappresentarle. Le manifestazioni di questi giorni dimostrano che non è più così, se mai lo è stato. Ora si deve passare a un sistema di elezione che faccia sentire la responsabilità del mandato e che incarni le differenti istanze agricole. È la prima condizione, indispensabile per cominciare a cambiare davvero.>> Il testo completo lo potete leggere con con questo link https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/02/08/la-lezione-della-rivolta-dei-trattori-lecologia-sara-contadina-e-popolare-o-non-sara/
La protesta degli agricoltori, esplosa dal basso, è un ulteriore segnale dell’anchilosata democrazia delegata che caratterizza i cosiddetti corpi intermedi – grandi associazioni e sindacati – che dovrebbero meglio delle Istituzioni essere collegate al sentire popolare. Ma non è più così, da tempo! E’ prassi normale che le decisioni assunte dalle associazioni di categoria e intercategoriali avvengano SENZA fare partecipare i propri associati.alle analisi e alle decisioni. Così pure avviene per la gran parte dei sindacati dei lavoratori e dei pensionati.
Così stanno le cose. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato, venerdì 9, i rappresentanti delle principali associazioni agricole: Cia-Agricoltori Italiani, Coldiretti, Confagricoltura, Fedagripesca e Copagri. Sono stati scaricati i coordinamenti spontanei di “ribelli” che avevano rivolto contestazioni anche aspre alle loro associazioni. Scaricati anche dal palco del Festival di Sanremo, dopo essere stati pubblicamente invitati: si è trovato l’espediente di fare leggere una brevissima sintesi di una loro lettera da Amadeus. Alleghiamo il testo integrale che pochi hanno pubblicatto.
Quei due nodi gordiani (prezzi-costi iniziali e finali della filiera) ben difficilmente si possono risolvere con iniziative messe in campo dalle sole associazioni dell’agricoltura, che come abbiamo visto in genere si rinchiudono in una logica difensiva corporativa. La filiera dell’agricoltura deve sapersi collegare a quella dell’agro-alimentare, possibile se si opera per costruire una indispensabile alleanza tra: produttori agricoli – logistica e trasformazione dei prodotti – consumatori. Ovvero un’alleanza strategica tra sindacati degli agricoltori e quelli confederali che rappresentano milioni di lavoratori e pensionati. Indispensabile anche per affrontare i problemi epocali della transizione climatica. Con una simile alleanza s’imbocca la strada che consente di operare – per la grande rappresentanza che si esprime – come “soggetto politico” per confrontarsi con un peso rilevante verso le multinazionali e il governo.
In questa prospettiva servono le rilessioni di Famiano Crucianelli e di Lucio Gavazzoni in “La protesta dei trattori un’occasione persa” che così inizia << Il ritiro del regolamento sui pesticidi di Ursula von der Leyen vuol dire «Incentivi e libertà di inquinare»: così i gattopardi del potere riaffermano la sostanza e la natura del sistema..>>. E di Emiliano Brancaccio “Il capitale nelle campagne” che così inizia << Se Marx potesse guardare i trattori che oggi marciano sulle metropoli, noterebbe che la sua «legge di tendenza» verso la centralizzazione dei capitali sta agendo nell’agricoltura con una ferocia persino superiore che altrove.I dati della Fao mostrano che nel mondo la piccola azienda agricola a conduzione familiare resta numericamente rilevante,..>>. Pubblicati su Il Manifesto del 19 febbraio e qui allegati.
Il Dataroom di Milena Gabanelli e Francesca Basso, su Corsera, “I trattori, le regole e la contestata catena dei prezzi” raccoglie i dati principali per comprendere con più cognizione di caua il conflitto in atto sull’agricolura. Bruxelles ha accolto alcune richieste dei «rivoltosi» dal produttore allo scaffale, in Italia pesa il sistema delle aste al ribasso. l’imposta media sui redditi è di 133 euro. Vedi allegato.
Raffaele Morese in “Fuori dal coro, per il futuro dell’agricoltura” sottolinea <<..Purtroppo le organizzazioni di rappresentanza storiche italiane hanno fatto flop. A partire dalla Coldiretti. La più grande e storica associazione del settore è stata contestata alla pari della UE e del Governo. C’è un mondo contadino che non si riconosce in quello che hanno fatto finora queste organizzazioni. E la critica più feroce è stata che hanno lasciato che le grandi aziende dell’agroindustriale facessero man bassa dei contributi europei (…) Un’alleanza tra salariati agricoli e consumatori non si è ancora vista. Una tra coltivatori e cittadini non si è ancora sviluppata. Una tra produttori piccoli e grandi con il sistema della grande distribuzione sta facendo ancora incerti passi. Altro modo per tutelare il futuro dell’agricoltura italiana non c’è…>> Conclude così <<In stagioni in cui, da ragazzo, passavo lunghi periodi in campagna e la gente era veramente povera, la coltura principale veniva alternata dalle colture che restituivano alla terra sostanze organiche, buone per far rendere molto la produzione dell’anno successivo. Ora, si sopperisce a questa naturale rigenerazione con arature sempre più profonde e concimi sempre più dannosi anche per la salute dei produttori e dei consumatori. E se è vero che i conti non tornano comunque, vanno individuate nuove strade, nuove alleanze, nuovi soggetti. Se ciò non avverrà, la logica della corporativizzazione della società metterà radici profonde. Sempre di più si affermerà il convincimento che soltanto con le maniere forti, si diventa più ascoltato, più tutelato, più rispettato. Ma siccome vale per l’agricoltura ma anche per altri settori della realtà produttiva e sociale del Paese che il cambiamento sia inevitabile, rinunciando ad affrontarlo in tempo e con gradualità, ci troveremo, prima o poi, ma sicuramente a dover decidere di essere più poveri o più condannati a fare precipitosi mutamenti dei nostri stili di vita e delle nostre attività economiche e sociali. >> Il testo completo con questo link https://nuovi-lavori.it/index.php/morese00/
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