Poco prima dell’inizio del referendum all’ex-Bertone sono successe cose impreviste ma molto logiche, come lo smarcamento delle RSU Fiom dalla fissità della linea della Fiom nazionale. Dopo la valanga dei sì sono ascoltati i commenti più “originali” per spiegare la decisione assunta all’unanimità dalle RSU per il Sì a far valere gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori anche all’ex-Bertone.
La Fiom Nazionale e Torinese avevano scommesso di poter aprire uno spiraglio diverso ( migliorativo) alle Officine di Grugliasco potendo contare sulla grande maggioranza delle RSU e degli iscritti: una fabbrica Fiom da sempre, quindi non condizionata – pensavano – dalle incertezze e cedimenti tipici dei sindacati «riformisti e cedevoli». E’ andata ben diversamente perché prima la loro base ( iscritti e lavoratori) ha influenzato le Rsu , poi queste hanno tratto la conseguenza come ha lucidamente evidenziato il leader di fabbrica della Fiom Viola ( vedi intervista allegata).
Il Manifesto che da tempo ha scelto di essere il principale sostenitore della linea Landini ( mettendo la sordina a quanto sostiene la minoranza guidata da Durante, circa il 30% del Direttivo Nazionale) ha esaltato la decisione delle RSU Fiom come “la mossa del cavallo” ripescando le ben note argomentazioni di Foa, dando visibilità alle dichiarazioni « un atto di legittima difesa» di Maurizio Landini e di « Il sì una vera genialità operaia» di Giorgio Airaudo.
C’è materiale in abbondanza per avviare una nuova e coraggiosa riflessione. Ma perché quando le riflessioni fatte da Pino Viola sono state fatte da altri, esempio da RSU della Fim o della Uilm a Pomigliano o a Mirafiori, sono state trattate come atteggiamenti di subalternità se non di servilismo? Perché le tregue imposte da Marchionne con “ordini di servizio” trasformati in accordi, perché era difficile sfuggire, sono stati descritti ben più brutti di quanto già lo fossero?
Perché si plaude alle Rsu della Fiom che con il loro Sì sono state capaci di « togliere il colpo alla pistola puntata contro di loro» e lo stesso ragionamento non è valso per le RSU che ha Pomigliano (aggravamento della crisi perdurante tra i sindacati metalmeccanici) più modestamente non volevano che rimanesse nelle loro mani “il cerino” della responsabilità di consegnare solo alle mafie locali ed alla camorra la possibilità di offrire occupazione in quel tormentato territorio campano?
Solo faziosità, pur sempre legittima? Oppure anche grave miopia politica e di analisi complessiva? Che è cosa ben più grave se unitamente ai fatti di Grugliasco la Fiom nazionale ha il coraggio di riesaminare la vicenda di Melfi per l’applicazione dell’Erga Usa e la lettera critica inviata, e resa pubblica, da 11 Rsu della Fiom di quello stabilimento.
Infine, non da oggi, gli acccordi sindacali si sono conclusi con più o meno forti ricatti. Da oltre vent’anni la prerogativa di negoziare esclusivamente su piatatforme solo presentate dal sindacato è venuta meno, le piattaforme ora le impongono i padroni, spesso con "un prendere o lasciare" se dispongono dello scacchiere operativo internazionale. Di questo si discute ancora troppo poco e per questo tardano i rimedi, che – piaccia o meno – non possono che essere di matrice e di convergenza unitaria.
In allegato alcuni articoli per avviare la riflessione
Allegato:
Ora il Lingotto deve trattare_Campetti_4-5-11.doc
Ex Bertone_Cremaschi e Marcegaglia.doc
Tre interviste sulla svolta delle RSU Fiom_Cronaca Torinese.doc
Camusso diffida della via giudiziaria.doc
Bellavita_Fiom Nazionale.doc
Bertone e Melfi.doc
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