Come finire la guerra

La distruzione dell’Ucraina, le famiglie disperse, i tanti orfani e muilti, la logorante guerra di trincea sono la conseguenza dell’insipienza politica di due grandi potenze (Stati Uniti e Russia) che non hanno il coraggio di prendere atto del loro declino; da tempo non sono più gli uni il faro della democrazia dell’Occidente, gli altri la speranza del sole dell’Avvenire. E’ tempo di porre fine – dopo la necessaria eroica difesa dei primi mesi – all’inutile massacro su entrambi i fronti, sia quello dell’aggredito, sia quello dell’aggressore. Nei cinque articoli allegati, Jeffrey Sachs, Gianni Cuperlo, Adriano Sofri, Michele Corrado e Matteo Bortolon, scrivono cose poco note sulle quali riflettere per dare forza al dovere di iniziare i negoziati e porre fine alla sanguinosa guerra che divide sempre più i popoli dei paesi belligeranti e nel mondo.

Come finire la guerra, Biden ha un dovere: avviare i negoziati. – Jeffrey Sachs, è una voce controcorrente e lavora per la Columbia Univesity. Sul Fatto Quotidiano ha esposto il suo pensiero critico verso l’assenza di negoziati. <<Per la quinta volta la Russia propone una nuova trattativa e le sue richieste sono discutibili, compresa la ridefinizione dei confini. Gli Stati Uniti devono dismettere la strategia neocon e sedersi al tavolo (…) >> . Riavvolge il nastro della storia per riasumere i punti salienti ( dimenticati da molti!) dall’inizio della guerra nel Donbas (2014) fino ai nostri giorni. In conclusione dell’articolo – tutto da leggere – sottolinea << Sì, i confini dell’Ucraina saranno ridisegnati come risultato di 10 anni di guerra, della situazione sul campo di battaglia, delle scelte delle popolazioni locali e dei compromessi fatti al tavolo dei negoziati.>>. vedi allegato

Anniversario del D-Day in Normandia – Giugno 2024

Kiev non è «la nostra Normandia», l’Europa moltiplichi gli sforzi per la pace. Gianni Cuperlo, deputato Pd, ha pubblicato il 7 giugno su Domani, un analitico articolo che così inizia << Il titolo sulla prima pagina di Repubblica «Kiev, la nostra Normandia» può forse soddisfare gli animi più irriducibili nell’idea che la Russia vada sconfitta sul campo di battaglia. Ma se credessimo nel pericolo di una nuova minaccia nazista, avremmo l’obbligo di immaginare un intervento immediato della Nato anche al costo di un dispendio spaventoso di vite. Anche solo ipotizzare uno scenario simile è un atto di irresponsabile follia...>> vedi allegato

Tenere alla vittoria di Kyiv ma tenere di più alla vita. Il dramma dei renitenti. Adriano Sofri su Il Foglio del 27 giugno, così inizia << Sbaglia di grosso chi pensa all’ucraina come a un caso periferico, singolare e anacronistico. In Ucraina sono successe due cose, in ordine di tempo, apparentemente opposte. La prima, decisamente straordinaria – così da sembrare “ottocentesca”, da “primavera dei popoli”: la corsa volontaria alla difesa del paese invaso dalla Russia di Putin. Una ressa agli arruolamenti, che si era dovuta frenare per la mancanza di equipaggiamenti, uniformi, armi, addestramento. La seconda, a distanza di oltre due anni: la fuga dagli arruolamenti, la renitenza alla leva, la diserzione. In mezzo sta un esercito professionale, quello su cui mostrano di contare tutti i paesi europei, che in Ucraina si era formato a partire, dal 2014, dal conflitto per il Donbas, ma è stato presto superato dalla portata del conflitto dopo l’invasione del febbraio ‘22. Oggi, dopo essere stata troppo a lungo, sia pur comprensibilmente, trascurata o sottaciuta, la crisi della mobilitazione militare è al centro della discussione pubblica nel paese e fuori (…).>>. Conclude con questa riflessione << La guerra postmoderna si pretendeva un confronto di tecnologie sofisticate, ed è venuto il 7 ottobre ed è venuta Gaza e all’Ucraina è toccato di condurla come in un mattatoio del ’14-’18. I dispotismi sanno tenere in riga le loro truppe. Le democrazie no. Non così, almeno. Certe dedizioni alla difesa del proprio territorio nelle democrazie sono relegate alla recita delle bandiere e delle bande paramilitari degli stadi di calcio.L’Ucraina, i suoi leader, la sua gente, stanno facendo i conti angosciosi con questo paradosso: nec tecum nec sine te. Una sorte amara ha messo gli uni contro gli altri gli uomini del fronte e gli uomini fuorusciti. Se e quando i leader dell’Ucraina decidessero di sciogliere la loro impossibilità a costo della propria stessa idea dell’onore, andrebbero solo capiti e rispettati.Gli altri, gli alleati, quelli stanchi, irritati, infastiditi, quelli sarcastici – dovranno farli anche loro quei conti. La diserzione non è gratis.>>

Ucraina: il “buio”… oltre la siepeMichele Corrado*, sul sito http://www.laportadivetro.it scrive <<…In una interessante intervista al prof. Ivan Katchanovsky (ucraino con passaporto canadese, docente all’Università di Ottawa) apparsa sul quotidiano La Verità di ieri, 29 giugno, oltre ad inquadrare storicamente la situazione dell’Ucraina ed a far comprendere che cosa sta accadendo, l’accademico rilascia un fondamentale retro-messaggio (per noi europei continentali), sulla difficoltà di superare la situazione attuale. Nella realtà, nelle operazioni militari, a qualsiasi livello, prevale chi ha maggiore capacità e motivazione. L’Ucraina non possiede queste due caratteristiche in quanto: 1) i suoi abitanti – al di là della propaganda – non sono particolarmente disposti a combattere e morire (almeno molti di loro);2) le sue capacità militari sono esclusivamente sostenute da Paesi occidentali. Tuttavia si è determinato il protrarsi di una situazione di equilibrio sul campo, dove i russi non riescono a prevalere e gli ucraini non sembrano collassare, il che sta cristallizzando il mantenimento di uno stato di indeterminazione a livello tattico (delle truppe sul terreno), che porta allo “sfinimento” dei contendenti senza una risoluzione definitiva….>>  *Col. (aus.) Esercito Italiano    il testo completo qui https://www.laportadivetro.com/post/ucraina-il-buio-oltre-la-siepe

I creditori di Kiev hanno detto noMatteo Bortolon sul Manifesto del 29 giugno, scrive << Il 10 giugno scorso, all’indomani delle elezioni europee, l’opinione pubblica stava digerendo il risultato e la farraginosa macchina Ue già pensava alle complesse negoziazioni per la nomina della nuova Commissione. Nessuno immaginava seriamente che sarebbe mutata la politica filo- Nato degli attuali vertici, ed infatti due eventi lo marcavano in maniera significativa, anche se il faro mediatico puntato sulle elezioni li ha messi in ombra: la Conferenza per la Ricostruzione a Berlino (11-12 giugno) e il G7 in Italia (Comunicato del 14 giugno). Ma il testo che – assai più sul piano sostanziale – forse marca un certo cambiamento del vento non l’ha letto nessuno. È una comunicazione della Borsa di Londra datata 17 giugno. In questa si dà notizia che le negoziazioni fra Kiev e i creditori per raggiungere un accordo su uno sconto sul debito ucraino sono fallite. E sarebbe urgente raggiungere un risultato entro il 1 agosto. Non c’è molto tempo. Ma perché tale scadenza? E quali conseguenze comporta?…>> vedi allegato

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