CLASSISMO IN CLASSE – A.Momigliano – scuola pubblica –
Anna Momigliano sostiene che la scuola attuale, in particolare la sua didattica alimenta la diseguaglianza e argomenta in "Il classismo in classe” sulla rivista Studio. Premette di non condividere gran parte dei giudizi espressi per bocciare il ddl Buona Scuola, ora definitivo. Chi si oppone bollandola come “liberale, liberista ergo iniqua, affossatrice del baluardo di eguaglianza della scuola pubblica” non sembrerebbe accorgersi che “… però che la scuola italiana sia già iniqua, che tenda già a perpetrare, anziché correggere, le disuguaglianze sociali…così com’è ha un problema enorme di classismo. È una questione di didattica e di forma mentis, dimostrabile dati alla mano, davanti a cui, salvo qualche rara eccezione, il dibattito sull’educazione ha finora tenuto gli occhi chiusi. In tutto questo la Buona Scuola non peggiorerà il problema, né lo affronta, tutt’al più potrebbe migliorare la situazione facendo cadere qualche paletto ideologico, che non è molto, ma è già qualcosa. Sorprende allora che la questione della disuguaglianza scolastica, altrimenti ignorata, venga sollevata adesso, e per giunta a difesa del modello attuale..”.
Anna Momigliano cita i perentori giudizi negativi espressi da sinistra. Riprende le valutazioni di chi pur non utilizzando il termine classismo pensa che la vecchia didattica abbia un peso rilevante nel favorire le classi sociali più abbienti, benestanti.
Si legge. La scuola italiana dunque è classista. «Non lo chiamerei classismo, perché è un termine ideologico. Ma posso confermare che c’è una correlazione elevatissima tra livello culturale dei genitori e i risultati scolastici», racconta Andrea Gilardoni, professore di filosofia al liceo Cremona di Milano e coordinatore di tirocinio di un corso di abilitazione per i docenti della Statale. (…) Paolo Ragusa, formatore del Centro Psicopedagogico per l’educazione di Piacenza, attribuisce in parte il problema all’«età anagrafica della classe docente, ancora in prevalenza proveniente da una cultura esplicitamente o implicitamente classista (la scuola non è per tutti, che vada a lavorare!). Porre in alternativa lavoro e studio è classista (…). Ma soprattutto, scrive Ragusa, la questione nasce da un’impostazione dell’istruzione dove «conta di più ciò che viene fatto fuori che dentro il tempo scolastico».
In altre parole, in Italia l’immobilità sociale comincia dai banchi e i figli delle famiglie più svantaggiate faticano molto rispetto ai figli dei laureati, perché si fanno tanti compiti a casa e perché, oltre a essere tanti, i compiti sono più importanti nell’economia scolastica. Sembra strano? Non è soltanto Ragusa a pensarla così. (…)
L’articolo cita dati dell’Istat e dell’Ocse su questa problematica.
Anna Momigliano conclude con una domanda-risposta. Così.
Ora, cosa c’entra questo con la riforma scolastica? Quasi nulla e forse tutto. Il ddl Buona Scuola si occupa poco di didattica e si concentra più che altro sull’aspetto organizzativo dell’istruzione, prevedendo l’assunzione di alcuni precari, ma non di altri, una maggiore autonomia ai presidi e la possibilità di finanziamenti privati. Non sta scritto da nessuna parte: cari insegnati, date meno compiti a casa, concentratevi più sul lavoro in classe, così l’estrazione sociale dei genitori farà meno differenza. La Buona Scuola risolverà forse altri problemi, ma non quello del classismo. Il dibattito intorno a essa però potrebbe essere un primo passo per cominciare a ragionare anche sulla cultura didattica. Perché se la scuola si può cambiare, anche solo a livello organizzativo, allora significa che non è intoccabile, che è caduto il tabù, che si può dire che la scuola non è perfetta o che è vecchia.
Se, come sembra, la riforma sarà approvata, potrebbe passare anche il messaggio che la scuola può e deve essere cambiata, che non esiste alcun simulacro di eguaglianza da proteggere. Magari, con un po’ di fortuna, potrebbe anche passare il messaggio che in una società dove la mobilità sociale è praticamente inesistente, forse la scuola così come l’abbiamo conosciuta non è parte della soluzione, ma parte integrante del problema.
In allegato l'articolo “Classismo in classe” di Anna Momigliano www.rivistastudio.com
Allegato:
classismo_in_classe_anna_momigliano.doc
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