Una rivolta con le mani legate

Francesca Romana in “Una rivolta con le mani legate” su il sito www.il9marzo.it descrive con chiarezza i problemi e la storia recente per cui la rivolta sociale, un movimento popolare di massa che dal basso sostenga idee e proposte a forte respiro unitario, non ci sarà (…) . A seguire il testo con molti link (in grassetto attivabili con un clic) che ben documentano e integrano l’articolo.

Mentre il mondo è distratto dal ritorno di Trump (o, al massimo, dalla Germania che non sa più darsi governi stabili) e segue con sempre meno attenzione un paio di guerre, in Italia tira aria di rivolta sociale. Questo è il termine usato da Maurizio Landini in vista dello sciopero rossoblù di fine novembre contro la manovra, e questo ha scandalizzato, come se fosse una minaccia da prendere sul serio, alcuni commentatori di destra che hanno anche rinfacciato al segretario generale della Cgil un recente adeguamento salariale; usando però un argomento che gli amici di Sbarra fanno meglio a non toccare, né per il presente (qui le buste paga di Landini e qui un estratto parziale della  dichiarazione dei redditi “Anas più Cisl uguale 130.957” per il 2023, cioè prima degli aumenti di quest’anno raccontati su questo blog da Comma 22 che dovrebbero portare il totale a € 146.300,42) né per il passato, quando Landini pubblicava le sue buste paga fin dai tempi della Fiom, e contemporaneamente la Cisl espelleva Fausto Scandola per aver raccontato la verità sulle retribuzioni di Via Po 21 e il mancato rispetto delle indicazioni del regolamento.

Ma la rivolta non ci sarà. Anche perché la Cgil è stata troppo brava a legarsi le mani negli anni passati per potersele sciogliere ora che ne avrebbe bisogno.

La prova viene dal contratto dei dipendenti pubblici (funzioni centrali), rinnovato appena in tempo per scadere alla fine dell’anno. Qui i sindacati si sono divisi fra filo-governativi e anti-governativi e, in forza della norma elaborata con l’impulso determinante della Cgil, hanno vinto i “filo”, accettando una proposta che va sotto il segno del “piuttosto che niente è meglio piuttosto” (un 6 per cento, più o meno, di aumento, che non recupera tutta l’inflazione ed è inferiore all’8,5 che hanno avuto, e subito, i dirigenti della Cisl): Mentre il fronte “anti” e rossoblù non ha firmato, più o meno con le stesse motivazioni ma traendone conclusioni politiche opposte. Proprio perché la divisione è politica, prima che sindacale.

Solo che questa volta la Cgil, che aveva voluto la legge sulla rappresentatività per far valere il proprio peso e tacitare il dissenso, si trova nella parte del dissenziente tacitato perché il fronte filo governativo “Cisl più autonomi vari” ha fatto poco più del 50% di rappresentatività, e può imporre la propria scelta a chi non la condivide.

E così alla Cgil sarà di fatto preclusa la possibilità della rivolta contro il “piuttosto” meglio del “niente” che arriva dal contratto.

Intanto, nell’America dove vincono Trump ed Elon Musk, continuano gli aumenti contrattuali a due cifre (alla Boeing gli iscritti hanno appena approvato, non all’unanimità, una proposta del 38% in quattro anni, dopo uno sciopero di quasi due mesi). Perché quando le mani sono libere, non c’è bisogno né di fare la sponda al governo, né di minacciare fantomatiche rivolte sociali.

Basta che il sindacato faccia il proprio mestiere, e la differenza sui salari si vede. >> Francesca Romana per il9marzo.it

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