Sud:più occupazione, meno salario
Sulla spinta del Pnrr che termina nel 2027 cresce l’occupazione al Sud più che al Nord. Ma paradossalmente, spiega il direttore della Svimez, Luca Bianchi, su Il Sole, «i flussi migratori dal Mezzogiorno non si sono ridotti e sono anzi cresciuti: 175mila giovani tra il 2022 e il 2024, con una componente di laureati che è passata da metà a due terzi. È vero che sale la quota di laureati sui nuovi occupati, ma se il principale settore di assorbimento è il turismo (34%, +36mila occupati tra il 2021 e il 2024) seguito a poca distanza dalle costruzioni (12,6%, +13mila), è evidente che esiste un problema, perché chi esce dall’università è spesso sottoccupato rispetto alla formazione acquisita.»
Carmine Fotina in “Sud, l’occupazione sale ma con salari in calo del 10% in quattro anni ” su Il Sole del 28 novembre, così inizia «Ancora un anno di effetto Pnrr, poi il Mezzogiorno tornerà a crescere meno del Centro-Nord. Il rapporto annuale della Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, conferma che la spinta dei fondi del piano europeo è determinante per i cinque anni, a partire dal 2022, in cui l’economia meridionale avrà battuto quella del resto del Paese. Per il 2025 la stima è del Pil in crescita dello 0,7% contro 0,5% nel 2025, per il 2026 dello 0,9% contro 0,6%, mentre dal 2027 si tornerà ai più consueti rapporti di forza (0,6% contro 0,9%) ed in gran parte per l’esaurirsi della spinta di progetti Pnrr a forte contenuto di investimenti pubblici, con la filiera dell’edilizia in primo piano.
È vero tuttavia che anche altre dinamiche hanno avuto il loro peso in questo sorpasso quinquennale del Sud: la minore esposizione dell’industria meridionale agli shock internazionali, come la recessione tedesca, l’accelerazione di spesa in chiusura del ciclo dei fondi europei 2014-2020, la ripresa del turismo e dei servizi che incidono di più in una macroarea a minore tasso manifatturiero rispetto al Centro-Nord. Il corollario, con l’insidia di rappresentare un dato potenzialmente fuorviante, è l’aumento dell’occupazione, anch’esso più alto al Sud. Il dato secco dice che tra il 2021 e il 2024 gli occupati nelle regioni meridionali sono aumentati dell’8% contro il 5,4% del Centro-Nord e il 6,1% nazionale.(…)
La crescita immatura di questi anni, con un mercato dell’occupazione dinamico soprattutto in settori a più bassa produttività, si riflette dunque nella bassa qualità del lavoro di chi resta, come dimostra la dinamica dei salari orari reali, diminuiti al Sud del 10,2% in quattro anni rispetto al -8,2% del Centro-Nord. I lavoratori poveri – quelli che, secondo la definizione Istat, nonostante siano occupati, rischiano di cadere in povertà a causa di retribuzioni orarie troppo basse, o perché svolgono lavori precari o a tempo parziale – sono aumentati di 60mila unità, fino a rappresentare il 19,4% del totale dell’area, in tutto 1,2 milioni di persone, cioè la metà del dato nazionale. C’è una questione occupazione dunque all’interno della stessa crescita del lavoro registrata al Sud in questi anni. (…) L’articolo completo in allegato
E’ inusuale e ben strano che sul quotidiano della Confindustria, Il Sole 24 ore, si leggano valutazioni sullo sviluppo e sulle prospettive per il Mezzogiorno più preoccupate, meno ottimistiche di quelle espresse da un sindacalista, come sono state quelle del ex-segretario generale della Cisl Luigi Sbarra – da pochi mesi cooptato nel governo Meloni, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Sud, con a disposizione un consistente organico ministeriale. Le dichiarazioni sono state rilasciate nel corso del recente convegno “Connessioni Mediterranee”, a Reggio Calabria. https://calabria7.news/attualita/sbarra-il-mezzogiorno-traina-la-crescita-italiana-grazie-alla-strategia-del-governo-meloni-foto/?

Per conoscere le cause del ritardo economico e sociale del Mezzogiorno rispetto alle regioni “ricche” del il nord e del centro italia, e altri paesi europei, serve ricordare la storia dell’Italia meridionale. Non sempre e’ stato così! Quali sono state le scelte – o mancate scelte e errori – compiute dall’avvento della Repubblica? Quali le pesanti eredità del passato? Pesano ancora e quanto?
Pino Ippolito Arminio racconta “La storia dell’Italia meridionale” nel suo recente libro – presentato dalla Miniera culturale in periferia il 27 novembre, a Torino – nella sua ricerca individua sette fatti fondamentali che hanno impedito a quei territori di svilupparsi come quasi tutti gli altri paesi europei. Capire i motivi del ritardo e’ una delle condizioni primarie per porvi rimedio, uscendo da dibattiti politici semplificati o retorici, non di rado venati da pregiudizi anche razzisti.
L’analisi di Ippolito inizia dalla fine del 1700: il primo degli avvenimenti che a suo giudizio ha “zavorrato” lo sviluppo del Mezzogiorno è stato il tragico fallimento della “Repubblica partenopea” che si ispirava alle idee rivoluzionarie francesi. Proclamata nel gennaio del 1799, dopo la fuga dei Borbone e l’ingresso delle truppe francesi, durò poco, crollò per la resistenza delle forze sanfediste guidate dal cardinale Ruffo e per la scarsa partecipazione popolare. Seguì una grande repressione con la decapitazione (impiccagioni) di tutto il gruppo di intellettuali e di borghesi, protagonisti della rivoluzione repubblicana. Si determinò un vuoto di “borghesia imprenditoriale” che impedì al Regno del Sud l’aggancio con la nuova era industriale – il capitalismo – segnata dalla crescita vertiginosa dell’industria e dei commerci, nella quale la borghesia imprenditrice sostituì il “vecchio regime” della monarchia, basato sull’assolutismo dei re e il potere dei nobili, con le loro rendite parassitarie.
“Storia dell’Italia meridionale” è un libro scritto per sollecitare il dibattito e la ricerca di scelte necessarie per un riequilibrio dello sviluppo delle aree meridionali con quelle più avanzate del paese e dell’europa, basato sulle condizioni per la valorizzazione del motore imprenditoriale e sulle politiche istituzionali per elevare le condizioni sociali, la qualità della scuola e della formazione per i giovani, una sfida che va giocata da tutti perché se il sud avanza e vince le sue battaglie, tutta l’italia avanza e ne trae beneficio sociale e economico.
In allegato le pagine del capitolo “Il Mezzogiorno nella Repubblica italiana” e l’indice

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