QUANTO VALE LA CHRYSLER? – T.Ferigo – Marchionne e Veba –
Riportiamo in allegato la sintesi di due articoli sul New York Times e quello del Wall Street Journal con relativo commento su Il Foglio, riguardanti la trattativa, o meglio, il contenzioso in corso tra Sergio Marchionne e il sindacato americano dell’auto, UAW, sul valore delle azioni Chrysler. Riassumiamo per sommi capi la storia della questione di cui Sindacalmente ha già dato informazioni e commenti.
Nel 2009 ,quando sia GM e Chrysler furono dichiarate in bancarotta, dopo faticose trattative e con l’intervento determinante del governo Obama,furono raggiunti per entrambe le multinazionali un accordo. Per la Chrysler, la cui situazione era estremamente grave, l’amministrazione Obama concluse che la miglior chance per la sopravivenza dell'impresa era trovare un partner estero. Furono contattati diverse case automobilistiche, si ebbe qualche rifiuto e venne accettata la disponibilità di FIAT. Le ragioni sono note. FIAT non era presente negli USA e la Chrysler necessitava di tecnologia innovativa che la casa torinese era in grado di fornire. Sergio Marchionne amministratore delegato di FIAT divenne anche CEO di Chrysler.
Una consistente quota azionaria, il 41%, era in possesso di un fondo pensionistico-sanitario il VEBA. L’alleanza sembrò funzionare bene con beneficio di entrambe le aziende. La Chrysler si riprese al pari di GM e Ford, e non è azzardato, alla fine della fiera, dire che FIAT, in difficoltà in Europa, sia stata salvata dalla Chrysler e non viceversa. Nessuno dubita che le due aziende abbiano bisogno una dell’altra e che l’intenzione di FIAT di acquisire tutte le azioni sia la condizione necessaria per la fusione.
Ma qui cominciano i problemi. L’accordo, che a parere dell’esperto finanziario del NYT, fu redatto in modo assai confuso, prevede che FIAT goda della priorità di acquisto per una consistente quota delle azioni controllate dal VEBA. Ogni sei mesi. Il prezzo dovrebbe essere determinato da una formula contenuta nell’accordo per rispecchiare il valore dell’azione se fosse quotata sul mercato. Ma l’estrema complicazione della formula pare non permettere una univoca valutazione, in altre parole non ha funzionato bene. Quando la FIAT annunciò nell’estate scorsa la sua offerta la sua valutazione del valore era un terzo di quella del sindacato. Veba portò il contenzioso alla corte di giustizia dello stato del Delaware. Il giudice ha emesso una giudizio che lascia in sospeso proprio il punto chiave: la formula permette a FIAT di usare perdite non ordinarie per ridurre il prezzo che dovrebbe pagare e di non considerare guadagni similari che lo farebbero aumentare? La formula non è chiara e alcuni termini usati nell’accordo si prestano ad interpretazioni diverse. Naturalmente il VEBA propende per la seconda ipotesi. L’accordo inoltre prevede che la formula scompaia nel caso che le azioni vengano messe in borsa. A quel punto il prezzo sarebbe stabilito dal mercato azionario. Il VEBA pare intenzionato a procedere in questo senso e di mettere all’asta parte del suo stock.
Ma la FIAT vuole acquisire la totalità del pacchetto, condizione necessaria per la fusione. Parrebbe sensato che, per evitare la possibile azione del VEBA, tratti un prezzo più alto di quello da lei proposto. Ma questo non è successo: Marchionne definito a Detroit il “giocatore” fa una mossa provocatoria e rischiosa nello stesso tempo ,sollevando non poca sorpresa e dubbi negli osservatori finanziari. E’ risaputo che S. Marchionne ami il gioco delle carte. Non si sa se sia abile nello scopone scientifico ma certo non manca di spregiudicatezza nel poker. Il suo pezzo forte è il “bluff” ed è anche ammirato per questo persino in ambito sindacale. In che cosa consiste l’azzardo questa volta. Lo spiegano i due articoli di cui riportiamo le sintesi.
Vedi i quattro allegati
Allegato:
sintesi_articolo_di_floyd_norris_del_nyt_ott_2013.doc
articolo_di_jack_ewing_herald_tribune_ott_2013.doc
le_azioni_veba_jenkins_wsj_ott_2013.pdf
negli_states_si_scopre_la_trappola_ruggeri.pdf
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