Prima votiamo e poi…
Gli inviti a disertare le urne da parte di chi governa, da rappresentanti di corpi intermedi, risuonano stonati perché si allontanano dai principi costituzionali incentivando l’astensionismo, un tarlo della partecipazione. L’esercizio del voto non è un obbligo ma un diritto da esercitare per salvaguardare la democrazia. Invitiamo a ritirare le 5 schede, riconsegnandole alle urne tutte con una scelta:un sì, oppure un no, oppure bianca, seguendo il proprio orientamento sociale, culturale, sindacale e politico. Tre dei quesiti sono temi di grande pertinenza sindacale da affidare per un possibile successo all’iniziativa unitaria sindacale, dalla quale oggi siamo lontani.
La Cgil e la Cisl hanno scelto negli ultimi tempi di caratterizzare la propria identità con iniziative legislative (4 referendum per la Cgil, la legge sulla partecipazione alla gestione e agli utili per la Cisl) assai incerte nel loro esito conclusivo di merito: i referendum per la difficoltà a raggiungere il quorum dei partecipanti e la maggioranza dei consensi; la legge sulla partecipazione per lo svuotamento di contenuti già subiti per gli emendamenti votati alla Camera. Inoltre tali iniziative, specialmente se non sono unitarie, oggettivamente si politicizzano con sintonie convergenti con l’opposizione (o parte di essa) parlamentare oppure pro governo. Questa è la realtà che rischia di far pesare poco gli oltre 12 milioni di iscritti alle tre grandi centrali confederali italiane. Dobbiamo con tenacia rimontre la china, ricostruendo unità d’azione per rilanciare l’unità sindacale
L’Associazione Prendere parola, con presidente Savino Pezzotta, ha iniziaito la dissusione del documento-volantino che qui riproduciamo invitando i nostri lettori a farlo circolare con i prpri social e mailing. Ecco il testo
Prima votiamo e poi…al mare, in montagna o in campagna
Domenica 8 e lunedì 9 giugno i cittadini italiani sono chiamati al voto su cinque referendum popolari in materia di disciplina del lavoro e cittadinanza.
1 -Licenziamento illegittimo e reintegra nell’impiego originario – Con il quesito n. 1 si mira ad abrogare le disposizioni del D. Lgs. 23/2015 (Jobs Act), che determinano nelle aziende con oltre 15 dipendenti, per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 – stimati in oltre 2,3 milioni – il non diritto al reintegro nel posto di lavoro anche qualora un giudice riconosca l’assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. La proposta referendaria intende eliminare questa disparità con i lavoratori assunti ante 7-3-2015. Il Jobs Act ha ridotto la casistica per la reintegra obbligatoria: ora è prevista solo per licenziamenti discriminatori, antisindacali, nulli o inefficaci perché comunicati oralmente, oppure quando il giudice accerti l’insussistenza del fatto contestato al lavoratore. In alternativa, il lavoratore può richiedere un’indennità sostitutiva di 15 mensilità.
2 – Lavoratrici e lavoratori delle piccole imprese – Il secondo quesito punta ad abrogare per le piccole imprese, con meno di 15 dipendenti, il limite massimo dell’indennizzo economico previsto (6 mensilità) per i lavoratori licenziati senza giusta causa, anche qualora un giudice non reputi fondato il licenziamento.
3 – Contrasto al precariato – Il quesito n. 3 propone di abrogare la norma che consente di avviare un rapporto di lavoro a termine per un periodo fino a 12 mesi senza indicare alcuna causale. I contratti a tempo determinato riguardano, dati 2024, oltre 2,8 milioni di persone.
4 – Sicurezza infortunistica e assicurazione sul lavoro – Il quesito n. 4 mira a conseguire la responsabilità solidale dell’azienda committente (appaltante) per gli incidenti sul lavoro con l’azienda appaltatrice e sub-appalto. Attualmente la responsabilità del committente è limitata ai rischi “generici” e non a quelli “specifici” dell’appaltatore[1]. Il quesito mira a consentire ai lavoratori e alle loro famiglie di ottenere un risarcimento contrastando la prassi dell’affidamento a soggetti (appalti e sub-appalti) privi di solidità finanziaria o non in regola con la normativa sulla sicurezza, rafforzando così la prevenzione degli incidenti.
5 – L’ultimo referendum riguarda i tempi per ottenere la cittadinanza italiana per gli stranieri non appartenenti all’Ue: si punta a scendere a 5 anni di residenza legale in Italia, rispetto ai 10 attuali. Un quesito di civiltà che riconosce a chi vive stabilmente in Italia la possibilità di non passare anni in un limbo con meno diritti.
Invitiamo tutti ad andare a votare…prima di andare al mare, in campagna o in montagna.
Gli inviti a disertare le urne da parte di chi governa, da rappresentanti di corpi intermedi risuonano stonati perché si allontanano dai principi costituzionali incentivando l’astensionismo, tarlo reale della partecipazione. C’è sempre da riflettere su quanto accadde nel referendum del 1991 (Referendum Segni per una sola preferenza dei candidati) con l’invito del capo di governo, Bettino Craxi, di “andare al mare” anziché alle urne.[2].
Invitiamo a ritirare tutte le schede, riconsegnandole alle urne. Alcuni quesiti sono ben chiari come conseguenze positive per i lavoratori e per i cittadini dopo un eventuale successo elettorale (es. cittadinanza, corresponsabilità dell’azienda appaltante), altri quesiti (sull’abrogazione di norme del Jobs Act) sollevano non pochi dubbi su ipotetici miglioramenti per i lavoratori. Sul quesito n.1 già l’indecifrabile e lungo quesito fa capire che non è materia da referendum; se vincesse il “sì”, si ritornerebbe alla Legge Fornero con una riduzione del limite di indennizzo per i licenziamenti ingiustificati a 24 mensilità, anziché le 36 mensilità vigenti. Così pure il quesito 2 che si affida per determinare le giuste mensilità a avvocati e tribunali.
Andiamo alle urne, ognuno voti come gli consiglia il suo orientamento sociale, culturale, sindacale e politico. Sono temi di grande pertinenza sindacale da affidare per un possibile successo all’iniziativa unitaria sindacale, dalla quale siamo oggi lontani per le scelte della Cgil e della Cisl di avere ancorato le loro identità a bandiere legislative (4 referendum e legge di partecipazione) assai incerte nel loro sbocco di merito, con un percorso che oggettivamente si politicizza (a scapito dell’unità sindacale) con sintonie pro opposizione e pro governo. Questa è la realtà sindacale e dobbiamo con lena e tenacia operare per costruire unità d’azione rilanciando l’unità sindacale.
[1] Il rischio generico è quello che grava sul lavoratore nello stesso modo in cui colpisce gli altri lavoratori, indipendentemente dall’attività avorativa svolta; il rischio specifico è quello derivante dalle particolari condizioni dell’attività lavorativa svolta (si pensi, ad esempio, all’utilizzo di un particolare solvente chimico in uno spazio confinato).
[2] Era il 9 giugno del 1991 quando più di 29 milioni di italiani si recarono alle urne per esprimere il loro parere sul referendum Segni per la preferenza unica sulle schede elettorali. Il 62,6% degli aventi diritto, che resero valido il referendum, non accolsero l’invito del capo di governo, Bettino Craxi, di “andare tutti al mare”. Fu l’inizio della fine di quella maggioranza governativa e dello stesso Craxi.
Articolo correlato di Gaetano Quadrelli “Un contributo al dibattito Referendum dell’8-9 giugno, la tagliola del quorum“. Vedi allegato, sono 17 cartelle con documentazione tratta da Magistratura Democratica (11 cartelle), da Il Sole 24 ore, dal documento-volantino Prendere parola, dalla Cisl, dalla Cgil, dai partiti.
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