L’elefante nella stanza!?!

“L’elefante nella stanza si chiama fiscal drag…”. Chi l’ha detto? Il copyright sull’elefante appartiene simbolicamente a Pier Luigi Bersani, che spesso usa questa metafora: il detto inglese “an elephant in the room”, un elefante nella stanza, si riferisce all’avere un grande problema. La frase sopracitata è stata pronunciata dalla Segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola, introducendo i lavori del XX Congresso della Cisl, a Roma, il 16-19 luglio 2025.

Nella relazione “Il coraggio della partecipazione” di Daniela Fumarola, a nome della segreteria confederale, al capitolo UNA POLITICA DEI REDDITI ESPANSIVA

Si legge << (…) Non da oggi chiediamo una nuova politica espansiva dei redditi, fondata su metodo, equità e concertazione. Si tratta di intervenire su prezzi e tariffe, contrastare la speculazione, rinnovare tutti i contratti pubblici e privati, ridurre la pressione fiscale sulle fasce più deboli ed evitare l’aprirsi di un divario crescente e inaccettabile tra l’andamento dei prezzi e quello dei salari e delle pensioni. Negli ultimi tre anni l’inflazione non ha inciso in modo uniforme sulla società italiana: pensio­nati e lavoratori dipendenti ne hanno certamente risentito più di altri gruppi sociali. Anche i pensionati, il cui assegno è indicizzato solo in parte all’inflazione, hanno subito una perdita significativa, soprattutto a causa dei rincari nei beni essenziali come alimentari, ener­gia e trasporti. L’effetto combinato di retribuzioni stagnanti e meccanismi di adeguamento incompleti ha aggravato le disuguaglianze e aumentato la fragilità economica delle fasce a reddito fisso, colpendo in particolare ceti medi, famiglie monoreddito e anziani. Il sistema impositivo deve essere più equo e redistributivo, alleggerendo pensionati e lavo­ratori dipendenti.

L’elefante nella stanza si chiama fiscal drag: un meccanismo che in questi anni ha drenato decine di miliardi, erodendo i risultati dei rinnovi contrattuali, l’alleggerimento del cuneo fiscale, l’adeguamento delle pensioni.

In un contesto di inflazione elevata come quello degli ultimi anni, l’incremento nominale degli stipendi e delle pensioni spinge lavoratori e pensionati in scaglioni fiscali più alti senza un reale aumento del reddito disponibile. Questo meccanismo colpisce in particolare il ceto medio e le fasce più deboli. Secondo stime recenti, ciò ha comportato, nel solo biennio 2022- 2023, una perdita netta di centinaia di euro l’anno per milioni di contribuenti.

È ora di aprire un tavolo negoziale per restituire ai lavoratori e ai pensionati quanto trattenu­to, riconoscendo il loro contributo alla sostenibilità dei conti pubblici.

Occorre proseguire nella riforma fiscale: aumentare le detrazioni per i redditi fino a 60 mila euro, ridurre la seconda aliquota dal 35% almeno al 32%. Serve una fiscalità che incentivi cresci­ta e produttività, abbattendo ulteriormente il carico fiscale sui premi di risultato, aggiornando gli indicatori per la defiscalizzazione, tassando di più le grandi rendite immobiliari-finanziarie e gli affitti brevi.

Occorre un fisco “amico della famiglia”, con una revisione sistematica di detrazioni e dedu­zioni, concordata col Sindacato, mirata a sostenere natalità e fasce più fragili.

Le detrazioni e le deduzioni fiscali a favore delle famiglie italiane rappresentano un elemen­to centrale del sistema tributario, con un valore complessivo che supera i 50 miliardi di euro all’anno, secondo le ultime stime del Ministero dell’Economia. Tra le principali misure figurano le detrazioni per figli a carico, le deduzioni per spese mediche, istruzione, mutui e le agevolazioni per la previdenza complementare. Il sistema attuale tende, però, a favorire maggiormente i nuclei con redditi medio-alti, in quanto si basa principalmente su detrazioni dall’imposta lorda, che penalizzano le famiglie incapienti o con redditi molto bassi.

Per rendere queste misure più efficaci ed eque, sarebbe opportuno riformare il sistema delle detrazioni e deduzioni con un duplice obiettivo: da un lato, aumentare il sostegno per i nuclei a basso reddito, anche attraverso crediti d’imposta rimborsabili; dall’altro, razionalizzare le voci attualmente esistenti, semplificando le procedure e migliorando la trasparenza.

Un’ipotesi percorribile potrebbe essere l’introduzione di una “no tax area familiare” modu­lata in base al numero dei componenti, che ridistribuirebbe in modo più progressivo il carico fiscale. Inoltre, si potrebbe legare maggiormente una parte degli incentivi fiscali a spese che

favoriscono la coesione sociale e il benessere dei minori, come l’accesso alla formazione, ai servizi per l’infanzia o all’abitare, contribuendo così a sostenere realmente la natalità e la qua­lità della vita familiare.

L’assegno unico va ulteriormente potenziato e allargato alle famiglie composte da chi pro­viene da altri paesi, come richiesto dalla Corte di Giustizia europea. Vanno potenziate le detra­zioni per spese sanitarie, istruzione, affitti, figli a carico, e alleggerito il carico per i redditi bassi.

La rigidità fiscale non deve bloccare produttività né scoraggiare chi contribuisce alla cre­scita del Paese.

Serve una lotta all’evasione fiscale più efficace: sanzioni più dure, nuovi accertamenti, banche dati integrate, controlli potenziati anche tramite Intelligenza Artificiale. Molto è stato fatto, ma restano 80 miliardi annui di ricchezza sottratta: un danno per le fasce deboli, un regalo ai furbi.

Al Governo chiediamo più equità, e zero ambiguità. Meno propaganda su condoni e rotta­mazioni, più redistribuzione. L’evasione è un furto ai danni dei lavoratori e dei pensionati, che non possono essere gli unici a finanziare welfare e servizi.

In Italia, la gran parte del gettito IRPEF è versata da lavoratori dipendenti e pensionati, che in­sieme rappresentano circa l’85-90% del totale dei contribuenti IRPEF. Secondo i dati più recenti del Ministero dell’Economia, i lavoratori dipendenti contribuiscono per circa 55% del gettito complessivo, mentre i pensionati per circa 35%. Al contrario, autonomi e altri redditi residuali (come affitti o rendite finanziarie) pesano molto meno, pur godendo spesso di un sistema fi­scale più frammentato e meno trasparente. Questo squilibrio evidenzia un’asimmetria struttu­rale: il carico fiscale grava soprattutto sulle categorie con redditi fissi e tracciabili, mentre è più difficile da applicare e controllare su altri redditi, contribuendo anche al fenomeno dell’evasio­ne. In questo contesto, emerge con forza l’esigenza di una riforma dell’IRPEF che ne riequilibri la progressività, riducendo il carico sui redditi medio-bassi da lavoro e pensione, e rafforzando il contributo delle rendite e dei redditi più elevati (…) >>.

Quando soffia l’inflazione, tutti ci troviamo sullo stesso mare agitato, ma con tante barche diversamente equipaggiate, chi avverte poco o nulla e chi riceve in faccia le onde…..

La Cisl ha esposto queste analisi e proposte alla Cgil e alla Uil? Come contributo per definire una richiesta unitaria per avviare un rigoroso confronto – la dirigenza Cisl preferisce la parola “dialogo” – con il Governo. Non sono state recepite? Non c’è stato un incontro? Insomma cosa è stato fatto…

Nelle interviste di Daniela Fumarola – dopo il Congresso di Luglio – l’efficace metafora dell’elefante si è dileguata e si cita il fiscal drag solo per rimarcare “…il contributo dato dai lavoratori e dai pensionati per risanare i conti pubblici”, il che fa dubitare che esista una Cisl di congresso e una Cisl di governo con parole e priorità ben diverse.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *