La protesta dei trattori
La protesta degli agricoltori è in atto da tempo in tutta europa, ora si manifesta con i trattori contro una politica europa decisa senza aver mai consultato prima i diretti produttori agricoli, e di ciò ne sono ANCHE responsabili le grandi organizzazioni sindacali di categoria. Da tempo erano ben evidenti i segnali politici di questa protesta in occasione di elezioni politiche: ultimo caso l’Olanda. In queste settimane i trattori sono diventati i protagonisti: sfilando lentamente sulle principali arterie stradali, bloccando l’ingresso delle autostrade e porti, presidiando piazze storiche, falò. Manifestazioni iniziate in Germania, proseguite in Francia e Italia, puntando a Bruxelles dove si decidono le norme per la PAC, la politica agricola comune. La «protesta dei trattori» ha molteplici cause.
Enrico Pugliese in «Alle origini corporative della “rabbia dei coltivatori”», su Il Manifesto, ricorda che <<..Il sistema agricolo europeo si è basato e si basa due fattori decisivi che sono i contributi pubblici e il lavoro super sfruttato del bracciantato agricolo (in larga parte di immigrati). Prosegue <<…La vista di quei trattori e delle enormi macchine agricole costose quanto rumorose mi ha fatto riflettere su cose del passato che si ripresentano ora in chiave nuova…Sono agricoltori perché tali si dichiarano e perché i giornali parlano della «rabbia degli agricoltori». Eppure qualche differenza ci dovrà pure essere tra l’ex-giudice Di Pietro, l’elegante signore presidente della Confagricoltura e il povero affittuario di un piccolo fondo agricolo tutti e tre in piazza…>> Per proseguire nell’interessante analisi aprire l’allegato.
Antonio Di Pietro, che è ritornato a fare l’agricoltore in Molise con la sua azienda di 15 ettari, nell’intervista rilasciata a La Stampa, 31-1-24, ben evidenza con semplicità le ragioni di fondo che da tempo costringono la gran parte degli agricoltori a “produrre sotto costo”, a non poter competere con le mutinazionali che impongono le loro regole. Molte delle manifestazioni sono guidate da coordinamenti senza l’appoggio delle grandi sigle di categorie. A volte apertamente contro di esse!
Manifestazione a Berlino-porta di Brandeburgo – Di seguito l’intervista << Alle tre del pomeriggio Antonio Di Pietro ha appena finito di occuparsi dei pulcini. «Spero per Pasqua di avere i polli. Sa, ci vogliono almeno otto mesi, non come in certi allevamenti dove bastano trenta giorni. Vuole sapere come sta l’agricoltura? Gliel’ho appena spiegato».
Ex garagista, ex metalmeccanico, ex segretario comunale, ex commissario di polizia, ex pm di Mani Pulite, ex leader dell’Italia dei Valori, ex ministro, a 74 anni l’uomo che ha diviso l’Italia tra chi lo considerava paladino della giustizia e chi un camaleontico populista è tornato alle origini. Montenero di Bisaccia, colline molisane: «Lavoro la terra che mi ha lasciato mio padre: olio, vino, grano, orzo. Per me, mia sorella, i miei figli e chi mi vuol bene». Intorno solo appezzamenti coltivati. «Vuol dire che l’amore per la terra è ancora forte, il problema è che non dà più da vivere a nessuno». Vista dalla prospettiva di un pensionato che si diverte a fare un po’ di attività fisica (parole sue), la protesta dei trattori è sacrosanta e per di più appena all’inizio. «Crescerà, si fidi».
Perché ne è così sicuro? «In tv vediamo grandi distese di campi. Una cartolina. La realtà è fatta di famiglie che devono campare con 15-20 ettari».
E ci riescono? «Impossibile».
Lei ci riesce? «Ho una buona pensione e 20 ettari. C’è chi si fa le settimane bianche e chi pota gli ulivi. Io non devo campare, mi diverto, ma i miei colleghi qui sono disperati».
I principali problemi? «Un’infinità. I macchinari sono inavvicinabili. La manodopera non si trova: fatico a farmi potare gli ulivi e le viti. I cinghiali distruggono tutto. Poi, nel Centro-Sud non c’è irrigazione: guardiamo il cielo sperando che piova. Ho una vigna di due ettari, potrei fare 400 quintali d’uva l’anno: sa com’è andata lo scorso autunno?».
Male? «Nemmeno un grappolo. Sono andato a comprare il vino alla cantina. Ma chi deve vivere di quello?».
Non ce la fa. «E non riceve nemmeno un minimo di attenzione. Come si fa a reggere così?».
Chi protesta accusa le multinazionali. «Fanno i loro interessi. Il problema è chi permette che realizzino maxi-profitti alle spalle del sistema produttivo diffuso».
Il governo? «Ma si figuri, cosa vuole che faccia il governo».
Se fosse ministro lei cosa farebbe? «Mi sentirei impotente. A me produrre un litro d’olio costa 12 euro. In giro lo trovo in vendita a 2 euro e 50. Solo le latte costano un euro e 50 l’una. Chi può reggere con questi squilibri?».
I suoi colleghi dicono che è tutta colpa dell’Europa. «Hanno ragione. L’Europa sì che potrebbe fare qualcosa. Invece impone regole uguali per tutti, che siano grandi o piccole aziende, sulle colline molisane o nella sterminata pianura tedesca. Come se tutti potessero produrre le stesse cose, nello stesso modo e al medesimo costo. E poi non ti lascia lavorare».
In che senso? «Siamo costretti a ruotare le coltivazioni. Ma chi ha 15 ettari cosa ruota? Chi ha i cinghiali che devastano tutto? E vogliamo parlare della burocrazia?» .
Parliamone. «Ieri sera è venuto un vicino a portarmi due balle di fieno per le oche. Aveva il furgone pieno di scartoffie».
E quindi? «Una volta dentro le auto dei contadini trovavi gli attrezzi. Ora ci sono montagne di carta: un’elefantiaca produzione di divieti e obblighi. Così i piccoli vengono fagocitati. O stai dentro il sistema della grande impresa o sei fuori dal mercato».
Si riesce a stare dentro? «E come? Io con un ettaro di terra faccio 25 quintali di grano l’anno; c’è chi fa venti volte tanto. Non si può seminare il grano raccolto, bisogna acquistare i semi che costano tre volte tanto. Uno ci prova, poi al porto di Brindisi, o Genova, arriva un’enorme nave piena di grano e ti abbatte ulteriormente il prezzo. L’Europa dovrebbe tutelare la specificità dei suoi territori. Invece con i suoi vincoli di fatto favorisce le grandi imprese: coltivazioni verticali e allevamenti intensivi, animali che muoiono senza aver mai fatto un passo».
Non è anche colpa di noi cittadini-consumatori? «C’è chi può permettersi di non adeguarsi, ma gli altri? Chi ha poco o niente compra l’olio a 2, 50 euro al litro e ancora ringrazia».
Tra i grandi accusati sono finite pure le associazioni di categoria, a cominciare da Coldiretti. Giusto? «Di Coldiretti sono socio. Era una grande realtà, merita rispetto, ma è antistorica. Noi chiediamo a Coldiretti o al governo di andare in battaglia armati di baionetta contro chi ha la bomba atomica».
Ha nostalgia della politica? «No, sono orgoglioso di ciò che ho fatto, da magistrato e da politico. Ma è importante rendersi conto del tempo che passa e di quello che resta. Rincorrere il potere fino alla fine dei propri giorni non fa per me».
Cosa pensa di Giorgia Meloni e del suo governo? «Le auguro di fare il bene del Paese, che ne ha bisogno. Lo augurerei a chiunque al posto suo. Non ho pregiudizi, oggi mi sento molto lontano da posizioni preconcette».
E del ministro Nordio? «Ha promesso di coprire gli organici in due anni. Mi auguro che ci riesca, la situazione della Giustizia è drammatica».
La sua è una foto senza luci. «Vivo la terza fase della mia vita: dalla mia collina mi guardo intorno e vedo l’amarezza di chi deve trovarsi un altro lavoro perché con la terra non ce la fa. E ne soffro».
Non ha più voglia di lottare? Magari di scendere in strada con gli altri agricoltori? «Lo sto già facendo. A modo mio: idealmente e mettendomi a disposizione. Da qui passano in tanti: chi ha un problema con l’Agenzia delle entrate, con le banche, chi ha bisogno di un consiglio. La porta è sempre aperta». —
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Quali i motivi dei blocchi? 5 punti_Corriere della Sera, aprire l’allegato
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