Vincenzo Visco  nell’articolo «Letta e l’imposta di successione», su il www.Mulino.it, riassume la storia politica delle tasse sull’eredità e successioni, in Italia e nel mondo. Siamo in coda alla graduatoria e vale ricordare che in Italia queste tasse sono state abolite solamente da Benito Musolini (1933) e da Silvio Berlusconi (2004). Tanto per ricordare.

La proposta del segretario del Pd – che prende spunto dalle analisi e dalle proposte di Thomas Piketty e di Fabrizio Barca – è molto diversa da quanto vige in Francia, dove Emmanuel Macron ha potenziato il sostegno dello stato ai giovani con due misure legislative improntate sul “lavorismo“. Oltralpe, i giovani e meno giovani per favovire la loro indipendenza possono usufruire di: 1la prime d’activité (che si potrebbe tradurre come premio al lavoro), e 2l’allocation garantie jeunes (assegno di accompagnamento per i giovani). Vedi articolo articolo allegato “Il modello francese meglio della proposta Letta” di Stefano Ungaro su Domani.

L’articolo di Vincenzo Visco così inizia. < La proposta di aumentare le aliquote dell’imposta di successione sui patrimoni elevati è un messaggio solidaristico e richiede sacrifici modesti: alcune reazioni sono indice di una cultura retriva della difesa di privilegi e ricchezza. A questa tradizione si ispira la recente proposta di Letta, di aumentare le aliquote dell’imposta sui patrimoni più elevati, affinché i figli dei ricchi finanzino un patrimonio di cittadinanza per tutti i giovani alla maggiore età. Tutti (o quasi) i sistemi fiscali evoluti prevedono un’imposta sulle successioni (e donazioni), cioè sui trasferimenti patrimoniali in caso di morte, o tra vivi (a fini antielusivi). In Italia, l’imposta è oggi particolarmente tenue: il 4% per i lasciti superiori a un milione di euro a favore di figli, genitori, nipoti, più il coniuge; 6% tra fratelli per patrimoni superiori a 100.000 euro; 6% per gli altri parenti, 8% negli altri casi. In molti altri Paesi, le aliquote (almeno quelle formali) risultano essere molto più elevate, e così il gettito.

L’imposta, come noi la conosciamo, è un lascito della cultura liberale (radicale) degli utilitaristi inglesi (che erano anche favorevoli alla progressività delle imposte), a partire da Jeremy Bentham, James Mill e John Stuart Mill, che non escludevano il ricorso ad aliquote del 100%; Marx, dal canto suo, era contrario all’istituto dell’eredità. L’imposta di successione, comunque, è uno dei capisaldi della cultura liberale moderna. Non a caso, un sostenitore dell’imposta fu Luigi Einaudi. Il motivo è semplice: l’istituto dell’eredità, consentendo il trasferimento della ricchezza da padre a figlio, permetteva agli eredi di beneficiare di beni non derivanti dal loro lavoro e dal loro impegno, e quindi rappresentava un residuo feudale, eticamente discutibile, e dannoso dal punto di vista degli incentivi economici. Si trattava quindi di «livellare il campo di gioco» e di non alterare le condizioni di partenza nella competizione della vita, sia per motivi di equità sia di efficienza economica.

A questa tradizione è chiaramente ispirata la recente proposta di Enrico Letta. Si tratterebbe di aumentare le aliquote dell’imposta sui patrimoni più elevati (oltre i 5 milioni), in modo che i figli dei ricchi finanzino una sorta di patrimonio di cittadinanza per tutti i giovani al momento del raggiungimento della maggiore età. Il messaggio solidaristico è evidente, così com’è evidente il modesto sacrificio che verrebbe imposto. Le reazioni che ci sono state sono quindi espressione di una cultura retriva, della difesa senza pudore delle posizioni di privilegio e di ricchezza. E anche di una pulsione antitasse di principio.  (…) >,

< Anche l’accertamento dell’imposta non è facile, soprattutto per i patrimoni più elevati. Perché l’imposta funzioni adeguatamente, si dovrebbero infatti colpire tutti i beni: gli immobili (terreni e fabbricati), le partecipazioni finanziarie, i titoli di ogni genere, il denaro liquido, il valore delle assicurazioni possedute, i mobili, le opere d’arte, i gioielli, i natanti, gli aerei, il valore delle imprese non quotate o valutate ai prezzi di mercato, i beni detenuti all’estero, o in gestione fiduciaria, o nei paradisi fiscali. Sarebbe quindi necessario costituire una anagrafe patrimoniale dei contribuenti da tenere aggiornata. Se tutto ciò non viene fatto, l’imposta rischia di diventare un prelievo discriminatorio sui ceti medi che possiedono una casa in città e una per le vacanze. Questa era peraltro la situazione in Italia una ventina di anni fa, che determinò un consenso generale per la sua sostanziale abolizione.>

< Sarebbe necessario costituire un’anagrafe patrimoniale dei contribuenti da tenere aggiornata: se ciò non viene fatto, l’imposta rischia di diventare un prelievo discriminatorio sui ceti medi   (…)>.

< Piuttosto, quello che appare discutibile nella proposta del segretario del Pd (che è poi quella che da anni avanza Fabrizio Barca http://www.forumdisuguaglianzediversita.org/eredita-universale/ ), è l’idea (poi in parte corretta) di utilizzare il maggior gettito per la creazione di una sorta di patrimonio di cittadinanza di 10.000 euro per ogni giovane che raggiunge la maggiore età. Destinare maggiori risorse ai giovani, al loro percorso formativo, al sostegno di iniziative imprenditoriali ecc. è senz’altro utile e condivisibile, così come l’introduzione di un vero e proprio diritto in proposito, ma seguire la logica dei bonus monetari generalizzati, come fatto già da Renzi in passato, rischia di diventare l’ennesima occasione per un’inutile spreco di risorse pubbliche, con effetti profondamente diseducativi, seguendo una logica e una cultura individualista e deresponsabilizzante.  (…) >

Per leggere il testo completo di Vincenzo Visco un clic sul link https://www.rivistailmulino.it/a/letta-e-l-imposta-di-successione?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+26+luglio+-+1+agosto+%5B8670%5D

IN ALLEGATO articolo correlato di Chiara Saraceno “La dote ai giovani scelta di equità”

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