Cavalcata delle emozioni
La cavalcata delle emozioni: il calcio n’è la principale fabbrica senza farsi condizionare dalla possibile cavalcata del Delta che certamente seguirà ai grandi assembramenti, nelle piazze e negli stadi, del campionato europeo. Certamente nel nostro paese la vittoria degli azzurri è il principale fatto per “compattare” una variegata identità nazionale. E con l’era dei media e dei social ciò è ancora più evidente.
Michele Serra, su l’Amaca, dopo la vittoria ai rigori dell’Italia sulla Spagna, in “Il contagio della partita” così inizia. Dell’importanza dello sport (non la pratica ma lo spettacolo, il rito televisivo) nella società di massa si è scritto così tanto, nel bene e nel male, che riesce difficile aggiungere qualcosa. Ma nella famosa società liquida, dove pare che ognuno viva smembrato dagli altri, con il suo palinsesto tascabile, e pare che di solido, e di collettivo, sia rimasta solo la paura del virus, fa ancora più spicco l’euforia corale di questi giorni. (…) Una pulsazione corale che salda i frantumi delle classi sociali e della politica. (…). Così conclude. Non sono tantissime le occasioni per sentirsi mondo, e nemmeno per sentirsi Italia. Serve un poco di pazienza per sopportare il patriottismo schiamazzato, la caciara in eccesso, le tonnellate di luoghi comuni – qualcuno, sicuramente, anche in questo articolo. Serve però anche un poco di senso della realtà per ammettere che sì, è proprio così: un gioco – questo gioco, undici contro undici in un campo di 105 metri per 68 – può essere così potente da unire, per qualche sera, un popolo che prima e dopo la partita,torna diviso. Per leggere l’intero articolo aprire l’allegato.
L’Italia vive certamente in grande simbiosi con il calcio. Le ragioni sono molteplici e le metafore altrettante. Pensiamo utile per la riflessione e la discussione allegare alcuni articoli, di autorevoli firme, a commento della grande vittoria dell’Italia al Campionato Europeo, che nella partita finale ha registrato, tra l’altro, non tanto l’aplomb britannico ma gesti di antisportività con molti fischi all’inno nazionale italiano, con l’abbandono dello stadio prima di gra parte dei tifosi inglesi prima della premiazione nella quale molti giocatori si sono sfilati dal collo la medaglia d’argento subito dopo averla ricevuta.
La rivista Il Mulino ha raccolto nell’ultima newsletter raccoglie più articoli. Care lettrici, cari lettori, la «cavalcata» trionfale della nazionale di calcio verso il successo agli Europei (che si somma alla prestazione straordinaria di Matteo Berrettini nella finale di Wimbledon) sembra avere messo in ombra, almeno per un po’, le preoccupazioni degli italiani. Al di là del risultato sportivo, ancora una volta il calcio si è dimostrato carico di valenze di tipo politico e identitario. In questa newsletter, aperta dal contributo di Nicola Pedrazzi scritto dopo la finale di Wembley, presentiamo alcune riflessioni che confermano proprio l’indubitabile valore che ancora oggi, e anzi forse oggi più di un tempo, una competizione sportiva continentale può avere anche per chi non è in grado neppure di citare un solo giocatore dei 22 in campo. La politica nel pallone di Nicola Pedrazzi la potete leggere qui https://www.rivistailmulino.it/a/euro2020-la-politica-nel-pallone
L’arte di saper perdere e il savoir fare – A Wimbledon il tennista italiano Matteo Berrettini è stato l’emblema dello stile british, a Wembley i calciatori che si tolgono la medaglia d’argento sono l’emblema del contrario. Una volta Sir Winston Churchill disse: “Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. Giustamente non aveva ancora visto la Nazionale di Gareth Southgate. Vedi l’articolo di Andrea Romano con questo link https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/07/12/matteo-berrettini-e-la-nazionale-inglese-le-due-reazioni-alla-sconfitta-e-larte-di-saper-perdere-e-di-non-rosicare-o-almeno-di-non-farlo-notare/6259047/
Sempre sulle medaglie d’argento “rifiutate” vedi anche https://video.corriere.it/sport/europei/europei-giocatori-dell-inghilterra-si-sfilano-medaglie/40e7ca50-e2d3-11eb-aa6d-02d6b05969fd e sempre su Il Corriere della sera le secche reazioni del premier Boris Johnson e dell’allenatore Gareth Southgate contro quei tifosi inglesi che hanno rivolto insulti razzisti contro i giovani giocatori di colore inglese che hanno fallito i rigori decisivi, un click qui https://www.corriere.it/sport/21_luglio_12/europei-spirito-inglese-quella-sconfitta-che-ha-quasi-sapore-una-vittoria-a28c3348-e2df-11eb-aa6d-02d6b05969fd.shtml
Per capire quanto la vittoria della Nazionale italiana agli Europei di calcio contro l’Inghilterra abbia assunto un significato che va ben oltre il valore sportivo della Coppa, bisogna descrivere la scena che si è materializzata il 12 luglio a Bruxelles. Palazzo Justus Lipsius. Riunione dell’Eurogruppo. Con tutti i ministri finanziari dell’Unione, ospite la segretaria americana al Tesoro, Janet Yellen. Dopo una serie di interventi, la parola passa al titolare italiano dell’Economia, Daniele Franco. Ma quella parola non riesce a prenderla. Il discorso nemmeno parte. I partecipanti all’incontro, solitamente molto ordinato e per certi versi burocratico, si alzano in piedi come in una curva da stadio. Scatta un applauso lungo più di un minuto. E, ovviamente, non è rivolto a Franco, ma all’Italia campione d’ Europa. Congratulazioni, braccia alzate. Un episodio che raramente capita nelle sedi ovattate dell’Ue. Dove ogni gesto segue un protocollo preciso. (…) per continuare aprire l’allegato
Tra non molti giorni, con il conto che inevitabilmente presenterà il Covid Delta, presumibilmente una cavalcata di contagi, delle vittorie degli azzurri di Mancini “Rimarranno solo i gol” come scrive Michele Serra nell’amaca del 13 luglio. La retorica a tonnellate, a vagonate, a cargo, rende greve ciò che dovrebbe essere alato: la vittoria. Non c’è rimedio né salvezza, non c’è scampo se non nel profondo della foresta e con lo smartphone scarico. E i tronfi festeggiamenti che gli inglesi avevano in animo di fare, con un giorno di bagordi di Stato (manco Elisabetta fosse Franceschiello) la dice lunga su quanto il vizio sia sovranazionale. Non siamo soli al mondo, noi italiani, quando si tratta di sventolare bandiere fino a slogarsi i polsi e fare cori che incrinano le tonsille. Bisogna comunque non dargliela vinta, alla retorica, e tenere il punto, dunque tenerci lo sport. Vincere è bellissimo e lo sport è bellissimo. È epica allo stato puro, gesto che non ha bisogno di parlarci sopra, solo di essere descritto, raccontato nel suo farsi. È difficile. Non per niente i grandi giornalisti e telecronisti sportivi, da sempre, sono fuoriclasse, e i cattivi giornalisti e telecronisti sportivi non si reggono proprio. Se ci ricordiamo tutti di “un uomo solo è al comando, il suo nome è Fausto Coppi”, è perché è una frase epica, secca, semplice, ingigantita dalla purezza della radio. L’alluvione di parole inutili di queste ore scomparirà, nel tempo, come vapore. Resteranno i gol, le parate, il gioco.
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