I LAVORI USURANTI – G.Cazzola – iter di approvazione 18/4/11

Lavori usuranti: in porto il decreto che viene da lontano didi Giuliano Cazzola. In anteprima da Guida al Lavoro n. 17/2011. E’ l’ora dei lavori usuranti. Tutte le riforme degli ultimi venti anni hanno sempre previsto delle norme che riconoscevano  requisiti più favorevoli, per il conseguimento della pensione, ai lavoratori adibiti a mansioni di particolare disagio, consentendo agli interessati di anticipare, in modo ragionevolmente congruo, i limiti della quiescenza.

La legge Amato del 1992 confermò anche quei limiti previdenti di età pensionabile  più ridotti  per gli appartenenti alle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco, gli iscritti al Fondo Volo, il personale viaggiante FS e del trasporto locale, i lavoratori dello spettacolo, ecc.. Nel caso di lavorazioni esposte all’amianto si è applicato – con riferimento agli aspetti pensionistici – una disciplina specifica (che riduceva il requisito contributivo con criteri di proporzionalità rispetto agli anni di esposizione) operante anch’essa dal 1992 e recentemente rivisitata in termini più restrittivi.

 Quanto ai lavori usuranti, la materia venne regolata – citiamo solo gli atti principali – dal dlgs n. 374/1993 e dalla Circolare interministeriale del 19 maggio 1999 (che aveva recepito le indicazioni di una commissione tecnico-scientifica istituita dalla legge n.449/1997), dall’articolo 78 della legge n.388/2000, la Finanziaria per il 2001. La relativa tutela prevista (ampiamente rivisitata dalla legge n.335/1995) si applicava tanto ai dipendenti, privati e pubblici, quanto agli autonomi e consisteva nell’anticipo dell’età pensionabile in ragione di un anno ogni dieci di impiego in attività usuranti fino ad un massimo di 24 mesi.

Nel sistema contributivo il lavoratore poteva scegliere l’applicazione del coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica all’atto del pensionamento, aumentato di un anno ogni sei di lavoro usurante; oppure poteva utilizzare tale periodo per l’anticipazione dell’età pensionabile fino al massimo di un anno rispetto al normale accesso. 

Nel caso di lavori particolarmente usuranti (già individuati dal dlgs n. 374/1993) erano ridotti fino ad un anno anche i requisiti di età anagrafica della pensione di anzianità. Per questi ultimi casi, contraddistinti da particolari condizioni di disagio, intervenne – una tantum e nei limiti di uno stanziamento di 250 miliardi di vecchie lire – la Finanziaria del 2001, permettendo ad oltre 6mila lavoratori, adibiti a mansioni particolarmente usuranti, di avvalersi degli sconti previsti.

In generale, queste norme sono sempre rimaste inapplicate. La spiegazione va cercata nelle modalità di copertura (indicate dalle diverse leggi) consistente nell’individuazione di un’aliquota contributiva aggiuntiva, definita secondo criteri attuariali e raccordati all’anticipo di età pensionabile. Si poneva, pertanto, un problema di maggior costo del lavoro, un problema che le parti sociali hanno sempre preferito evitare.

Dopo il tempo  delle speranze deluse, tale problematica è tornata in evidenza durante il negoziato del luglio 2007, in pratica come contropartita per l’elevazione dell’età pensionabile di anzianità (che pur veniva rimodulata con criteri più graduali rispetto alla legge Maroni del 2003 e al c.d scalone). La legge n.247 del 2007 (che recepì il Patto sul welfare) stabilì che potevano avvalersi del pensionamento anticipato (a 58 anni a regime e in presenza degli altri requisiti e condizioni) i (soli) lavoratori dipendenti appartenenti alle seguenti categorie: addetti ad attività particolarmente usuranti; lavoratori notturni; addetti alla catena di montaggio; conducenti di mezzi pubblici di trasporto.

Lo schema di decreto applicativo, benché dotato di copertura finanziaria per 2,8 miliardi in un decennio, non arrivò in porto perché la fine anticipata della XV Legislatura vide <spirare> la delega. L’attuale Governo ha scelto di riaprire i termini inserendo la norma nel <collegato lavoro> e quindi legandone il destino ai 27 mesi occorsi per la sua approvazione. Anche il decreto delegato varato dall’esecutivo nei giorni scorsi è praticamente come quello predisposto, a suo tempo, dal Governo Prodi. Così, si è ‘lavoratori notturni’  a fronte di un numero di giornate comprese tra 64 e 78 l’anno.

La fase transitoria terminerà alla fine del 2017; fino ad allora sarà sufficiente aver lavorato in condizioni di disagio per 7 anni negli ultimi dieci (e non metà della vita lavorativa come dal 2018). Sono previsti criteri di priorità nel caso in cui gli stanziamenti non siano adeguati, nell’anno, a dare copertura finanziaria a tutte le domande presentate.

Giuliano Cazzola è vice presidente della Commissione Lavoro della Camera e relatore del parere sullo schema di decreto 

 
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