Le responsabilità politiche degli USA sono molto elevate per lo "tsumani" finanziario ed economico che ha investito l’economia mondiale. Il saggio di Beppe Boni richiede qualche dato sulla dimensione del disastro prodotto da questa assenza di regole e controlli del criminale liberismo economico. Prima di tutto la sconsiderata permissività della Sec, la Consob americana, che ha permesso l’indebitamento delle banche. Questo, In pochi anni, è passato da 12 a oltre 40 volte il patrimonio delle stesse, rendendole quindi estremamente deboli quando si fosse materializzata l’insolvenza dei mutui generosamente concessi. E quanto è accaduto nel 2008, quando la bolla immobiliare ha prodotto il botto che ha avviato a cascata il disastro che conosciamo.
Varie valutazioni si inseguono sulla stampa internazionale circa i costi dei salvataggi da parte dello stato degli istituti di credito, gli interventi di emergenza sulle banche centrali, il salvataggio di GM e Chrisler. Ma, aggiunti ai mezzi per il rilancio dell’economia, l’insieme dell’intervento indica che si sono spesi oltre 6 mila miliardi di dollari per tentare di correggere l’arrogante, irresponsabile totale mancanza di regole.
Esemplificando, il totale degli interventi viene comparato a 7 volte il costo della guerra del Vien Nam, e a 47 volte il costo del Piano Marschall, con il quale gli Stati Uniti rimisero in piedi l’economia europea nel dopoguerra.
La Banca Mondiale stima che tale somma permetterebbe di dimezzare il numero di coloro che vivono con un dollaro al giorno – oltre un miliardo e mezzo di persone -, e ridurre la mortalità infantile, varie migliaia al giorno, nel mondo.
Non da meno la conferma del progressivo aumento della percentuale della ricchezza prodotta che va alla finanza; era il 16% dei guadagni delle imprese nel 1985, è passata nel 2000 a oltre il 41 %, stravolgendo l’economia reale, provocando il generale impoverimento di milioni di persone, per non parlare dell’enorme aumento delle diseguaglianze, differenze mai viste nel passato.
Gli effetti più pesanti si avvertono anche in Europa, ma è l’Africa il Continente che paga di più di tutti. Gli effetti sono vari e tutti incidono sulla vulnerabilità di una economia continentale, certo in crescita, ma ancora dipendente.
Infatti, la caduta delle produzioni nei paesi sviluppati coinvolgono pesantemente nella caduta anche il prezzo delle materie prime, diminuiscono gli aiuti, e si riducono le rimesse degli emigrati africani nel mondo, rimesse che in un anno(40 miliardi di dollari)sono il doppio degli aiuti promessi(20 miliardi di dollari) in tre anni dai paesi del G8.
Il recente vertice della FAO, infine, indica in oltre un miliardo gli affamati nel mondo; 100 milioni in più dal 2008, il livello più alto degli 40 anni, diretta conseguenza della crisi.
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