Piazze in rivolta..
Stefano Cingolani, su Il Foglio del 15 Aprile, nel lungo articolo “Si svegliano le piazze. miti, bandiere e mitomanie delle rivolte” tratteggia dal suo punto di vista ciò che accade da mesi nelle principali città dell’Occidente, assediato dalle proteste. Dalla Francia a Israele, dalla Germania al Nord America. “..C’è la folla che insegue Montesquieu e quella che invoca Poujade. In Italia prevalgono le tentazioni di Landini. L’incriminazione di Trump getta benzina sul fuoco del fanatismo americano. In Germania si sciopera come non accadeva da anni: è il contagio parigino?..”
Tra i tanti punti presi in considerazione dallo scrittore, questi:
- Non ci si può sottrarre al fascino romantico dell’uomo in rivolta, e un’ebbrezza estetica sembra travolgere il circo mediatico-politico.
- La “folla psicologica”, ha scritto lo storico Piero Melograni, “possiede irriducibili istinti conservatori, un rispetto feticista per le tradizioni”.
- Donald Trump ha fatto il fuochista, le braci però bruciavano già da molto tempo: gli americani non si riconoscono più nei loro valori.
- Per i suoi oppositori, Netanyahu in Israele mette in discussione la legge superiore alla quale la stessa sovranità popolare si deve sottoporre. Il licenziamento del ministro della Difesa israeliano, reo di aver chiesto una pausa nell’iter della riforma, aveva dato fuoco alle polveri.
- Il realismo di Scholz in Germania rischia di trasformarsi in fuga in avanti rispetto alle sue stesse truppe se il dibattito politico non maturerà.
- Nel dopoguerra in Francia, il movimento di Poujade metteva sotto accusa la finanza ebraica, l’abbandono del colonialismo, le élite.
Annota Cingolani “..Un canto, o forse un grido, si leva dal cuore dell’occidente: avanti popolo. Senza bandiera rossa, questa volta, ma innalzando vessilli a stelle e strisce o con la stella di David; quelli blu, bianchi e rossi della République oppure con le bande nere, gialle e rosse di Weimar. Il popolo c’è, parla con la sua voce o meglio con le sue voci, canta in lingue diverse un’unica melodia, e torna ad esprimersi nel luogo che lo ha sempre visto protagonista, da Atene in poi: la piazza…”
Osservando la situazione italiana scrive “…E le piazze d’Italia? Silenti, immote e deserte come nei quadri di Giorgio De Chirico oppure in trepida attesa? Dove si nascondono le minoranze rumorose che hanno occupato anche le piazze mediatiche vecchie e nuove? Dove sono i No vax, zittiti dal successo dei vaccini o dagli incendiari politici che si sono ritrovati quasi per incanto a dover gestire la sanità sotto stress senza nemmeno i soldi dell’Europa ai quali far ricorso perché il Mes, come si dice, è un attentato alla Nazione? Balneari e ambulanti aspettano solo un fischio.
I No Tav, No Triv, No Tap, i No Bridge (sullo Stretto), i No Min (le miniere delle terre rare o dei materiali strategici) preparano le munizioni e rimpolpano le salmerie.
C’è sempre la risorsa di ultima istanza, cioè la piazza sindacale, tuttavia oggi è divisa tra i realisti (la Uil), i contrattualisti (la Cisl), i delusi (l’Ugl nella stanza dei bottoni), i depressi e pur sempre irriducibili (i Cobas), gli incerti (la Cgil cerchiobottista). L’incognita più consistente riguarda proprio il sindacato guidato da Maurizio Landini attratto da due opposte tentazioni. La prima è stabilire un rapporto diretto legittimando Giorgia Meloni da sinistra per non farsi spiazzare dalla Cisl; la seconda è giocare di sponda con il Pd di Elly Schlein e perseguire l’antico sogno di una cinghia di trasmissione con il sindacato ala sociale e arma contundente del partito. Se prevarrà, il pragmatismo laburista potrà ottenere più di quel che non si immagini (al di là del salario minimo per legge) da una destra malmostosa al proprio interno e in cerca di consensi dall’esterno: divisi sui valori, ma uniti sugli interessi il primo dei quali è governare il più a lungo possibile. Sono tutti interrogativi in attesa di risposte, anche se sembra impossibile che l’Italia anarcoide non scenda in piazza, da sinistra oggi come da destra ieri e forse di nuovo domani. A meno che le piazze italiane, proprio come quelle dei pittori metafisici, non siano immaginarie…”. Per proseguire aprire l’allegato.
Alleghiamo altri due articoli (di Luigi Manconi e di Gian Giacomo Migone) che si soffermano sulla decadenza delle rappresentanze istituzionale, quelle delegate con voto (anche a causa di meccanismi infausti delle leggi elettorali) e del venire meno nell’occidente dell’esercizio della libertà e del senso critico, che – a nostro avviso – sono sono intrecciate ai motivi delle proteste e alle rivolte e all’avanti popolo richiamati nel lungo articolo di Stefano Cingolani. Rivolte contro l’espropriazione dei lavoratori e del popolo alla partecipazione alle scelte in ogni campo. Rivolte contro l’arroganza delle istituzioni sempre più simili alle autarchie, seppure con modalità e percorsi istituzionali diversi.
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