VENEZUELA-CHAVEZ: IL DIBATTITO NELLA SINISTRA -T. Ferigo- globalmondo

Chavez , come previsto ,ha vinto. Previsto non da chi scrive, ma da diverse persone alle quali fa riferimento per informazioni e commenti sui paesi latino americani: vecchi militanti del MAS, “movimento al socialismo”, sindacalisti, e diversi amici di Alberto. Credo che la maggior parte abbia votato per Chavez, forse qualcuno per l’opposizione o si è astenuto. Di sicuro tutti “turandosi il naso”. Sono classificabili nei ni-ni di cui scrive Matteuzzi in “ contro la crisi” ? Forse, basta intendersi e non dare giudizi di valore.  Ma non è questo che importa. A ciascuno le sue simpatie. Non sarebbe , invece male ,smettere con il gioco  dello schierarsi , naturalmente “ senza se e senza ma “, su elezioni in altri paesi, con il rischio, nel peggio,  di votare a distanza con criteri da tifosi e, nel meno peggio, di  leggere situazioni lontane mille miglia,  con  nostre categorie nazionali o con quelle “universali” dell’imperialismo (solo) americano ,valide dal Venezuela alla Siria, passando magari per il Kossovo e la Libia. Il Mali dove lo mettiamo ?

“Chavez o lo si ama o lo si odia” è una battuta giornalistica in puro stile alla Ignatio Ramonet .Non si tratta di amare o odiare, di simpatia o idiosincrasia ma di discutere che cosa lo Chavezismo può dire alla sinistra, in America latina ,  discussione è in corso, e anche da noi, facendo le debite distinzioni.

Quando tempo fa , il Presidente del Venezuela, si disse erede di Bolivar e nacque il bolivarismo, molti nella sinistra latino americana manifestarono non poche preoccupazioni. Il MAS, per esempio, disse che non aveva nessuna intenzione di trasformare la S di socialismo con la B. “Il caudillismo è parente prossimo del populismo”, ci disse una volta Lula”, già candidato presidenziale, aggiungendo, “per questo abbiamo fatto il PT, un partito politico, proprio noi che abbiamo alle spalle un’esperienza sociale e sindacale.” In un altro momento a chi gli chiedeva se le bolse famiglia per i più poveri, non fossero assistenzialismo, rispose “ sarebbe così se non fossero inserite in un programma più vasto , economico, sociale e culturale.

Dividere, nei discorsi, il Brasile in due serve poco per cambiarlo”. Per chi è stato qualche volta da quelle parti, queste parole di Lula sono tornate più volte alla mente di fronte alle “ vacche cubane che producono 300 litri di latte al giorno”, “ la mosca introdotta dall’imperialismo per rovinare il raccolto”, “ il cancro con cui gli USA cercano di eliminare i presidenti rivoluzionari nel continente”, …fino al compagno Bashir al Assad e “ io sono il popolo”. Non ho mai sentito Lula, prima sindacalista e poi politico usare un simile linguaggio. “ Anche come si comunica è parte di una visione politica” e ritenere che i poveri abbiano bisogno di questo linguaggio  è anche offenderli.

La discussione nella sinistra latinoamericana dovrebbe interessarci molto di più che non la voglia di schierarci in elezioni di altri o di catapultare nostri schemi su società poco conosciute. In Sud africa ad es.  il sindacato minatori è filopadronale : voila !

Una discussione che si riflette anche nelle analisi sul Venezuela e la sua esperienza bolivarista.

Gli articoli che alleghiamo, comparsi su le Monde e su Il Manifesto ne sono un utile esempio. In quanto a schierarsi, riconosco la mia impotenza e idiosincrasia al gioco. Non so come voterò in Italia, figuriamoci in Venezuela.

Toni Ferigo

 

Allegato:
un_antimodello_a_sinistra.doc
tra_bolivar_e_washington_matteuzzi.doc
perche_chavez_.doc

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