Tre temi oltre il “panino”

La politica proposta quotidianamente sui media (TG, giornali, social, talkshaw) è confezionata sostanzialmente sul cosiddetto “panino”, intendendo per questo un companatico fatto dalle dichiarazioni di giornata dei principali esponenti politici (TV e partiti), con in primo piano i tradizionali abbonati alla citazione e/o immagine televisiva! A prescindere se la prima dichiarazione che innesca il “panino” sia una bischerata o sia l’ennesima riproposta di un argomento trito e ritrito (es. Mes Sì o no). Così il “panino” mette nell’ombra, se non nel dimenticatoio, temi di rilevanza come il referendum sul taglio dei parlamentari (vedi articoli  di GianGiacomo Migone e Franco Astengo), la nascita della rete ecosolidale (v.Daniela Preziosi), l’Europa oltre i ristretti confini della sinistra (v.Luciana Castellina).

Gian Giacomo Migone nell’articolo su Il Manifesto “Perché la rappresentanza non dipende dal numero dei parlamentari” argomenta che “ …sonole leggi elettorali che, sostituendo gli eletti con parlamentari non solo designati ma nominati dai partiti, prescindono da ogni elettorato definito sul territorio, (…) che uno schieramento trasversale voterà no al referendum confermativo del taglio di un terzo dei parlamentari, molte persone con cui chi scrive ha condiviso la battaglia contro l’abolizione del Senato (…) e riflettiamo sul merito delle argomentazioni, intese nel senso più alto, formulate dagli oppositori più qualificati del taglio (….) Nella storia recente del parlamento italiano, il c.d. Porcellum ha aperto la strada ad una sequela di leggi elettorali – compresa quella vigente, imposta a colpi di voti di fiducia dal governo Gentiloni – che hanno, in larga parte, sostituito parlamentari eletti dal popolo con parlamentari non soltanto designati bensì nominati da gerarchie di partito che prescindono da ogni elettorato definito sul territorio, quando non reclutati alla rinfusa nel caso del M5S… Così conclude: La dignità e il potere del Parlamento, oltre che dalla legge elettorale che lo esprime, dipende dalla sua funzionalità. Sfido chiunque abbia esperienza parlamentare a dimostrare che essa non sia inversamente proporzionale al numero di coloro che partecipano ai lavori (ovviamente nella salvaguardia della rappresentatività politica, non in discussione). E’ su questo terreno, oltre che sulla sua composizione qualitativa e quantitativa, che si giocherà il futuro dell’istituzione parlamentare non soltanto italiana. (v.allegato)

Aula del Senato

Franco Astengo in “Referendum, il taglio progressivo della democrazia rappresentativa”, sempre su Il Manifesto, nella prima parte dell’articolo riassume le proposte per la riforma del Parlamento (..) Ricorda il contesto attuale e la “progressiva diminuzione esponenzialmente la partecipazione politica (e quella elettorale) e si aprivano le porte a fenomeni di vera e propria degenerazione: prima l’egoismo razzista della Lega al quale fu sacrificato il titolo V della Costituzione, poi l’antipolitica di basso profilo etico-politico del movimento 5 stelle”.

Conclude così: “In questo quadro è intervenuta la proposta di riduzione nel numero dei parlamentari, proposta in chiave meramente propagandistica adducendo il motivo dei costi esorbitanti. Una motivazione che, oltre al profilo di bassa macelleria, ha evidentemente assunto una veste punitiva nei riguardi della rappresentatività. La rappresentatività, collettivamente organizzata, delle opzioni politiche è sempre stata e rimane il vero bersaglio di queste operazioni. Le operazioni di riduzione della democrazia aprono le porte ad un inasprimento della personalizzazione della politica verso il presidenzialismo, la modifica della Costituzione: già tante volte soggetta ad attacchi, per due volte respinti con il voto popolare”. (v.allegato)

Daniela Preziosi, Il Manifesto, in “Con una maratona delle voci nasce la rete eco solidale” racconto il debutto in un’assemblea online, per un’impresa collettiva contro le diseguaglianze e dove, per la prima volta la sinistra sembra voler rinunciare alle sue bandiere e ala sua ridefinizione, più volte tentata e fallita. Scrive Preziosi (…) Il nome non c’è ancora, i lavori sono in corso. Ma i nodi principali ormai sono stretti e ieri i settanta interventi di una maratona online di sette ore –  dai siti ilmanifesto.it, radioradicale.it, left.it ma ripetuti anche da molti profili facebook –  hanno composto un romanzo corale, un discorso collettivo su una storia futura a lungo covata, iniziata prima della pandemia, e ieri diventata pubblica. (…) La rete stavolta non si salda intorno a un leader – o a una leader, il genere cambierebbe la natura del rischio –  ma cammina sulle gambe di un collettivo, fra parlamentari, società organizzata, studiosi. Altra novità è l’interesse ravvicinato di molti sindaci (parla quello di Parma Pizzarotti e quello di Latina Coletta, ma si sa dell’interesse di Sala di Milano e De Magistris di Napoli). «Una rete open source, non proprietaria», riassume l’europarlamentare Massimiliano Smeriglio nelle conclusioni, «un’impresa collettiva, cooperativa. Non un uomo solo al comando ma neanche una collezione di figurine ma un processo politico vero» che ridà cittadinanza alla parola «conflitto». E infine, altra novità, stavolta non si presenta come un rimescolamento di carte fra i protagonisti della sinistra radicale degli ultimi decenni. C’è un forte reinnesto civico e ambientalista. E una forte componente di ex 5 stelle e persino di 5 stelle in servizio. (…)   (v.allegato)

Luciana Castellina, in “L’Europa non può vivere nei ristretti confini nazionali delle sinistre, su Il Manifesto,  scrive così.  (…) Anche questo «deal» è fragile e certo non privo di rischi. Ma per la prima volta in 63 anni è stato riconosciuto che l’Unione europea è una comunità politica che assume il dovere di usare parte – 390 miliardi – del proprio bilancio comune per aiutare, senza obbligo di restituzione e alla sola condizione (sacrosanta) di usare questo danaro per il riavvio dell’economia (e non per pagare vecchi debiti), di cui almeno il 30% per la svolta green. (…)  Ma la questione è un’altra: avremmo potuto ottenere di più dopo decenni in cui si è lasciato il campo, quando si parla dell’Ue, agli assalti dei leghisti, delegando a un certo numero di ripetitivi convegni su come dovrebbe essere l’Europa il compito di cambiarla, per il resto infischiandosene di costruire, nella società europea, una forza realmente capace di cambiarla? Posso ricordare per l’ennesima volta senza che vi infastidisca, che l’interesse della sinistra per la questione è tale che alle grandi decisioni sui Trattati e alle peggiori misure adottate il nostro parlamento ha sempre dedicato non più di un pomeriggio e una mattina di discussione, i nostri giornali un trafiletto; che non siamo ancora mai riusciti a animare una vera vertenza europea, ogni sindacato e ogni organizzazione di ogni paese mai seriamente tentato di accordarsi con i partner oltre la propria frontiera. Chissà che questa vicenda non riesca a cambiarci(v.allegato)  

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