Sogni sindacali di mezzo inverno

Sandro Antoniazzi ritorna a scrivere dopo il difficile intervento chirurgico delle settimane passate.Il suo pensiero è per il destino del sindacato in costante affanno e prigioniero di intralcianti divisioni in questo tormentato periodo storico. Pubblica sul sito c3dem l’articolo “Sogni sindacali di mezzo inverno”. Facciamolo circolare.

<< Di questi tempi le Confederazioni sindacali non brillano certo per la loro iniziativa. Manca loro quella che è la condizione necessaria per qualunque iniziativa che abbia credibilità prima e di conseguenza possibilità di successo: un minimo di unità sindacale.

Non parlo certo di unità organica, di un’unità organizzata come esisteva un tempo, ma della forma più semplice e più elementare, quella dell’unità d’azione.

L’unità d’azione è una risorsa primaria del sindacato anche nei momenti più difficili. Ogni organizzazione mantiene le proprie posizioni, magari avverse o comunque distanti, ma ci si può ritrovare su un problema, su una questione, su una rivendicazione. Su questa si costruisce una piattaforma solida e ben motivata e si stringe un patto di ferro di fiducia reciproca.

E’ possibile anche in questo momento? Certamente, e non solo è necessario, ma direi che è un dovere per il sindacato. La mancanza di battaglie sindacali valide pesa negativamente nel paese: una battaglia sindacale giusta eleva gli animi di tutti i lavoratori, anche di quelli non direttamente interessati, perché ricrea fiducia.

E poi le battaglie sindacali giuste danno forza all’area sociale così tanto calpestata negli ultimi tempi. Il mio sogno non finisce qui e prosegue pensando ai molti problemi che potrebbero e dovrebbero essere affrontati.

Innanzitutto, la questione salariale, tema sindacale primario.

C’è stato un tentativo parlamentare generoso di sostenere una proposta di salario minimo; ma senza un’intesa col sindacato e venendo dall’opposizione non ha avuto successo. Un’iniziativa sindacale avrebbe certamente maggiori possibilità. Dovrebbe affrontare contemporaneamente due problemi:

1. I salari delle categorie con redditi troppo bassi per portarli a un livello dignitoso (magari accorpandole con categorie maggiori);

2. L’introduzione di un meccanismo di difesa dall’inflazione. Si potrebbe proporre che i contratti durino 3 o 4 anni per la parte normativa, ma a metà percorso si attua un adeguamento salariale per tenere conto dell’inflazione. (un meccanismo del genere esiste già in altri paesi).

Un’altra grande battaglia attuale è quella della partecipazione. Non parlo qui della proposta di legge Cisl che seguirà il suo corso, ma della necessità immediata di essere in grado di affrontare i temi delle grandi trasformazioni in corso, tecnologiche, ambientali, energetiche.

Prendiamo Stellantis. Si tratta di difendere l’occupazione, cioè di prendere il problema per la cosa, o non piuttosto di essere in grado di discutere la sua strategia globale.  Perché la Francia va meglio dell’Italia? La catena produttiva in Italia funziona come dovrebbe?  Perché in Francia si è costruita una nuova fabbrica di batterie, coi soldi dello Stato e della Comunità Europea e in Italia no? I modelli attuali sono ancora validi?

Questo vuol dire partecipazione: saperne quanto il padrone per discutere alla pari le scelte industriali da fare. Su questo il sindacato deve prepararsi e attrezzarsi, preparando quadri nuovi che se ne intendano di tecnologie, bilanci e politiche aziendali e formando un ufficio apposito di sostegno dei delegati impegnati nelle trasformazioni aziendali.

E poi un terzo problema, connesso al precedente: la classe operaia italiana nel suo insieme non ha una preparazione professionale elevata e le nuove tecnologie rischiano di trovarla impreparata.

Esistono Enti Bilaterali, diritti contrattuali, si stanno realizzando gli ITS, ottime iniziative che si muovono nella direzione giusta; mi chiedo se non si possa fare di più e lanciare una grande campagna formativa generalizzata (tecnologica e ambientalista) che elevi il livello generale della formazione dei lavoratori. Fa male sentire che tante fabbriche cercano lavoratori, ma non trovano il personale preparato. Una campagna del genere sarebbe di grande utilità per il paese e per l’industria e valorizzerebbe le capacità della classe lavoratrice.

Ho espresso dei sogni, ma sogni realistici, concretamente possibili. Penso però che sia inutile sognare se prima le segreterie confederali non decidono di realizzare il minimo di unità necessario.>> https://www.c3dem.it/sogni-sindacali-di-mezzo-inverno/

Sandro Antoniazzi pubblica sempre sul sito 3cdem.it un secondo articolo “ Per una nuova cultura del lavoro” scritto per sollecitare, in particolare nel Pd, un dibattito-riflessione.  E’ ben utile per un raggio più ampio. Così inizia << Agli inizi degli anni ’90 è avvenuto in Italia un vero stravolgimento politico. In un arco brevissimo di tempo sono scomparsi i vecchi partiti, per lasciar posto a formazioni del tutto nuove con una cesura netta rispetto alle culture precedenti e prive di tradizione. Aprendo una riflessione sulla cultura del lavoro, sembra importante richiamare un fatto che, nonostante la sua importanza, è stato ampiamente trascurato. I partiti di un tempo erano chiamati partiti “operai”, non sono per le loro origini, ma anche per il loro compito storico di rappresentare politicamente la classe operaia, i lavoratori. E poi c’era la DC, partito di centro, ma rappresentativo di molti lavoratori….>> per proseguire utilizzare questo link https://www.c3dem.it/per-una-nuova-cultura-del-lavoro/Antoniazzi ha inviato il suo articolo al Segretario Gen. Cisl Luigi Sbarra che ha risposto con la lettera qui allegata, ben scritta, che richiamo i valori enunciati nei documenti congressuali, scansando il giudizio sulla dura realtà quotidiana che contraddistingue la vita dei lavoratori e dei settori più poveri. Nel frattempo l’inflazione falcidia il potere d’acquisto dei lavoratori e pensionati.

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