Se non si tira in porta
Recovery Plan, il sindacato, i lavoratori, il paese tutto – Quanti saranno i sindacalisti a pieno tempo, i segretari generali territoriali di categoria e di territorio, che hanno letto le 172 pagine del Recorey Plan? Pochi probabilmente, anche perché consapevoli che non sarebbe stato richiesto a loro alcun parere in merito. Il vertice confederale si sa, procede con motu proprio.
Quelle 172 pagine richiamano i tre assi strategici condivisi a livello europeo (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale); l’articolazione in sei missioni, che rappresentano “aree tematiche” strutturali di intervento: (1-digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; 2-rivoluzione verde e transizione ecologica; 3-infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4-istruzione e ricerca; 5-inclusione e coesione; 6-salute); infine le 16 componenti funzionali con le 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. Un testo che richiede attenta lettura e un po’ di studio. Se non si è motivati da qualcosa si lascia perdere. Renzi era motivato, ha letto e fatto le pulci…e qualcosa in più. Un clic per il testo completo, qui recovery plan, testo 12 gennaio 2020
Sicuramente sarebbe cosa diversa se per fare goal… si accelerasse il giro palla e si tirasse in porta. Fuori di metafora: definire idee-progetto per dare efficacia a servizi universali primari (salute e scuola): la salvaguardia della salute (sistema sanitario nazionale e territoriale) e la salvaguardia dell’educazione e della formazione a partire da asili, scuola dell’infanzia, scuola primaria (indispensabili per la mobilità degli adulti per le attività economiche e dei servizi stessi ricordati)
Per tale accelerazione, per come si usa dire un cambio di passo, può ben servire la novità – tutta politica – di “scegliere, aderire e sostenere” – dichiarandolo ai “quattro venti”- analisi e proposte già definite da esperti di grande e sperimentata professionalità (es. Silvio Garattini) e da Educazioni, una rete di una decina di Associazioni competenti (es.scuola per l’infanzia, asili anziché bonus).
La salvaguardia della salute non è disgiungibile dalla cultura della prevenzione che si può attuare con efficacia con un sistema sanitario diffuso nel territorio, oggi ai minimi termini. Mancano dottori e infermieri come numero (rapporto ai cittadini) ma è basilare ripristinare un diverso ruolo del medico di base (un tempo il medico di famiglia).
Silvio Garattini, anziano ricercatore e oggi presidente Irccs, nell’articolo “Ripensare i medici di medicina generale, vero filtro tra pazienti e ospedali” su Il Foglio, scrive ( …) La pandemia indotta dal virus Sars- CoV-2 ha reso evidenti problemi relativi alla funzionalità del Servizio sanitario nazionale (Ssn) che erano già presenti, ma sottovalutati. In particolare, molta attenzione si è concentrata sul ruolo dei Medici di medicina generale (Mmg) che sono stati esclusi dalla lotta alla pandemia perché lasciati privi degli strumenti di sicurezza e di linee guida necessarie per affrontare una malattia (il Covid-19) apparsa improvvisamente e completamente sconosciuta. (…) Un altro cambiamento, non indolore, è il rapporto di lavoro dei Mmg con il Ssn. Oggi è una specie di rapporto professionale diverso da quello di tutti gli altri medici. E’ necessario invece un rapporto di dipendenza come per i medici ospedalieri, perché non è possibile che per ogni nuovo incarico generato dallo sviluppo della tecnologia, delle vaccinazioni o da altre ragioni si debba ricorrere ad accordi sindacali con perdite di tempo e costi aggiuntivi. Vedi ad esempio la recente trattativa per eseguire tamponi. Dato che assisteremo presto a una “smobilitazione” per ragione d’età per una buona parte dei Mmg, il rapporto di dipendenza potrebbe cominciare con i giovani medici che entreranno nel Ssn. Fra i tanti cambiamenti da realizzare occorre anche ricordare che non esiste una specializzazione in medicina generale, mentre esiste la necessità di una formazione adeguata e in un certo senso da inventare visto il ruolo che dovrà avere il medico del territorio. Oggi tutto è lasciato alle iniziative regionali che sono come al solito molto diverse. Prima di iniziare il proprio lavoro un neo-laureato dovrebbe avere tre anni di intensa formazione, in parte di carattere teorico, formazione effettuata da chi ha esercitato con successo le funzioni, lavorando in gruppo.
La formazione dovrebbe concludersi con un esame e con un titolo valido in tutto il territorio italiano. Si tratta di fare in modo che il Mmg abbia una cultura di tipo preventivo che si opponga attivamente al mercato della medicina. Le malattie e i tumori sono in gran parte evitabili per cui compito del “nuovo” Mmg che lavora in gruppo dovrebbe essere un aiuto nei confronti dei suoi assistiti alla pratica dei buoni stili di vita. Dovrebbe essere considerato un successo diminuire il numero dei fumatori, degli alcolisti, degli obesi, dei sedentari. Se ciò si avverasse, diminuirebbe il numero di pazienti in pronto soccorso, le degenze ospedaliero, le liste d’attesa e in definitiva la sostenibilità del Ssn, un bene da non perdere. Non è facile realizzare queste idee, ma bisogna avere una strategia pluriennale da realizzare con gradualità, sapendo dove si vuole arrivare. Tutto ciò non si improvvisa, occorre ascoltare, riflettere, studiare, copiare se è utile dalle regioni più virtuose e se necessario da altri paesi. Un compito difficile ma essenziale. Cominciamo! (vedi il testo completo in allegato)
Un Recovery Plan alternativo per la scuola e l’infanzia, con obiettivi, progetti e numeri. A consegnarlo al governo è Educazioni, una rete di dieci sigle del mondo dell’istruzione. Gabriele De Stefani su La Stampa riassume le richieste del piano delle associazioni per l’infanzia: 20 miliardi per la fascia 0-6 anni con 50 mila posti di lavoro. Nidi e materne gratis e per tutti, elementari e medie apieno tempo. La bozza approvata dal Cdm è giudicata insufficiente per affrontare l’emergenza della povertà educativa che allarga la forbice delle diseguaglianze (…) un milione di minorenni vive in condizioni di povertà assoluta (…) investire nei servizi educativi da 0 a 6 anni, per evitare che chi nasce in famiglie meno ricche parta con un gap incolmabile, estendere il tempo pieno a elementari e medie per combattere la dispersione scolastica e garantire la mensa gratis a tutti. Una rivoluzione necessaria, se si vogliono curare le ferite della società spaccata in due tra chi ha opportunità e chi può solo restare a guardare. (vedi articolo allegato)
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!