RE GIORGIO II, IMPREVEDIBILE – a.serafino – presidenziali

La rielezione di Giorgio Napolitano è la cosa politica più imprevedibile che potesse succedere. Per convincersi e non ricadere nell’adagio del giorno dopo “si poteva ben prevedere” è sufficiente rileggere l’editoriale (allegato) di Eugenio Scalfari del 14 aprile. I fatti sono andati ben diversamente da quanto l’esperto Scalfari prefigurava ed auspicava. Scriveva Scalfari «ho tentato di fargli cambiare opinione su una eventuale prorogatio del suo mandato, ma mi ha elencato molte e solide ragioni per le quali riteneva impossibile accettarla: avrebbe profondamente turbato l' ordinamento costituzionale senza produrre alcun concreto vantaggio per uscire dallo stallo che stiamo attraversando».

L’evento che ha cambiato totalmente il contesto politico inducendo Giorgio Napolitano ad accogliere l’insistente richiesta di Pd, Pdl, Lista Civica e Lega per un secondo mandato (prima volta che succede nell’Italia repubblicana) è stato il dissolvimento dell’affidabilità del Pd, il partito che ha vinto seppure di misura la competizione elettorale.

La crisi del Pd portava al blocco istituzionale? Napolitano ha pensato di sì. Eppure eravamo alla sesta votazione. Per altri Presidenti ( quando la DC era un gran partito e le correnti particolarmente contrapposte) le votazioni necessarie per sboccare il “braccio di ferro” furono 21 per G.Saragat (64); 23 per G.Leone (23), 16 per S.Pertini (78), 16 per E.Scalfaro (92).

C’era tempo per costruire una candidatura con un identikit ed un metodo che indicassero il cambiamento della politica che un gran parte degli italiani sollecita. Le polemiche sulla candidatura di Stefano Rodotà ( persona che ben avrebbe indicato la svolta, nonostante i suoi ottantanni) sono in parte tardive ed in parte irritanti. Anche le ultimissime dichiarazione di Beppe Grillo che accusa Bersani di no aver accolto la proposta del M5S per costruire insieme un governo centro-sinistra. Se c’è stata è stata trasmessa in un linguaggio criptato da lui solo decifrabile. Affidato alla rete? Spedito all’interessato? Misteri.

Sull’altro versante Bersani ha costantemente operato con una doppia strategia in testa che si evidenziava malamente anche nei fatti: uno strabismo a rincorrere voti, un po’ a destra ed un po’ a sinistra che non è neppure una buona politica di centro. Genera il senso della non affidabilità soprattutto quando gli obiettivi sono indicati con troppa sintesi o ermeticità.  

In questa scheda di lettura alleghiamo pochi articoli che possono aiutare a comprendere la sconfitta di un leader, PierLuigi Bersani, che cinque mese fa era pronosticato sicuro vincente e con buon margine nella competizione elettorale contro il centro-destra. E’ questa una cronologia dei fatti molto utile che può ben essere integrata per capirne di più: ad esempio come sono state snaturate le primarie ( pesantemente dal Pd, peggio ancora da Sel) con le correzioni-manipolazioni delle Segreterie Nazionali finendo per rappresentare il gioco (con un po’ di trasparenza) delle correnti di partito e non già del sentire del paese. E di qui iniziò la fase discendente della parabola del Pd , di Sel e del centro sinistra.

Il primo è di Riccardo Barenghi, esperto di cose della sinistra essendo stato per anni direttore de Il Manifesto, riepiloga la parabola ascendete e discendente, dalla sfida aperta al patto con il giaguaro, di Luigi Bersani che alla fine si dimette da Segretario del Pd come risposta alla slealtà di parte dei suoi dirigenti. E’ stato pubblicato su La Stampa di Sabato 20 aprile.

Il secondo, è l’intervista al Presidente del Pd Rosy Bindi rilasciata a Sebastiano Messina per La Repubblica di domenica 21 aprile, nella quale rende noto che la sua lettera di dimissioni è stata presentata il 10 aprile ed annovera i principali errori attribuibili al Segretario Bersani, compreso quello di averla emarginata nei summit decisionali nonostante la sua carica. Rosy Binda è pungente su molti punti compreso quello sulla campagna elettorale che “ più che sbagliata non è stata fatta” in risposta ai contenuti con ci quali Silvio Berlusconi si è rivolto all’elettorato dopo la conclusione delle primarie del Pd.

Il terzo, è il racconto dei conflitti dei “fratelli o compagni coltelli” di cui è esperto Giuliano Ferrara che firma con il simbolo dell’elefantino rosso l’articolo “Prodi fatto secco da un Pd allo sbando, ma al buio”. Un racconto, su Il Foglio, d’intrighi con l’indicazione dei possibili sicari.

Il quarto è un allegato con i dati degli iscritti del Pd ed i voti raccolti alle primarie ed alle politiche 2013 . Grillo ripete che il primo partito in Parlamento è il M5S ma ciò non corrisponde alla realtà con i voti degli italiani all’estero.

Il quinto è l’editoriale di Eugenio Scalfari del 14 aprile 2013-04-21

Il sesto è di Marco Revelli “ Non è un golpe, e una resa” su Il Manifesto  del 21 aprile anche in risposta al commento a caldo di Beppe Grillo, poi corretto dopo la presa di distanza di Stefano Rodotà. Revelli punta la riflessione su “Il Presidenzialismo di fatto. Da oggi l'Italia non è più una democrazia parlamentare. Non c'è altro modo di leggere il voto di ieri se non come una resa. Una clamorosa, esplicita e trasversale abdicazione del parlamento. Per la seconda volta in poco più di un anno una composizione parlamentare maggioritaria si è messa attivamente in disparte. Ha dichiarato la propria impotenza, incompetenza e irrilevanza, offrendo il capo e il collo a un potere altro, chiamato a svolgere un ruolo di supplenza e, in prospettiva, di comando….”

il settimo file contiene alcuni commenti della stampa estera sullelezione di Giorgio Napolitano

Per approfondire leggi gli allegati

Allegato:
stampa_estera_presidenziali.doc
la_caduta_di_un_leader_barenghi.pdf
gli_errori_di_bersani_bindi.pdf
nichilisti_in_parlamento_il_foglio.pdf
vertice_ed_iscritti.doc
chi_saranno_i_nuovi_capi_scalfari_14-4-13.doc
non_e_un_golpe_e_una_resa_revelli.doc
non_e_un_golpe_e_una_resa_revelli.doc

1 commento
  1. Emanuele Visciglia delegato FIM FOMAS Cernusco L.ne (lc)
    Emanuele Visciglia delegato FIM FOMAS Cernusco L.ne (lc) dice:

    Siamo alquanto preoccupati di questo ennesimo compromesso delle vecchie volpi della politica, è secondo noi un modo per perpetrare ancora la politica di austerity anti operaia e contro le fasce deboli della società imposta dai padroni, dalle banche e dalla finanza.
    Ed anche noi siamo preoccupati dal fatto che in piazza vi sia casa pound e tutta la galassia neo fascista, perché si stà ripetendo quello che è successo 90 …anni fà quando durante lo scoppio del malessere della classe operaia e del dopo guerra, la sinistra istituzionale e i sindacati fermarono quella spinta rivoluzionaria caratterizzata dal biennio rosso dove gli operai occupavano le fabbriche, le autogestivano e le difendevano dall’attacco del braccio armato dei padroni dove chiedevano lavoro, democrazia, una società più giusta e dove siano i lavoratori a governare, ed invece di dargli uno sbocco la fermarono, dando in mano il malessere ai fascisti.
    In piazza dovremmo esserci noi delegati, operai, sindacati, oltre le sigle per difendere la voglia di cambiamento democratico avvenuto ed evidenziato sia con un forte astensionismo e sia con il voto a un movimento appena nato distante dai vecchi partiti.
    Forse non abbiamo capito questo e qualcuno (i vecchi politici di professione) si comporta come i servetti del padrone in fabbrica (la società) che per non perdere i loro vantaggi individuali (la casta) cercano di fermare, screditare ed emarginare il delegato sindacale (il nuovo in politica) onesto che vuole cambiare e dare i diritti a tutti.
    Attenzione!
    Emanuele Visciglia delegato Fim Fomas Cemusco (Lc)

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