Più armi contro le minacce?
Era possibile scongiurare – attivando la diplomazia per incontri richiesti – l’aggressione russa e il cruento conflitto armato in Ucraina? Perché solo ora leggiamo nel documento Usa per la strategia di sicurezza che “la Nato non deve espandersi a Est“? Non sono bastate due spaventose guerre mondiali iniziate in Europa – sventolando bandiere e declamando valori esasperati nazionalisti e invocando Dio – per comprendere quale tipo di deterrenza sia efficace per evitare conflitti armati e una terza guerra mondiale endemica a pezzi. Non è certo la strategia seguita dalla Nato in questi ultimi anni. In Europa la corsa riaperta per il riarmo dei singoli 27 paesi – di fatto alternativo ad un esercito europeo per la difesa – è giustificato sventolando la minaccia dell’Orso Russo.
Paesi come la Germania e la Polonia disporranno di un grande è agguerrito esercito che amplificherà anche la “voce grossa” tra alleati europei nel dirimere conflitti economici e contese normative? La ferma voce del Papa Leone e l’appello per “una pace disarmata e disarmante” sembra caduto nel vento: non dimentichiamoci che il vento gira e ritorna; quel monito salvifico per l’umanità rimane un faro alternativo alla presunta efficacia della deterrenza costruita con mezzi e armi per offendere, per attaccare anche senza un consenso dei cittadini, del popolo che ne pagherà le gravi conseguenze. Per riflettere e per discutere alleghiamo alcuni articoli
Gli affari dei fabbricanti d’armi vanno a gonfie vele di Gianni Alioti
Dal sito Pressenza – Agenzia di Stampa Internazionale ripubblichiamo questo testo – Abbiamo chiesto a Gianni Alioti (attivista e ricercatore di The Weapon Watch, uno dei maggiori esperti italiani del commercio armiero) un commento sintetico al recente rapporto SIPRI sulle 100 maggiori aziende con produzioni militari

La spesa militare globale, in costante crescita dal 2014, ha subito un’accelerazione negli ultimi tre anni, superando nel 2024 i 2,7 trilioni di dollari. Europa e Medio-Oriente sono le regioni al mondo dove le spese militari sono cresciute (e crescono) di più (del 17 e 15 per cento rispetto al 2023). Per i fabbricanti d’armi, questa ondata di spese militari ha generato entrate record. Come riporta l’annuale relazione del SIPRI (Top 100 Arms – producing and military services companies, 2024) pubblicato a inizio dicembre 2025, le prime 100 aziende mondiali per fatturato militare hanno raggiunto, nel 2024, la cifra record di 679 miliardi di dollari di ricavi relativi al business degli armamenti. Un record destinato ad essere superato nel 2025 e nei prossimi anni, per effetto della folle corsa al riarmo da parte degli Stati (quelli europei in testa) e delle migliaia di miliardi che i mercati finanziari stanno facendo affluire, attraverso le Borse, all’industria bellica. Dieci anni fa (2015), i ricavi militari delle Top 100 (comprendenti anche le aziende cinesi) erano di 448 miliardi di dollari a prezzi correnti, pari a 538 miliardi di dollari a prezzi 2024. Significa che in una decade c’è stata una crescita in termini reali (al netto dell’inflazione) del 26%, smentendo la narrazione bellicista di un prolungato periodo di sotto-investimento nel campo degli armamenti e di un freno al consolidamento del settore industriale della Difesa. (…) per proseguire aprire l’allegato o un clic su questo link Gli affari dei fabbricanti d’armi vanno a gonfie vele (pressenza.com)
La Cei contro il riarmo: “Non difende la patria” di Giacomo Galeazzi
La Stampa 6-12-25 – Città del Vaticano – La Cei esorta a «uscire dalla logica di guerra» e si schiera contro «lo spreco di risorse per il riarmo». Nella nota “Educare alla pace disarmata e disarmante” i vescovi definiscono «sconcertante» una guerra in Ucraina in cui «l’aggressore usa il Vangelo per motivare la propria azione». E «lacerante» il conflitto a Gaza, «una guerra fra i figli di Abramo che ha bagnato di sangue la terra cara alle tre fedi monoteistiche. Vite spezzate e convivenze lacerate, distruzione di case e città». Avverte la Cei: «Neppure la coscienza della “condizione nucleare” ha messo un freno alla corsa agli armamenti. Dopo il disarmo e la riduzione degli arsenali degli anni 80 e 90, si torna a investire in armi, anche nucleari, sempre più devastanti». (…) v. allegato
Le radici culturali del riarmo, dialogo con Stefano Zamagni
Dal sito di Città Nuova ripubblichiamo l’intervista di Carlo Cefaloni al prof. Stefano Zamagni che espone il suo pensiero “controcorrente” al realismo dei governi europei che la pace la si può conseguire disponendo di una deterrenza armata, secondo il “Si vis pacem para bellum” degli antichi romani. Anche la premier Giorgia Meloni al termine dei suoi interventi lo ricorda con voce alta e ferma. L’intervista è stata rilasciata nel’incontro a Bologna (Palazzo comunale) il 29 maggio 2025. Il video integrale dell’incontro con questo link https://youtu.be/E6rlFccvomc
La prima domanda di Cefaloni – Come ha esordito nel suo intervento, siamo immersi in una condizione contraddittoria che vede continue invocazioni alla pace associate ad un evidente rimozione collettiva della situazione estrema in cui si trova il mondo attraversato da un numero crescete di conflitti armati. Come si spiega, a suo parere, un tale stato di cose ?
Zamagni – Siamo nel pieno di un evidente paradosso: nonostante tutti si lamentino della guerra e affermino di volere la pace, il numero di guerre combattute a livello globale è aumentato significativamente negli ultimi 30-40 anni. Questo fenomeno sorprendente e irrazionale si spiega con determinate cause profonde che risalgono principalmente ad una corrente di pensiero che ha avuto la sua teorizzazione nell’età moderna con Machiavelli e soprattutto con Hobbes. Una concezione in base alla quale la guerra è inevitabile, perché fa parte della natura umana, intrinsecamente aggressiva e malvagia (“homo homini lupus” – ogni uomo è un lupo per l’altro uomo). Questa visione ritiene che la società possa solo contenere e limitare l’aggressività tramite politiche di deterrenza e di riarmo continuo. (…) per proseguire aprire l’allegato o un clic qui https://www.cittanuova.it/le-radici-culturali-del-riarmo-dialogo-con-stefano-zamagni/
La deterrenza cybernetica per dfendersi dagli attacchi hackers
Per la cosiddetta guerra ibrida, cybernetica sono necessarie tecnologie, nuove “armi” prevalentemente difensive contro hackers e droni che hanno come obiettivi i servizi essenziali che riguardano le attività e la vita quotidiana. Un solo giorno senza luce determina panico e terrore! Non crediamo che la miglior difesa da hackers e droni sia quella (già prospettata) di lanciare un missile (anziché un potente hacker) ai server (ovunque siano) da cui partono gli attacchi. Le nuove tecnologie consentono elevate prestazioni difensive, vanno costruite in alternativa agli strumenti tradizionali di guerra.
Nel sindacato è debole la riflessione su questo importante tema che richiede una riconversione dell’industria bellica. Sono molto pochi i sindacalisti o ex-sindacalisti impegnati in questa attività di analisi, di ricerca, di proposta.
Tra questi certamente Claudio Chiarle, già segretario generale della Fim-Cisl torinese e canavese, che posta articoli su alcuni siti. Nella Cisl attuale gli spazi sono chiusi a chi esplicita il proprio pensiero evidenziando, a volte, le lacune e la poca conoscenza di chi ricopre incarichi superiore, di vertice. Tempi bui per la Cisl. Nell’articolo “Droni, in famiglia, tra civile e militare” postato a ottobre 2025 su www.lospiffero.com, Chiarle termina con questa considerazione «Aeronautica, spazio, satelliti, telecomunicazioni, radaristica, automotive a cui aggiungere la componente droni significa avere una filiera tecnologica integrabile e complementare potentissima da accrescere e/o sviluppare, insieme all’istruzione e formazione, per creare anche nuovi posti di lavoro, stabili, sul territorio nonché migliorare il benessere di chi ci vive. Nel campo della difesa europea i droni stanno assumendo un’importanza fondamentale, cerchiamo di non restare indietro, abbiamo capacità e competenze. Parafrasando Gaber che diceva cos’è la destra, cos’è la sinistra; oggi si può dire cos’è civile, cos’è militare? Non perdiamoci in dibattiti ideologici e sterili ma usiamo la tecnologia e il nostro sapere di umani per tutelarci in tutti gli ambiti.». In allegato il testo completo, vedi anche altro articolo correlato di Claudio Chiarle “Automotive e difesa occasione per Torino”

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