La posta in gioco
La manifestazione “La via maestra” del 7 ottobre a Roma, è stata promossa dalla Cgil e da oltre 100 associazioni, quando il Governo Meloni non aveva ancora definito il Nadef – Nota di aggiornamento del DEF – ovvero il documento recentemente approvato che serve per definire la Legge di Bilancio 2024. In quel documento le cifre indicano che “la coperta è corta”, che ci sono poche risorse, che non avranno risposte le richieste più significative della piattaforma presentata molti mesi fa da Cgil, Cisl,Uil che nel frattempo si sono divise, per più ragioni. Compresa quella di insistere su una “lenzuolata” di richieste senza vere priorità e senza una strategia per rivendicare e conquistare nuove entrate per finanziare i servizi universali . Ora l’inflazione “al carrello della spesa” e al mercato è a due cifre, la perdita del potere d’acquisto è elevata e continua! Un’inflazione in gran parte determinata – non già da un eccesso di domanda – ma dalla crescita dei prezzi (per ragioni speculative) alimentati dai costi energetici e di trasporto. Oltre al taglio del potere d’acquisto si accompagna quello delle prestazioni e dei servizi essenziali universali quali la SALUTE (minori risorse alla sanità) e la Scuola.
Qual è la posta in gioco? Per la Cgil, per la Cisl, per la Uil? Alcuni spunti per riflettere e dibattere, per recuperare l’unità smarrita che indebolisce sempre più sia i sindacati e sempre più i lavoratori, i senza lavoro, e i tanti immigrati che pagano un prezzo molto elevato.
La posta in gioco per la Cgil è di tenere vivo il nesso tra organizzazione e movimento mantenendo ben chiara l’identità sindacale e le relative richieste – La Cgil ha promosso la manifestazione “La via Maestra” a piazza San Giovanni a Roma, il 7 ottobre, ottenendo l’adesione di oltre 100 associazioni su un manifesto che non si limita alle tradizionali richieste contrattualistiche sindacali ma riguarda la maggioranza dei cittadini. Con questo link il manifesto e altri materiali – http://collettiva.it/speciali/la-via-maestra.
Sono molte sigle del terzo settore, dell’associazionismo laico e cattolico, alcune molto note, altre poco conosciute. Un mondo variegato e importante, anche con idee e slogan diversi, in cui si riconosce un mondo di cittadini militanti nell’impegno politico e sociale. Tutte sigle importanti ma la protagonista sala la Cgil di Maurizio Landini con le idee e le motivazioni affermate in più interviste. La Cisl fin dall’inizio si è dichiarata contraria per le caratteristiche del manifesto e delle adesioni ma non si è adoperata per superare taluni di questi limiti, in seguito anche la Uil si è defilata.
Maurizio Landini cerca di tenere insieme la mobilitazione di piazza e il confronto con il governo – fattore indispensabile per un sindacato – ma agisce (o è costretto a farlo) con modalità che generano tensioni centrifughe per l’unità d’azione delle tre principali Confederazioni, come dimostra la lettera che ha inviato come Cgil – anzichè farlo unitariamente – nelle scorse settimane alla premier Giorgia Meloni affinché si intavoli finalmente un reale dialogo e confronto di merito sulle richieste unitarie presentate dal sindacato. Una lettera che poteva ben essere proposta e inviata a firma Cgil, Cisl, Uil anche come passo per “ricucire” i troppi strappi. Finora quella lettera non ha ricevuto risposta.
Con questo link https://youtu.be/ugjJT8JG5Fwsi può ascoltare al punto minuti 2.08.00 l’intervento di Maurizio Landini in Pzza San Giovanni Sabato 7 0ttobre a conclusione della grande manifestazione
La Cgil ricerca un’unità interna (è ben presente da tempo una corrente organizzata di sinistra sindacale, che pubblica una rivista mensile, vedi http://www.sinistrasindacale.it), da sempre pensa e agisce per creare un rapporto con un movimento popolare a difesa della Costituzione, per le riforme, per la pace che a volte viene etichettato impropriamente o a ragione come “politico-partitico”. Noi pensiamo che il rapporto della Cgil con le 100 e più associazioni non sia tanto, come molti insinuano, il piedestallo per l’ingresso di Maurizio Landini nel mondo politico-partitico piuttosto un modo per “fare politica” come sindacato sganciandosi dal volubile schieramento delle opposizioni parlamentari (unite solamente sul salario minimo legale, una problema prevalentemente di natura sindacale) per un qualcosa di più sociale e vasto.
Dopo il 7 ottobre la CGIL procederà speditamente per uno sciopero generale?
Il 4 settembre settembre, Maurizio Landini, con un’intervista sul Corriere della Sera, ha annuciato che la Cgil avvierà una consultazione straordianaria, con voto segreto, tra gli iscritti. Lo strumento scelto per fare esprimere gli iscritti è indubbiamente positivo. Dovrebbe diventare una pratica normale per le grandi scelte. Non convince però il testo, il quesito posto ricalca il metodo sindacale tradizionale di chiedere ratifiche a scelte operate dai vertici senza porre alternative (oltre al Sì,No,astenuto). Per quanto riguarda lo sciopero generale perchè non aggiungere anche la domanda “anche uno sciopero generale non unitario?”.
La posta in gioco per la Cisl è di modificare la rotta indicata recentemente nelle interviste di Luigi Sbarra, sintetizzata con le parole “..incoerente è stare con un piede ai tavoli e l’altro nelle piazze”. Una frase stravagante e imbarazzante per la Cisl che nella sua storia ha predicato e praticato la partecipazione diretta alle scelte degli iscritti e dei lavoratori nel contempo sostenendole con la mobilitazione nelle sue diverse forme, e nel caso necessario anche con lo sciopero, per dare forza alle trattative, ai negoziati siano essi di categoria o tavoli governativi.
La posta in gioco per la Cisl è di evitare di trasformarsi in un “sindacato di sindacalisti” che promuove convegni e seminari, che sa scrivere (con mani esperte) documenti sulla partecipazione, sulla sanità e sul lavoro senza mai analizzare chi e come – nel sistema economico-finanziario-politico – ostacolano o boicottano le richieste sindacali. Su questi ultimi documenti, scritti dopo lo svincolo dall’unità d’azione, la redazione del sito www.il9marzo.it nell’articolo La schedina non lesina frecciate ironiche alla Cisl per tali iniziative. https://www.il9marzo.it/?p=9615
La posta in gioco per la Cisl è l’interrompere lo scivolamento che porta all’autocertificazione (lontani dai rischi reali di essere parte di un movimento variegato dove ingaggiare serrati confronti) di un “sindacato di sindacalisti” che si trasforma in una pubblica lobby di pressione sociale, fatalmente filogovernativa, alla ricerca di “mediazioni per la mediazione” affermando, fuori dalla realtà, che il bicchiere è sempre perlomeno mezzo pieno. Come sta accadendo con i tavoli governati del governo Meloni. Per Luigi Sbarra ogni incontro con il governo è positivo, commentando che si deve “..fare di più” anzichè dire che va cambiata rotta per “fare diversamente”, come scrive in “Un modesto parere” Savino Pezzotta sul suo blog In ricerca, un clic qui https://savinopezzotta.wordpress.com/2023/09/25/nota-di-aggiornamento-al-def/
La posta in gioco per la Cisl e di provare a rimuovere quell’immobilismo culturale che non riesce a far vedere i tanti conflitti-tensioni esistenti in una società, in particolare in rapida trasformazione sui paradigmi fondamentali e sulle transizioni (es. digitale, climatica). La Cisl di Luigi Sbarra utilizza il termine conflitto e antagonismo solamente quando si evoca lo sciopero per fare cambiare le scelte di un governo. La Cisl odierna ama certamente papa Francesco ma, sembrerebbe, molto meno le analisi e le considerazioni, le sollecitazioni della Laudato Sì dove si mettono in discussioni le ingiuste e draconiane logiche dei sistemi economici-finanziari, del turbo-capitalismo, dei mercati senza etica e morale, dell’avidità dei mercati che ricercano ingiusti e ingiustificabili super profitti lontani dalla logica d’impresa e dalle regole dell’economia liberale.
La posta in gioco per la Cisl è evitare di essere “né associazione né movimento”, ma una grande neo-corporazione – privata del ruolo decisionale di Rsu, iscritti e dei lavoratori – che parla, agisce e decide in nome e per conto di essi, ma che naviga ricercando per le sue vele venti da destra, per conseguire approdi neo-corporativi lontani dalla solidarietà richiesta dai tanti invisibili, precari, di coloro che vivono peggio. Decidere solamente con gli organismi dei vertici nazionali e trasferire a cascata su quelli decentrati si diventa, nei fatti, un “sindacato di sindacalisti” – sindacalisti a tempo pieno e con rapporto di dipendenza con l’organizzazione – esposti fortemente a quell’involuzione comportamentale che un padre fondatore della Cisl, Carlo Donat-Cattin, definiva con la pungente frase “..ci sono troppi laici propensi a essere chierici per genuflettersi davanti al superiore..”. Valeva tanti anni fa, vale ancora ai nostri tempi. Così accade, in Cisl, che anche bravi ed esperti sindacalisti acconsentano su ciò che dice “il superiore” a cui poco credono, ovvero che “definire un salario minimo”con una norma legislativa per tutti coloro che non sono tutelati da una efficace contrattazione danneggerebbe e depotenzierebbe l’iniziativa del sindacato! Un non senso per qualsiasi sindacalista attento al valore della legislazione di sostegno, a partire dallo Statuto dei Lavoratori del 1970.Tanti la pensano così ma pochi, ancora, prendono parola, ripetendo la nota giaculatoria autoassolutoria “...sai, anche se la penso diversamente dal capo me lo tengo per me, sai tengo famiglia..“. Accade nella Cisl come pure nelle tante organizzazioni di massa dove le dirigenze elette con una trafila di deleghe senza ritorno, si trasformano, spesso, in piccole o grandi autarchie.
Tra i limiti che si riscontrano nelle Confederazioni Sindacali, tra l’immobilismo e l’attesa della Cisl (…di Godot?) e la manifestazione Via Maestra del 7 ottobre, la scelta è quella di essere a Roma,– con o senza tessera sindacale, con o senza tessera Cisl – in presenza o, anche a distanza, con la mente e con il cuore. Per operare e recuperare quell’unità d’azione senza la quale le rivendicazioni rimangono mere dichiarazioni d’intenti, le buone parole restano solo parole.
Riscoprire la ragione d’essere e di fare sindacato. Un sindacato libero, indipendente e forte. E’ maturo e necessario il tempo di unire le tre confederazioni in un unico soggetto sindacale per il bene dei lavoratori.