Il clima e l’incuria
I paurosi eventi di questa estate e ciò che sarebbe doveroso fare subito – Il Foglio, del 17 agosto, pubblica un breve articolo “Il clima e l’incuria” che pone problemi epocali e altri sui quali è possibile intervenire nel medio termine. Temi che vanno portati al centro del dibattito elettorale.
Questo il testo < Tra le ultime “calamità”, come si diceva una volta, il fiume di fango che a Scilla ha trascinato auto e case verso il mare. Pochi giorni prima, un fiume di fango ha stravolto Stromboli, più pericoloso del vulcano. Ogni giorni, in questa “estate da dimenticare” si verifica un disastro. Il rialzo delle temperature porta con sé una media di 16 fra grandinate e bufere d’acqua e vento ogni giorno, secondo i dati riportati da Coldiretti tratti dall’european Severe Weather Database.
Il cambiamento climatico è evidente e va affrontato. Ma Coldiretti giustamente sottolinea anche il fatto che gli eventi atmosferici colpiscono più duramente di quanto sarebbe logico attendersi perché nel nostro paese sono troppe le aree fragili, indebolite nella propria capacità di resilienza dalla cementificazione e dall’abbandono.
E, aggiungiamo, anche dall’incuria programmatica. Ogni anno ci sono 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che invece di scendere in terreni coltivati o curati per alimentare le falde rotolano giù e provocano frane. Se è vero che ci sono eventi di fronte a cui l’uomo nulla può – nei tempi stretti – come il rialzo delle temperature, la siccità e le bombe d’acqua, ci sono però fatti e conseguenze che potrebbero essere evitati, perché non sono colpa del clima.
La frana di Scilla è collegata all’incuria del territorio, quella di Stromboli è addirittura stata messa in relazione al bosco che non c’è più, sciaguratamente bruciato qualche mese fa.
Alla periferia di Roma brucia ogni giorno un’area incolta coperta di sterpaglie: non sarebbe più logico, ed economico, ripulire le sterpaglie? Così come sarebbe doveroso in tutta Italia mettere in sicurezza corsi d’acqua, fognature e tombini?
Si insiste giustamente sulla necessità di intervenire sui gas, sui consumi energetici. E questo anima l’opportunismo da telebanditori della nostra campagna elettorale. Ma se il cambiamento climatico è un inafferrabile nemico, l’incuria amministrativa e politica nella tutela del territorio è afferrabilissima.>
Quest’anno è bruciata Pantelleria, un anno fa – un disatro ancora più vasto – era bruciato l’Aspromonte – Ripubblichiamo l’articolo del 12 agosto 2021 “Quel modello abbandonato“, contine riflesioni tutt’ora valide. Calabria. Vent’anni fa gli incendi erano crollati del 90%, il modello dimenticato. Pochi al di fuori della Calabria probabilmente non sanno quanto racconta Tonino Perna, professore di Sociologia economica dell’Università di Messina, a Antonio Maria Mira che pubblica la sua intervista su L’Avvenire. Pochi hanno raccolto e commentato questa testimonianza che contiene grandi verità e un potenziale di progettazione alternativa a come opera la macchina pubblica. Così inizia.
< Vent’anni fa era il presidente del Parco, inventò e realizzò un sistema che lui definisce “semplice”: «Con un bando pubblico affidavamo i boschi dell’Aspromonte a soggetti del Terzo settore, associazioni e cooperative sociali, con un contratto che prevedeva un contributo iniziale del 50%, e l’altro 50% a fine stagione. A patto che fosse bruciato meno dell’1% del territorio affidato. Il principio è sempre quello della responsabilità». Operazione riuscita. Da mille ettari bruciati ogni anno si era scesi a 100-150. Con una spesa di appena 400mila euro. Un successo che ebbe risalto europeo. «Per la prima volta la Calabria era un esempio positivo. Non solo ’ndrangheta. Venni convocato a Bruxelles per spiegare il nostro sistema». (…) > per proseguire un clic sul link
12/08/2021 https://sindacalmente.org/content/quel-modello-abbandonato
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