GOLDAMS SCARICA OBAMA – F.Tamburini – presidenziali Usa –
Goldams Sachs scarica Obama, dietrofont delle banche USA. La regina delle banche, che negli ultimi decenni è stata il maggior finanziatore del partito democratico a Wall Steet ha donato 1,8 milioni di dollari a Mitt Rommey e solo 136.000 dollari al presidente americano. Ma non è l’unica ad aver invertito la rotta. Da Jp Morgan a Citygroup, i principali colossi finanziari abbandonano Obama, irritati dal suo tentativo di volere regolamentare il settore.
di Francesco Tamburini su Il fatto Quotidiano del 1o ottobre 2012
I “gatti grassi” di Goldman Sachs voltano le spalle a Barack Obama e aprono il portafoglio all’avversario Mitt Romney. I dirigenti della banca d’affari, che il presidente americano aveva soprannominato così perché schierati fermamente contro ogni tentativo di regolamentare il settore, hanno donato un totale di 1,8 milioni di dollari al candidato repubblicano e soltanto 136.000 dollari all’inquilino della Casa Bianca. L’istituto, che nel 2008 era stato il maggiore finanziatore di Obama a Wall Street con un assegno da oltre 1 milione di dollari, è diventato quest’anno il sostenitore numero uno repubblicano nella finanza.
Ma la banca guidata da Lloyd Blankfein, il manager che dichiarò di “fare il lavoro di Dio”, non è l’unica ad avere scaricato il presidente americano. Nel 2008 Jp Morgan, Morgan Stanley, Citigroup e Bank of America donarono a Obama 3 milioni e mezzo di dollari e quest’anno soltanto 650.000, mentre hanno staccato per Romney un assegno da 3,3 milioni di dollari. E, considerando le donazioni di tutte le società finanziarie di Wall Street, il presidente ha ricevuto 12 milioni di dollari, meno della metà di quanto incassato dal candidato repubblicano.
La maggior parte delle donazioni a Romney è arrivata dalla regina delle banche, Goldman Sachs, che negli ultimi decenni era stata il maggior finanziatore democratico del settore. La stessa banca dove il governatore della Bce Mario Draghi è stato vice-presidente per l’Europa dal 2002 al 2005 e dove il presidente del consiglio Mario Monti è consigliere internazionale dal 2005. E proprio Goldman Sachs, descritta in un articolo del magazine Rolling Stone come “un vampiro attaccato alla faccia dell’umanità”, nel secondo trimestre dell’anno aveva venduto quasi tutti i titoli del Tesoro italiani che aveva in portafoglio, comprando contemporaneamente derivati per assicurarsi contro un eventuale fallimento dell’Italia.
Al primo posto nelle motivazioni che hanno spinto Wall Street ad abbandonare Obama c’è il Dodd-Frank Act, il nocciolo della legge di riforma della finanza varata da Obama, che vieta alle banche investimenti speculativi coi mezzi propri, una operazione che per Goldman Sachs vale il 10 per cento degli utili. Ad aumentare la tensione ai piani alti di Wall Street è anche il calo dei bonus ai manager, dovuto al margine minore di guadagno imposto dai regolamenti più rigidi approvati sotto l’amministrazione Obama. Al punto che l’hedge-fund manager Leon Cooperman ha accusato il presidente di portare avanti una “lotta di classe” contro le banche.
Il rapporto tra Obama e il mondo della finanza è stato incrinato ancora di più nelle ultime settimane, quando la task force istituita dal presidente per smascherare i colpevoli della crisi del 2008 ha fatto le prime vittime: inizialmente Bers Bearns, controllata di Jp Morgan, poi Credit Suisse, e infine la promessa di un giro di vite sugli altri istituti. Romney, nel frattempo, ha fatto il possibile per avvicinarsi a Wall Street. “Sono un uomo d’affari e so che una buona economia deve avere una buona regolamentazione”, ha ammesso la settimana scorsa durante il dibattito televisivo con Obama, sottolineando però che “quella voluta dal presidente è eccessiva e rischia di essere un problema”. Il candidato repubblicano ha appoggiato così una tesi che il numero uno di Jp Morgan, Jamie Dimon, non si era fatto problemi a dichiarare esplicitamente durante una testimonianza al Congresso, ovvero che i regolamenti sulla finanza “non sono necessari”.
Il dietrofront dei grandi donatori, tuttavia, non riguarda soltanto il mondo della finanza, ma anche le maggiori società americane di numerosi altri settori. Il leader della telefonia At&t, per esempio, ha donato a Romney il 66 per cento dei 2,7 milioni versati quest’anno in campagna elettorale, mentre nel 2008 era rimasto imparziale donando una cifra uguale a entrambi gli schieramenti. Un altro colosso delle telecomunicazioni, Verizon, ha aumentato la fetta di finanziamenti destinati ai repubblicani dal 49 al 55 per cento. E Northrop Grumman, specializzata nella produzione di droni, ha rivolto il 57 per cento dei finanziamenti al partito repubblicano, mentre nel 2008 aveva preferito Obama. Stesso discorso per Boeing, che ha alzato il sostegno al partito dell’elefante dal 43 al 60 per cento.
Ma Obama non è ancora a secco. Il totale incassato resta maggiore rispetto a quello di Romney, come è normale che sia per il presidente in carica. Ha raccolto finora 742 milioni di dollari, contro i 638 dell’avversario repubblicano, grazie soprattutto alle donazioni generose di alcuni colossi tecnologici, tra cui Google, Microsoft e Time Warner. E si avvicina, a meno di un mese dalle elezioni, alla soglia del miliardo di dollari, mai raggiunta da alcun candidato.
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