Fermare la babele sindacale

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La babele (sommatoria di richieste da lista della spesa e le azioni separate) dei sindacati alimenta la divisione e le dispute tra i militanti impegnati a difendere le rispettive bandiere, mentre tra i lavoratori si accentua il disinteresse con un tacita o esplicita richiesta ai sindacati di “mettetevi d’accordo” e ritornate con assemblee unitarie. La frammentazione sindacale (scioperi e manifestazioni separate) è diventata un viatico per i gruppi dirigenti di Cgil, Cisl e Uil per difendere identità di organizzazione deboli di obiettivi e di strategie. E gli scarsi risultati sono a tutti evidenti. La CGIL ha connotato la sua identità con la campagna referendaria sul Job Act di 10 anni fa, la CISL sull’impalbile legge sulla partecipazione come passaggio di Luigi Sbarra al Governo, la UIL sulla detassazione degli aumenti contrattuali. Le conseguenze sono state drammatiche per l’unità dei lavoratrori e per l’unità d’azione dei sindacati.

Se non viene ripresa l’unità d’azione i problemi del mondo dal lavoro incontreranno sempre maggiori difficoltà ad essere affrontati e risolti, ma le stesse organizzazioni sindacali si troveranno a gestire il loro declino, già evidente nella marginalità delle loro iniziative e della loro residualità nei processi decisionali delle politiche sociali, economiche, industriali e finanziarie nazionali. Per contribuire a questo obiettivo l’Associazione “Prendere parola” ha definito un documento, aperto alla discussione e a integrazioni. Questo il testo.

Occhio ai mercati rionali, al carrello della spesa…

Occhio ai mercati rionali….non solo al mercato internazionale

Negli ultimi anni, l’inflazione non è stata un fenomeno temporaneo, ma un fattore che ha ridotto in modo significativo il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. Anche se l’inflazione generale sembra rallentare, i dati ci dicono che per il carrello della spesa – ovvero i beni essenziali – continua a crescere più rapidamente dei salari. Questo crea un divario che i rinnovi contrattuali non riescono a colmare. Il risultato? Un impoverimento strutturale – aggravato dalla carenza dei servizi come la sanità e assistenza pubblica – che si radica nella vita quotidiana delle famiglie italiane.

  1. L’impatto iniziale (2021-2025) e il divario che non si colma

Tra il 2021 e il 2025, i prezzi dei beni alimentari sono aumentati del 24,9% (dati ISTAT), mentre l’inflazione complessiva si è fermata al +17,3%. Questo scarto è il risultato di uno shock inflattivo che ha avuto il suo picco tra il 2021 e il 2022, con l’aumento dei costi energetici e delle materie prime che ha travolto il mercato alimentare e i beni di prima necessità. Nonostante l’inflazione stia rallentando, il divario tra salari e costi non è stato colmato e la perdita di potere d’acquisto persiste.

Nel 2024, l’inflazione media si è fermata all’1%, ma i prezzi del carrello della spesa (che include alimentari e beni di consumo) sono aumentati del 2%. Nel 2025, il carrello ha registrato un ulteriore rialzo del 2,8%, con alcuni beni essenziali come burro (+19,7%), caffè (+24,8%) e frutta fresca che sono aumentati in modo considerevole.

2. I salari reali: il fallimento dei rinnovi contrattuali

Nel 2024, le retribuzioni orarie sono aumentate solo del 3,1% (dati ISTAT), ma secondo l’OCSE, i salari reali sono inferiori a quelli pre-pandemia, con una perdita media del 7,5% tra il 2021 e il 2025. Nonostante alcuni rinnovi contrattuali, gli aumenti sono stati modesti. Ad esempio, per il pubblico impiego, gli aumenti per il biennio 2022-2024 sono stati di circa 165 euro lordi al mese, ma non sono stati sufficienti a colmare il gap creato dall’inflazione. Le previsioni non indicano miglioramenti significativi, e il recupero del potere d’acquisto resta insufficiente.

La differenza tra l’aumento dei salari e l’aumento dei prezzi non è solo un problema numerico, ma ha un impatto concreto sulla vita quotidiana. Le famiglie, in particolare quelle a basso reddito, sono costrette a destinare sempre più risorse per cibo, utenze e beni di prima necessità. Federconsumatori stima che nel 2025 una famiglia media spenderà 504 euro in più all’anno, di cui 190 euro solo per il carrello alimentare. Questo significa meno spazio per il tempo libero, il risparmio, e in alcuni casi, anche per una corretta alimentazione e beni essenziali. Le disuguaglianze sociali aumentano, e le famiglie più vulnerabili sono costrette a fare sacrifici, anche su ciò che è indispensabile come ad esempio la tutela della salute[1].

Tra il 201 e 2025 l’aumento sul carrello della spesa è stato del 24,9%, otto in più dell’inflazione media (+17,3).

5.  L’urgenza di risposte concreto

Il carrello della spesa sta erodendo sempre più il salario reale, creando un impoverimento strutturale che i soli rinnovi contrattuali non bastano a compensare la perdita di potere d’acquisto e non esiste una risposta adeguata per porre un freno alle cause che innescano l’inflazione (costo dell’energia e speculazioni). Dobbiamo anche prendere nota che i prezzi con rincari contenuti dei questi beni sono spesso accompagnati da una grammatura inferiore delle confezioni.

Le misure necessarie sono chiare:

  • Rinnovi contrattuali adeguati: gli aumenti salariali devono superare l’inflazione media per recuperare il gap di potere d’acquisto. 
  • Indicizzazione dei salari ai beni essenziali: non basta legare i salari all’inflazione complessiva; è necessario legarli all’aumento dei prezzi dei beni essenziali (cibo, trasporti, utenze). Se per mutui e servizi esistono adeguamenti automatici, perché non applicarli anche ai salari e alle pensioni? Un salario minimo, come suggerito dall’UE, è utile in un mercato del lavoro frammentato, ma non basta per mantenere il potere d’acquisto.
  • Monitoraggio delle perdite di potere d’acquisto: bisogna fare un’analisi accurata di quanto i salari e le pensioni abbiano perso dal 2011 ad oggi, e definire una strategia economica e fiscale per garantire il recupero del potere d’acquisto.
  • Rafforzamento della mobilitazione sindacale: è fondamentale che il sindacato faccia comprendere che, anche quando l’inflazione decresce, i lavoratori continuano a pagare le conseguenze della perdita d’acquisto pregressa. Deve esserci un movimento forte per chiedere risposte concrete. Anche sperimentando nuove forme di pressione e lotta sindacale come è avvenuto all’inizio del 2025 in alcuni paesi europei, ad esempio sospendendo per alcuni giorni l’acquisto di determinati prodotti nei super mercati più grandi.
  • Inflazione al carrello della spesa, Ipca e fiscal drag[2]. Venuta meno nel 1992 la scala mobile, a seguito dell’accordo sindacale, con l’intesa del 1993 con l’esecutivo presieduto da Ciampi si ritenne utile recuperare la proposta di un conguaglio salariale a fine anno, per l’eventuale scarto tra andamento retributivo ed aumento di prezzi e tariffe, che tenesse conto dell’aumento importato dei prodotti energetici oggi non inclusi nell’indice Ipca. Un obiettivo da tempo dimenticato!
  • E’ certamente necessario costruire unità d’azione su questo punto che resta un provvedimento importante per contrastare l’impoverimento dei redditi da lavoro, in un quadro macroeconomico che ha visto negli ultimi venti anni un significativo trasferimento del reddito nazionale dalle retribuzioni ai profitti con un crescente aumento delle rendite finanziarie. Inoltre è necessario un intervento legislativo rispettoso dell’art. 39 della Costituzione, con i suoi principi di libertà e pluralismo sindacale per certificare la rappresentanza collettiva e la validità erga omnes della contrattazione.

Non si può più permettere che il carrello della spesa diventi il “draghetto” quotidiano che divora il futuro di tante persone. I lavoratori, le lavoratrici, le pensionate e i pensionati devono essere in prima linea in questa battaglia per fermare il processo di impoverimento che minaccia la loro qualità della vita. È il momento di agire con decisione, per garantire che il potere d’acquisto venga recuperato e che i lavoratori non debbano più scegliere tra il cibo e altri beni e servizi fondamentali.


[1] La relazione introduttiva del recente Congresso Cisl  contiene il capitolo “La sanità, architrave irrinunciabile”.  Ma di questo come pure per l’assistenza domiciliare e agli anziani non autosufficienti la legge di bilancio ben poco dispone. Relazione-Fumarola-1.pdf (cisl.it)

[2]  Nella relazione congressuale (Luglio 2025) di Daniela Fumarola al capitolo “Una politica dei redditi espansiva”  pag. 27 – si legge “ L’elefante nella stanza si chiama fiscal drag:un meccanismo che in questi anni ha drenato decine di miliardi, erodendo i risultati dei rinnovi contrattuali, l’alleggerimento del cuneo fiscale, l’adeguamento delle pensioni…”. Un punto importante  dimenticato dalla Cisl e assente nella Legge di bilancio 2026. Vedi  Relazione-Fumarola-1.pdf (cisl.it)

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